Quasi un anno che stiamo insieme e per molti versi, lui è tutto ciò che ho sempre sognato.
Ma si sta lasciando andare, proprio mentre io sto invece spiccando il volo.
Mentre io cerco di valorizzare me stessa (non parlo fisicamente, ma come persona) , lui si lascia andare.
Finalmente ho trovato una mia stabilità, delle ambizioni, dei sogni, delle passioni… e in lui invece, vedo che si sono spente.
L’ho conosciuto che amava lo sport, ora al massimo lo guarda in televisione.
Il lavoro è stressante, non ci metto bocca, eppur mi sembra si faccia sfruttare senza aprire bocca, mi sembra tutto molto assurdo. Decine di ore di straordinari non pagati, con la promessa che “li potrà recuperare a fine emergenza”. Peccato che alla fine di ogni emergenza ne inizi un’altra e alla fine sono 3 mesi di straordinari che ancora spera un giorno di recuperare.
È diventato uno zombie. Iniziativa zero. Si limita a fare tutto quello che io propongo. Il massimo che propone è un pranzo da una delle sue sorelle.
Il lavoro lo stressa talmente tanto che a momenti è troppo stanco perfino per farsi la doccia, o farsi la barba, sostiene di aver bisogno solo di rilassarsi.
Il bello è che lo spinsi io a cambiare lavoro, è stata una bella conquista, in realtà, ma lo sfruttamento continua e lui sembra star bene così, sembra pensare di non poter meritare di meglio.
So che è un periodo pessimo per il lavoro, per questo non ci metto bocca, però mi sembra impossibile che un lavoro lo riduca così, a non curarsi affatto di se stesso, a lasciarsi andare così tanto. A volte, quando il weekend dobbiamo andare da qualche parte, svegliandosi tardi non ha tempo di lavarsi/pettinarsi etc… Non lo riconosco più. Mi ha coinvolto con la sua allegria, la sua intraprendenza, la sua spigliatezza. E ora… rivorrei il ragazzo di cui mi sono innamorata, ma non so come fare per non ferirlo.
Come posso dirgli tutto questo, senza fargli del male? Da poco ho trovato lavoro anche io, e stiamo progettando di andare a vivere insieme. Le intenzioni da parte mia ci sono, però non a queste condizioni, per questo vorrei che si riprendesse se stesso, si tirasse su, tornasse ad essere chi era.
Non parlo di estetica, parlo di un modo di essere, un modo di essere vivo. Lui è un ragazzo “di paese” io “di città”. Ci compensiamo alla grande ma, mentre io, pur essendo di città non uso questa come scusa per non imparare quel che posso da lui, lui usa il fatto di venire da un paesino come scusa per non migliorare, per non ampliare gli orizzonti etc…
Tutto questo sembrerà un discorso superficiale, ma vi giuro che non lo è. Mi sono innamorata di lui anche per questo, per il grande valore della famiglia che possiede, perché è un ragazzo straordinario ma… non posso tollerare che non muova un dito per andare avanti.
Io voglio continuare a migliorare, con lui, ma così mi mancano gli stimoli.
Aiutatemi…
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Categorie: - Amore e relazioni
La mia impressione personale, così letta tutta d’un fiato la tua lettera, è che visto il suo comportamento, tu abbia finito con il disamorarti del tuo ragazzo. Mi sembrano parole condite di comprensione, condiscendenza nei suoi confronti..ma anche di critica lucida e una punta di rassegnata presa di coscienza. Secondo me dovresti parlargli apertamente e magari di comune accordo prendere in considerazione un periodo di riflessione, perchè tu sai bene cosa vuoi, mentre lui con la sua apatia vive così come viene senza obiettivi precisi. Se ci tiene davvero a te un po’ di “strizza” lo farà svegliare..e avrete un nuovo inizio insieme. Ciao;-)
Dreamer,
forse lui è più come lo vedi ora che come l’hai conosciuto. se si lascia stritolare dal lavoro, che tu stessa l’hai incoraggiato ad intraprendere, forse l’hai spinto in una dimensione che non è la sua e di conseguenza non riesce a gestirla come potresti forse fare tu. anche se, dall’esterno, tutto può sembrare più facile di quanto in realtà non sia…
mi sembra che alcuni suoi valori di stabilità, che lasci intuire accennando alla sua famiglia, non siano affini ai tuoi, che tendono di più ad una continua evoluzione.
a lungo andare la vostra relazione potrebbe non funzionare. riflettici bene su fin da ora, evitandogli così una frattura più traumatica se dovesse avvenire più in là nel tempo.
Forse vi state conoscendo meglio di prima, e forse lo stai conoscendo meglio di prima però in un momento di forte stress per lui, il che fa sì che ti stia mostrando com’è stanco e sotto stress.
Forse fa quello che può con le energie che ha e ne ha poche anche per portare a termine i turni di lavoro, altro che per avere sprint e iniziativa.
Sei sicura che questo appunto sia un periodo particolare per lui e che per questo non si dia “una mossa”? Che sia anche fisicamente esaurito, appunto, al di là di una questione di carattere (cioè come ci rapportiamo con lo stress per esempio)?
Io sono una che… autoproduce molta adrenalina, e che effettivamente anche dopo ore e ore e ore di lavoro ha bisogno piuttosto di staccare uscendo che crollare sul divano. Tantopiù se il lavoro “ingloba” ho bisogno di riuscire a dedicare tempo anche al resto, per me è più sano ed è importante. Dunque penso di capire cosa intendi. Però è anche vero che ci sono persone che invece hanno una maggiore necessità di recupero fisico e mentale, e forse quando dicono “non ce la faccio” stanno semplicemente ascoltando il loro campanello d’allarme. Capisco quello che dici sui troppi straodinari, ma il centro del problema, più che il suo scazzo non vitale sarà, potendo, ridurre appunto il carico di lavoro? (e avere il coraggio di ridurlo, se il problema fosse: ho paura che se lo riduco perdo il lavoro)?
Poi può darsi che tu abbia creduto di conoscere un ipervitale che in realtà ha veramente dei ritmi, anche in tempi di maggiore tranquillità, diversi dai tuoi. E in questo caso la cosa potrebbe comunque non piacerti e potresti non trovarla affine.
Ma a quel punto, allo stesso modo in cui tu potresti stare male se qualcuno ti chiede costantemente di rallentare e diminuire i tuoi interessi una persona potrebbe provare disagio se tu gli chiedessi costantemente di migliorarsi, accelerare, ecc, anche se tu pensassi di farlo per il suo bene.
Naturalmente questo lo sai tu, se in generale lui è davvero una persona che si lascia andare o che non ha il coraggio di avere maggiori ambizioni o se semplicemente lui sta bene con se stesso così com’è (ripeto, non quando lavora 45 ore, dico in genere). Non è una critica, è un’ipotesi.
Credo sia esattamente questo il discorso: ridurre il carico lavorativo. Io mi rendo conto di fare forse discorsi semplicistici,e quindi devo anche riconoscere i miei limiti. Lui teme di perdere il lavoro rifiutandosi,io mi innervosisco perché non fa valere i suoi diritti. Forse di base,c’è anche una trasposizione che io faccio: rivedo mio padre e mia madre. Secoli di litigi,sempre su questo fronte. Mio padre lavorava come un matto,e continua a farlo,ma si sa,a lavoro come possono ti sfruttano e ti mettono i piedi in testa,soprattutto se di tuo sei comprensivo. Tante promesse,poche mantenute,forse nessuna. E i litigi continuavano e continuano perché quando c’è è sempre stanco. Solo da un paio d’anni,dopo quasi 30 anni che lavora,è riuscito ad alzare la testa e conquistarsi uno spazio personale. Io vivevo queste discussioni da figlia,e capivo mio padre:sentiva il peso della famiglia,mia madre non lavora,la famiglia la manda avanti solo lui. Quindi,si uccide di lavoro per non far mancare nulla a nessuno,e solo ora,che è tranquillo perché io e mio fratello siamo adulti,prende fiato. Ma è comunque dura,quando sei abituato ad avere un atteggiamento simile. Ecco,io rivedo in lui mio padre,e le medesime discussioni. E pensando a una famiglia,vorrei i miei figli non soffrissero come abbiamo sofferto noi per le continue liti. Forse ora è prematuro,io ho appena trovato lavoro,ma credo che fra qualche mese,il discorso che dovrò fargli sarà un altro,ovvero che il peso del futuro non grava su di lui ma siamo in due,e che se perde il lavoro ne troverà un altro,che per un po’ abbiamo le spalle coperte,che non deve aver paura mettendosi sotto i piedi i suoi diritti. Quando mi arrabbio,poi mi sento uno schifo,perché dal suo sguardo io capisco che tutto questo lo fa per realizzare i nostri progetti,per non farmi mancare nulla,per realizzare i nostri progetti. Ora abbiamo deciso di iscriverci insieme in palestra,e cominciare a frequentare una comunità particolare che rappresenta il futuro verso cui vogliamo tendere. A volte vacillo,e mi chiedo se non sia io che pretendo troppo. Un lavoro vero e proprio lo ho da poco,forse ora,riuscirò a capirlo meglio.
Dreamer,
ti auguro di tutto cuore che quanto hai scritto qui: “Un lavoro vero e proprio lo ho da poco,forse ora,riuscirò a capirlo meglio.” si possa realizzare.
tieni presente, però, che tutti noi siamo il prodotto di nostri vissuti (se ora tu puoi essere così sicura di te, è anche per il sacrificio che ha fatto tuo padre per darti certezze) ma che pure l’indole personale conta parecchio. a torto o a ragione, c’è chi è combattivo e chi è conciliante, e non sono attitudini che si possano cambiare dall’oggi al domani…
cerca di capire bene l’insieme vissuto-carattere del tuo ragazzo e, se puoi, di accettarlo com’è e non come vorresti che fosse.
un abbraccio.
Mi sembra comunque una buona cosa che, sviscerando il problema, tu ne abbia visto anche diversi lati, cioè anche cosa in effetti può spaventare te a priori o ti suona come un allarmante dejavu innescandoti certe sensazioni e certi dubbi, ma anche determinate reazioni, per paura di cadere in determinati ruoli.
Se è vero che nella vita possiamo tendere a cercare anche inconsciamente un/una partner che somigliano ad un genitore, o cercare quello che pensiamo possa essere “il suo esatto contrario”, se è vero che i modelli famigliari ci condizionano (a volte cercando di ricalcarli, a volte cercando di sfuggire a quei modelli) e che capita, tantopiù crescendo, di pensare cose come “io non sarò mai così” e poi ritrovarsi a pensare invece “caspita mi sembro mia madre!” o “mi ricordi mio padre!” (e non solo nei difetti), se è vero che ci sono cose che per un’altra persona potrebbero sembrare solo fatti, situazioni e invece in noi scatenano reazioni emotive più profonde per il nostro vissuto… beh, anche premesso tutto ciò comunque anche con il vostro bagaglio, ciascuno, di vissuto e carattere (come giustamente sottolinea Rossana) tu e il tuo compagno siete comunque voi due, non altre persone, e il copione non è già scritto. Ciò non significa che lui debba piacerti per forza nel suo modo di intendere la vita a due, e altri aspetti, e tu a lui, o che per forza sia possibile trovare un equilibrio, tuttavia ora la vita insieme ve la state giocando voi due, non ti tuoi o i suoi genitori. sembra banale ma al di là di ogni dejavu o dei timori le variabili sono comunque molte, perché comunque siete altre due persone e comunque le situazioni non saranno identiche.
Il copione tra tua madre e tuo padre comunque loro se lo sono scritti, nel corso degli anni, facendo delle scelte, insieme e non, e reagendo in determinati modi, anche cercando ciascuno il proprio equilibrio. incontrandosi o non incontrandosi attraverso il dialogo e le priorità. Come sottolinei tu tuo padre ha fatto il possibile, anche, sentendo tutto il peso della famiglia addosso. Perché tua madre non abbia lavorato ovviamente non lo so, se sia stata impossibilitata, se sia stata una scelta di lei, di lui, di entrambi. comunque sia loro hanno fatto la loro storia, adesso però che tocca a te vivere la tua vita, e sei in questa storia insieme a lui le cose non sono già scritte.
perché ti dico tutto questo… sai, sono stata insieme 17 anni ad una persona che aveva avuto alle spalle (e intorno, comunque) un certo modello famigliare. Un modello particolare, fonte di sofferenza, continue tensioni, che lo ha portato anche ad un forte pessimismo riguardo le relazioni, nel suo caso. Ho sempre saputo delle sue difficoltà connesse a quel modello, solo dopo 10 anni, però, quando siamo andati a vivere insieme, mi sono resa conto di quanto fosse radicato in lui, innanzitutto nella paura che potesse ricrearsi, al punto che mi verrebbe da dire anche che piuttosto che diventare come suo padre (in posizione di
resa, subordinazione ad un modello, alla fine, imposto da sua madre… anche se appunto comunque il copione si porta avanti in due, anche attraverso la passività) lui abbia inconsciamente preferito prendere il ruolo di sua madre nella sua vita privata. O semplicemente ha un carattere più simile a lei? forse, se un giorno andrà a vederci chiaro, lui per se stesso, capirà cose che gli potranno essere utili in tal senso. E’ chiaro che queste dinamiche sono più complesse e profonde.
Quello che posso dire è che alcune cose mi hanno sempre colpito (e ci ho combattuto a vuoto), il fatto che lui desse per scontato che le relazioni prima o poi sfociano in disagio, il non riuscire a reggere le discussioni (neanche quelle costruttive) avendone viste troppe e subite troppe per anni e avendo quindi una soglia bassissima di resistenza alla frustrazione (così però, purtroppo, ti togli la possibilità costruttiva di discutere e risolvere i problemi, anche banali e assolutamente risolvibili) e il non rendersi conto, mentre agiva delle dinamiche che mutuavano in maniera impressionante la situazione a causa dei suoi, che noi però non eravamo i suoi, non solo perché eravamo persone diverse, ma perché persino la nostra storia, e il suo evolversi, ma già le premesse erano completamente diverse. eppure…
Non sto dicendo che sia il tuo caso, eh! scusa, anzi, è per dire che capisco quanto però, citando questo estremo, possano condizionarci i modelli passati, che significato profondo possano avere per noi. naturalmente anch’io ho le “mie” (per esempio un rapporto in passato conflittuale con mia madre e, guarda caso, in alcuni atteggiamenti lui mi ricordava certi atteggiamenti di lei) anche i famosi dejavu di cose che mi potevano far stare meglio/peggio, ovvio. Però per esempio io ero ancora più :O rispetto al suo modello fortemente separativo ed individualista (i suoi sono separati in casa da una vita, ha lavorato sempre lui ma ha comandato sempre lei, imponendo la sua visione della vita) avendo invece in famiglia modelli di coppia fortemente paritaria (non solo trai miei e i nonni, che hanno sempre lavorato entrambi, ma anche nelle situazioni in cui lavorava solo l’uomo, ma le decisioni si prendevano sempre insieme ecc). La cosa pazzesca è stata che comunque noi per 10 anni comunque abbiamo avuto una nostra armonia, anche basata sui caratteri complementari e il fatto che io fossi più coraggiosa, positiva… insomma, probabilmente io ho portato anche una ventata di freschezza nelle sue paure “ataviche” proprio per quanto fossi diversa da quel modello… tanto che anche lui si dava la possibilità di percepirsi diverso e lontano da quel modello… poi le cose sono esplose, invece, forse perché la convivenza ha fatto esplodere le sue paure… le sue paure di poter finire allo stesso modo. In realtà non è andata comunque così, seppure male, putroppo. Anche perché a differenza di sua madre, con altri problemi, lui amava la persona che “respingeva” e la relazione che temeva.
Peccato che il commento fosse troppo lungo,avrei voluto leggere il seguito.
So benissimo che noi siamo due persone diverse dai miei genitori,non siamo loro, e che siamo noi a dover scrivere questo futuro,questa storia. Mi rendo conto però, che a volte dovrei cercare di riflettere, tornare con la memoria a quanto fosse facile accusare mia madre di non capire mio padre e di pressarlo continuamente, e di quanto è facile ora, per me, pressare il mio ragazzo. E’ come se io fossi giustificata come no0n lo era mia madre. Trovo ingiusto questo mio modo di comportarmi,per questo, voglio cercare di sfruttare quanto vissuto per reagire diversamente. Mi sembra troppo presto per arrendermi. Stiamo insieme da 10 mesi,è poco, o meglio, può sembrare poco, e sarebbe facile dire: “se le cose non vanno meglio troncare ora piuttosto che dopo”. Ma sono cosciente che ciò che mi lega a lui è qualcosa di profondo, una serie di valori comuni e affinità molto profonde a cui non sono disposta a rinunciare senza lottare.
Se da un lato qui parlo di queste dinamiche che mi affliggono, troppo spesso dimentico quelli che sono i miei difetti,che lui pazientemente comprende,sopporta e spera si affievoliscano con il tempo. Come il fatto di non saper gestire i soldi,forse dovuto al fatto che non avendo mai avuto a che fare con una completa autonomia,vivendo in casa ancora,e non avendo mai avuto un vero stipendio. O il mio essere lunatica, dovuto a fattori psicologici e caratteriali.
Se io mi prendo il lusso di pretendere il mio tempo,se io devo essere compresa perché “non si può cambiare dall’oggi al domani”, devo riuscire a capire che la stessa cosa vale per lui. Mi rendo conto di essere severa con lui perché vorrei colmasse le mie lacune,dove io manco,lui deve essere la perfezione.
Forse il segreto è proprio lì,capire che dobbiamo crescere insieme,che entrambi ci troviamo ad affrontare situazioni e responsabilità nuove, e che entrambi abbiamo bisogno di sostegno reciproco per affrontarle.