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Lettera pubblicata il 19 Marzo 2011. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Suchende.
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(segue da post 111) esamino ora la bellezza tout court. credi possa avere una definizione stabile nel tempo? secondo me, è qualcosa di soggettivo e d’indefinibile, come l’amore. un re di casa savoia amava a tal punto una popolana alquanto “robusta” da farne la sua sposa morganatica. altre donne, più delicate e più raffinate, non gli sarebbero di certo mancate! se poi guardi a qualsiasi stupenda madonna del rinascimento, ti sfido a trovarne una filiforme…
se potessi scegliere fra l’intelligenza e la bellezza fisica, sceglieresti la bellezza? se così fosse, ti meriteresti il destino che ne potrebbe conseguire, perchè non è affatto detto che i belli siano più felici. pensa a Liz Taylor oppure a Marylin Monroe. forse che la meraviglia dei loro corpi è stata utile per la loro felicità?
no, chi si ferma a un corpo ha obiettivi decisamente limitati. c’è ben altro da scoprire e da amare in una persona! pensa a Peppino de Filippo o ad Alfred Hitchcock, a Maria Callas o a Edith Piaf, forse che immagini in prima battuta i loro corpi?
sono al momento tormentata da una strana storia d’amore, dalla quale mi è derivata molta sofferenza ma che mi sta dando ora anche un minimo di gratificazione personale. l’uomo che ho lasciato qualche mese fa (ha pochi anni più di me) si è rifatto vivo affermando che vorrebbe tornare a stare con me. mi ha scritto di essere attratto dal mio modo di essere e di pensare, nei confronti dei quali quelli della donna che sta frequentando, che ha quasi vent’anni meno di me, perdono del tutto di sex appeal. hai idea di cosa significano fisicamente, per un uomo, vent’anni di differenza sul corpo di una donna?
cerca di essere contenta di come sei. se sarai soddisfatta di te stessa, indipendentemente dai canoni di bellezza ora in auge, lo saranno in futuro anche parecchi altri. magari non moltissimi ma tali da darti soddisfazione in più aspetti del rapporto, non soltanto in quelli legati al piacere fisico, che pure è importante. parafrasando il detto di una signora americana, di cui al momento mi sfugge il nome, nessuno potrà farci sentire inferiori, se non saremo noi a permetterglielo. credo possa valere anche in rapporto al fisico.
cerco di riassumere gli aspetti più importanti da considerare: 1) essere o non essere (sembrerebbe più facile il secondo ma in definitiva non è così: meglio accettare la sfida e giocare la propria partita); 2) essere o avere (personalmente non ho dubbi sul primo); 3) tendere al positivo o al negativo (anche qui, la risposta dovrebbe essere scontata); 4) attenersi alla realtà o aspirare alla luna, sia per se stessi che per le proprie condizioni di vita; 5) addossare ad altri le colpe di insuccessi e difficoltà oppure rimboccarsi le maniche e impegnarsi nella possibile soluzione dei problemi.
quello che ne consegue rispecchia connotazioni personali, ambientali e di buona o cattiva sorte defficili da definire in modo omogeneo.
non ho al momento niente altro da offrirti, se non un affettuoso abbraccio.
cara Suchende,
per alcuni giorni sono stata persa in un limbo di stanchezza e ora, che le forze stanno tornando, sono così scombinata da dormire di giorno per vegliare di notte…
ho dimenticato di farti, ancora una volta, l’elogio della semplicità, particolarmente utile ai temperamenti a noi affini. semplicità è anche lasciarsi vivere, almeno di tanto in tanto, con lo slancio senza scopo dei fiori e degli animali. appagarsi, come loro, nell’assaporare i primi raggi tiepidi di sole in un fresco mattino di primavera. godere unicamente di esistere e di far parte del creato, lieti di avere quanto ogni giorno è offerto a tutti, in egual misura. dare, senza chiedere. accogliere, senza cavillare.
ogni cosa ha un posto e uno scopo in questo mondo ma vi si accinge senza fretta, in un perfetto equilibrio d’insieme, essendo soltanto se stessa. la farfalla, che non può volare se non raggiunge i 36 gradi di temperatura corporea, che a volte vive un solo giorno e non è di nessuna utilità pratica, è importante quanto l’elefante, simbolo di forza e di mansuetudine, che vive a lungo, ha buona memoria e offre grande collaborazione… così com’è importante ogni altra creatura, tutti noi compresi, ognuno nella sua essenza e nella diversità della propria collocazione.
verso la fine della vita, a volte si ha modo di intuire il perchè della nostra nascita, proprio come in un ben noto film, in cui s’immagina quante cose sarebbero state diverse per molte persone se il protagonista non fosse mai nato.
ho vissuto intensamente (sono stata figlia, lavoratrice, moglie, amante e madre, con le gioie e i dolori che questi ruoli hanno comportato) ma, se oggi guardo al mio passato cercando i ricordi più dolci, questi mi riconducono quasi sempre ai vari fiori selvatici che hanno caratterizzato momenti piacevoli (per i quali non è stato necessario pagare alcun prezzo), oppure ai pochi istanti in cui sono riuscita a percepirmi come entità facente parte di un tutto: una donna, in cammino verso la sua libertà interiore…
mi rendo conto che le esperienze altrui sono di scarsa utilità. ognuno di noi è un mondo a se stante e deve imparare sulla propria pelle. mi sono chiesta perchè ti sto dedicando tanto tempo, e la risposta è nell’impossibilità di provare a comunicare quanto ho scritto a te a mio figlio, che è più intelligente e più colto di me, e non mi considera più di tanto fin da quando aveva più o meno la tua età.
abbiamo temperamenti simili per certi versi e diametralmente opposti per altri. lui ha, come te, molti problemi nell’accettare la vita e rifiuta di essere affiancato, sentendosi superiore. difficilissimo mantenere fra noi un sia pur esile filo di comunicazione…
molti grandi uomini, che hanno avuto tanto da se stessi e dal mondo, altrettanto hanno dovuto pagare: niente di quanto si può conquistare è dato gratis. considerando che la morte è la fine che attende tutti, e che in generale nessuno si ricorderà più di noi dopo la seconda generazione…
(segue da post 113) … davvero non sembra poi così importante raggiungere grandi risultati. forse che cesare, napoleone, colombo, galileo e altri sono stati più felici del contadino che non ha mai lasciato il suo paesello e i suoi campi?
ognuno segue il suo destino e recita la sua parte. chi più ha da dare alla società, più riceve in cambio e più paga per quanto ha avuto. è auspicabile, comunque, che tutti abbiano potuto avere la consapevolezza di se stessi a livello di esseri umani, finiti e infiniti allo stesso tempo, in quanto credo che questo possa essere importante per tutti, così come per tutti possono essere importanti le piccole grandi cose.
a mio avviso, non è cosa si vive che conta ma come lo si vive. spero che tu possa cogliere almeno qualcosa di quanto ho cercato di trasmetterti…
tornando con i piedi per terra ti riporto parte di un articolo della Dott. Anna Chiara Venturini, che suggerisce probabilmente quanto già conosci ma che mi pare potrebbe esserti utile:
“Tuttavia si può uscire dal panico e dall’agorafobia: la terapia cognitivo comportamentale è un valido strumeno attraverso cui è possibile modificare i pensieri disfunzionali, quelli che generano paura ed evitamento. Contemporaneamente permette, attraverso varie tecniche, di controllare le risposte emotive e di modificare le risposte di fuga ed evitamento.
La persona apprende così stili di coping più funzionali in situazioni prima interpretate come ansiogene, non fugge e non le evita, sperimentandosi ed accrescendo così il proprio senso di autoefficacia. Ci si scopre così di nuovo liberi e l’esperienza fatta diviene una pagina del libro della propria vita.”
un abbraccio, con la speranza di tornare a leggerti presto, qui o a livello privato, se preferisci.
ciao Suchende,
pur essendo rispettosa dei “tuoi tempi” e consapevole delle tue attuali difficoltà nelle relazioni, ho l’impressione che ti si debba proprio tirare per i capelli, oppure che tu non sia in grado di ricambiare nemmeno in minima parte l’attenzione che ti è dedicata.
se non te la senti di proseguire il dialogo, non c’è niente di male: abbi la delicatezza di ammetterlo, così non si resta più in attesa di tue notizie.
ti lascio, quindi, di nuovo a te stessa con il racconto di un ricordo, che spero ti possa aiutare nel ridimensionare le tue aspettative, ora che sei ancora in grado di farlo senza pagarne prezzi troppo alti.
In una sera d’estate, densa di profumi agresti, mi apprestavo a da trascorrere la prima notte in compagnia dell’uomo che stava per diventare mio marito, anche se ancora non esistevano progetti di nozze.
Salimmo abbracciati la scaletta di legno che conduceva alla camera da letto nella “casa delle tre ocarine”, messa a disposizione dagli zii, se casa poteva essere definita quella specie di torretta in mattoni, composta da due minuscoli ambienti, a breve distanza dal canale, sonnolento e limaccioso. Dalle mie parti, sarebbe stata considerata poco più di un capanno per gli attrezzi…
Gli zii, entrambi braccianti, si erano da poco trasferiti in una vicina casetta più grande, sempre composta da due soli locali ma munita di scala interna in muratura e di un immacolato gabinetto, di cui erano orgogliosi. Da loro tutto era semplice ed essenziale ma in perfetto ordine e di una pulizia adamantina.
Lo scricchiolio discreto della scaletta nel silenzio circostante rivelò a sorpresa il volto della zia, illuminato dall’intelligenza di uno sguardo dolce, sofferente e severo nello stesso tempo. Di bassa statura, piuttosto robusta, era costretta a camminare inclinata in avanti, per via di un’evidente gobba che le stroppiava la schiena. Portava una bacinella smaltata, un asciugamano e una saponetta nuova nuova. Era seguita a ruota dallo zio, che reggeva un pesante secchio colmo d’acqua. Magro, alto poco più della zia, con occhi color cielo, ingenui e sempre come un po’ smarriti, aveva conosciuto, suo malgrado, gli orrori della guerra conservando l’innocenza di un bambino… Erano in due ma formavano un solo mondo, scoppiettante di improvvisi, piccoli dissidi verbali ma raccolto nel suo insieme in un corale canto di reciproco affetto e dedizione.
(segue da post 115) Posarono gli oggetti nei pressi del davanzale della finestra, ci abbracciarono augurandoci la buona notte e se ne andarono, lenti e sereni, com’erano venuti.
Noi godemmo dell’acqua fresca prima di godere dei nostri corpi, in tutta tranquillità, nella magia della notte. Tranquillità che durò poco più di un’ora, in quanto l’atmosfera fu presto guastata dalla gelosia retroattiva del mio compagno. Lui, che aveva alle spalle un paio di serie vite sentimentali, figli inclusi, e che aveva sperimentato l’amore con numerose amanti, riuscì a farmi star male, e anche a farmi piangere, fino alle prime luci dell’alba, per via delle mie poche esperienze in materia… Com’eravamo diversi dalla coppia che ci aveva appena visitati: contorti nell’animo, inquieti, instabili, tesi a un infinito in tutti i sensi che non era e non sarebbe mai stato parte della nostra realtà.
Tanti anni sono passati da quella sera. Quando ripenso al mio ex marito provo ancora come un groviglio di amore e di odio, sempre in bilico, incapace di ancorarsi a uno stabile punto di equilibrio. Quando invece ripenso ai suoi zii contadini, riprovo immutate la dolcezza e l’incanto della loro disarmante semplicità e li ricordo in particolare nel momento di quella delicata attenzione, preludio della mia prima notte d’amore, attenzione colma soltanto d’affetto e di beneaugurante tenerezza. Un gesto che non chiedeva nulla in cambio, come avrebbero fatto se fossimo stati i figli che tanto avevano, inutilmente, desiderato…
Io e il loro nipote percorremmo paesi stranieri, leggemmo montagne di libri, discutemmo di tanti argomenti controversi e interessanti ma sono convinta che non siamo mai stati sereni, pur nelle difficoltà e nelle sofferenze delle loro vite, come gli zii, che si rallegravano per una partita a carte alla casa del popolo o per il piacere dell’abbraccio caldo di un scialle all’uncinetto. Gli zii condivisero, quasi immutati, l’intera vita; noi trascorremmo insieme brevi manciate di stagioni, quasi sempre tormentati e disillusi.
ti penso spesso e ti mando un abbraccio.
Vi scrivo questo messaggio praticamente al volo, nella speranza di tranquillizzarvi un pochino. Questa volta il mio periodo di assenza non è stato dovuto ad una mia indisposizione verso la scrittura o la rivelazione dei miei pensieri e stati d’animo, quanto più da un problema pratico. Mi sono appena trasferita e, come immagino accada un po’ con tutti i traslochi, sono stata quasi 2 settimane chiusa in camera a svuotare pacchi e sistemare roba, senza contare che fino a qualche giorno fa ero senza telefono e solo ora sono riuscita a far partire la connessione ad internet. Non mi piace lasciare i discorsi a metà e quindi volevo lanciare solo questo piccolo appello, prima di apprestarmi a terminare quanto stavo dicendo giorni fa e a rispondervi il più esaurientemente possibile.
Vi ringrazio sempre per tutta l’attenzione che ponete nei miei confronti.
Cara Rossana, anche se uno volesse leggerti è impossibilitato dalla fiumana di parole che usi. Il dono della concisione proprio non ti appartiene. Lascia un po’ di spazio pure agli altri, please…
che piacere leggerti Such….
x Richard Benson
scusa se ti tedio: puoi benissimo saltare a piè pari TUTTI i miei post. nessuno ti obbliga a leggere…
hai ragione: il dono della concisione non mi appartiene, nè desidero che mi appartenga.
ognuno fa quello che può e che sa. in ogni caso ti resta TUTTO lo spazio per scrivere TUTTO quello che ti pare. sono ansiosa di leggerti… e di imparare!
Impara chi ha buon senso e voglia di imparare. Tu scrivi, scrivi, scrivi e scrivi…ma non dici niente. Frenati un po’.