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Il suicidio

di beppino
Trovi il testo della lettera a pagina 1.
Lettera pubblicata il 17 Settembre 2005. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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La lettera ha ricevuto finora 14.932 commenti

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  1. 651
    Marco -

    Per Paolo Cogitoergosum,

    era parecchio tempo che non entravo nel sito e solo oggi ho letto i tuoi interventi. Li ho trovati molto interessanti e mirati.
    Appartengo anch’io a questo gruppo di tanti, troppi, che vedono il grigio indistinto dinanzi agli occhi. Io, nella mia specifica esperienza, ho visto una caduta in picchiata di entusiasmo, fiducia e poi, volontà. Un aumento altrettanto esponenziale di disinteresse, stanchezza verso le cose della vita nel loro complesso. Mi rendo conto che sto molto banalizzando il processo di quanto è accaduto ma, credo, che tu conosca bene l’evolversi di questi fatti; solo per questo qui non entro oltre nel dettaglio.
    Io sono una di quelle persone che cercano aiuto e che lo cercano da diverso tempo. Mio padre mi ha aiutato nei momenti di disperazione più profonda ed anche mi sono rivolto ad una psicoterapeuta che ho frequentato per circa un anno e mezzo. Inizialmente il tutto era abbastanza tranquillo ma, circa un anno fa, la vera crisi è scoppiata e ho realizzato che non avevo più alcun controllo sull’evoluzione delle mie emozioni e dei miei pensieri e, conseguentemente, su quella spirale involutiva che si era avviata. Oggi mi rendo conto, perchè lo percepisco, che nonostante il cambiamento di molte cose, il meccanismo ancora non si è arrestato ed ancora viaggia rapidamente e senza controllo reale da parte mia.
    Sarei lieto, se tu fossi disponibile, di corrispondere con te per parlare di tutto questo. Ti ringrazio per l’attenzione che mi dimostrerai.
    Marco

  2. 652
    Paolo cogitoergosum -

    Caro Marco, grazie per le attestazioni di stima che mi lusingano sempre, (almeno quanto le offese 🙂 ) e che dimostrano soltanto che qualcuno come te sa ancora, se vuole, trovare tempo e volontà per “Leggere” davvero ciò che uno si sforza di scrivere, pur tra mille contraddizioni e difficoltà!
    Quello che tu, io, e molti di noi, conosciamo bene per esperienza diretta o per averla osservata su parenti o amici, appartiene di certo alla famiglia delle “nevrosi”, che racchiude un mondo di disagi trta i più svariati, idecifrabili e causati da avvenimenti o qualità intrinseche che ognuno di noi possiede dalla nascita oppure ha sviluppato dopo aver cominciato a… vivere.
    Le scuole di pensiero, le visioni e le diagnosi/cure si sprecano, come sai, soprattutto se ti sei avvicinato a qualche psicoterapeuta!
    Al di là di concetti davvero… professionali e troppo complessi da poter essere agevolmente sviluppati in luoghi come questo, oggi sono arrivato a credere davvero che in disagi come quelli appartenenti alla sfera della psiche non si possa MAI generealizzare nè dividere i “nevrotici” in grandi gruppi di “famiglie” patologiche!
    Certo, siamo tutti accomunati dalla nostra… umanità, ma credo che la prima cosa di cui dovremmo riappropriarci sia la nostra “unicità” che, nel bene e nel male, è davvero l’unica conisderazione da cui ripartire per cercare di non farci fregare da etichette, diagnosi o disagi “da manuale”!
    Negli anni ho avuto modo di conoscere sempre più me stesso, e ogni giorno, credimi, faccio degli enormi progressi “guardandomi dentro” e vedendo che le mie potenzialità e le mie aspirazioni sono ancora enormemente inespresse perchè schiacciate da routine, qualunquismo e bisogno comunque di cercare condivisione e solidarità con quelli che il destino ti ha fatto trovare nelle tue vicinanze o nel tuo “entourage” familiare!
    Perdendo di vista quello che davvero io sono e vorrei fare!
    Ma non è davvero facile andare a ritroso sino ad arrivare a scoprire quali siano le cause che ci hanno fatto ridurre a vivere, spessissimo, vite e atteggiamenti che non ci appartengono!
    Oggi, superati da un po’ i 40 anni, posso dire che molte scelte sbagliate in età adolescenziale o giovanile si stanno puntualmente rivelando determinanti almeno quali “concause” nel mio disagio odierno!
    Ma, in effetti, anche il vizio di andare sempre e ricercare cause “antiche” ai nostri disagi quotidiani dovrebbe essere una prassi da fare con avvedutezza e con delle solide basi di “autocontrollo”.
    Conoscere sè stessi credo sia davvero la cosa più difficile del mondo, per un essere umano, ma non immagini quanto io sia fiero nella convinzione che il primo passo sia proprio quello di provarci!
    In fondo, davvero, io sto diventando il miglior amico di me stesso e se questa cosa la si sa “usare” senza arrivare ad estremismi che portino ad isolarsi troppo dalla società credo si possa cominciare a vedere iol presente ed il futuro con maggior serenità e piacere!
    (continua)

  3. 653
    Paolo cogitoergosum -

    Certo, la cosa più sbagliata che un nevrotico può fare è quella di credere comunque di poter sempre farcela “da solo”. Il motivo di questo errore di valutazione è banalissimo: la nevrosi in sé è una mancanza di autocontrollo e di serenità che ci porta a vedere tutto “nero” ma soprattutto ci fa entrare in particolari spirali di pensiero che girano perennemente nella nostra testa senza più riuscire a trovare uno sbocco accettabile e sufficiente per condurre un’esistenza “normale”.
    Normale…. Una parola che io odio ma che per la verità non è così stupida, a patto che ci si intenda!
    Normalità, alla fine, significa “soltanto” saper affrontare i normalissimi inevitabili quotidiani disagi e problemi che la vita ci presenta con la necessaria serenità da permetterci di venirne sempre a capo, che spesso può anche significare soltanto che si sa come accettare serenamente un danno, una limitazione o anche un’ingiustizia delle quali non possiamo “avere ragione”!
    Una frase ed un concetto ultimamente mi colpiscono molto, anche personalmente: quel “cercare aiuto” che anche tu sottolinei, per averlo appunto cercato!
    Vedi… io da sempre sono stato ritenuto persona…. fuori dagli schemi, e, pensavo io, più in senso negativo che positivo. Fuori dagli schemi perché non mi sono mai “arreso” alla normalità imperante (e io intendo qui la normalità… cattiva, come il colesterolo cattivo ahahah) rifiutando sin da piccolissimo l’imposizione di un’educazione preconfezionata e… scontata!
    In questo senso, mi sentivo molto più autonomo di altri ma allo stesso tempo costantemente bisognoso di aiuto e di comprensione.
    Poi, crescendo, sino ad arrivare ad oggi, mi sono davvero accorto che non sono detentore di tutti i mali e di tutte le sfighe del mondo. Anzi! Col tempo, addirittura è emerso il contrario! Poco tempo fa sono caduto in una depressione “brutta”, in fase acuta, di quelle che ti lasciano senza… ossigeno per qualche giorno di seguito! In quei frangenti e per la prima volta davvero, ho sentito che prima di ricorrere a soluzioni… estreme, dovevo almeno provare a chiedere aiuto… facendomi sentire sul serio!
    Il risultato è stato che ho scoperto molto di più e molto meglio come “gli altri ”mi percepiscono” e alla fine, incredibilmente, mi sono ritrovato a dover dare aiuto anziché a riceverlo!
    I fratelli (ne ho ben 5) ai quali mi ero rivolto si sono dimostrati molto disponibili a parole!!! Nei fatti sono emerse così tante vecchie e recenti ferite “familiari” che ho dovuto e voluto desistere dal farmi “aiutare” da loro, che non avrebbero davvero potuto e saputo aiutarmi!
    Anche gli amici, che io ho sempre messo su “un piedistallo”, quando hanno sentito da me che ero bisognoso di aiutoe di conforto e che mi aprivo con loro confidandogli i miei disagi… hanno avuto una reazione…. Kafchiana e paradossale!:-)
    (continua)

  4. 654
    IVAN -

    E non parlatemi di depressione o d’instabilità psichica !
    Fatemi essere un po’ felice e vi farò vedere io quanto sono depressa!
    Datemi ancora un po’ di dolore e vedrete se non farò il salto.
    Il pensiero del suicidio è una vocazione, è un via d’uscita sempre possibile, una porta aperta che ti permette di lottare per la vita, se poi andasse male hai sempre il suicidio come soluzione
    Alternativa.
    E’ un modo di vivere con la morte a fianco, un’amica discreta che potrebbe toglierti dai guai, un modo di esistere sul filo del rasoio in cui apprezzi molto di più le piccole vittorie e gioie della vita, di quanto non facciano coloro che affermano di voler vivere a tutti i costi, che invece hanno solo una fottutissima paura di morire.
    Colui che è pronto a morire in qualsiasi momento è uno che ha la coscienza tranquilla e non teme il giudizio di Dio, non sa se Dio esiste, qualora esistesse, non gli farebbe paura, anzi, vorrebbe fare con Lui una bella chiacchierata.
    Non so come concluderò la mia avventura terrena, ma vi prego, non dite più che la gente che si toglie la vita lo fa perché depressa, in un momento di debolezza o altre scemenze del genere.

  5. 655
    emil cioran (scrittore romeno) -

    “Ricordo un’occasione in cui per tre ore ho passeggiato nel Lussemburgo con un ingegnere che voleva suicidarsi. Alla fine l’ho convinto a non farlo. Gli ho detto che l’importante era aver concepito l’idea, sapersi libero. Credo che l’idea del suicidio sia l’unica cosa che rende sopportabile la vita, ma bisogna saperla sfruttare, non affrettarsi a tirare le conseguenze. È un’idea molto utile: dovrebbero farci delle lezioni nelle scuole! “

  6. 656
    Raffaele -

    Emil sei davvero intelligente, sono d’accordissimo con te, la vera libertà è quella di poter scegliere sempre ciò che ci rende pacifici. Ma in questo mondo occidentale dove l’importante è produrre e consumare e vivere fino a 100 anni non mi piace, infatti vietano l’eutanasia addirittura a chi è già morto, una cosa troppo stupida.

  7. 657
    Kokoro -

    In questo periodo della mia vita ero convinta di essere riuscita a dimenticare e lasciarmi alle spalle la questione. Invece ora si ripresenta sempre più forte. Il suicidio è come una porta sempre aperta in un mondo che non offre possibilità. Ero convinta che fosse legato al mio vivere disperato ed invece sto cominciando a rendermi conto che non c’è nessun appiglio cui potermi aggrappare saldamente. I miei ochhi vedono un mondo fatto di superficialità in cui tutto ciò che conta è l’apparenza. Vivo in mezzo alle persone, ma nessuno sospetta ciò che coltivo nel mio giardiono oscuro e segreto; è come un segreto inconfessabile. Se solo qualcosa trapelasse tutto il mio castello di cristallo che mi sono faticosamente costruita verrebbe distrutto. Non è affatto vero che non si vuole essere aiutati, anzi è un grido lacerante che ti squassa il corpo, ma poichè le persone sono troppo impegnate nello specchiarsi sulle vetrine nessuno riuscirà mai a cogliere i tremiti ed i gesti rivelatori. Io cerco sempre di stare attenta ed infatti nessuno ha mai intuito fino in fondo la complessità della ragnatela inestricabile dei sentimenti, però talora capita che persone con un fiuto da segugio riescano ad intuire le mie crisi peggiori. finora ne ho incontrate due ma una ora è a mille chilometri da me e l’altra invece mi sorveglia da lontano, pronta ad intervenire nei momenti più improbabili. Forse sono ancora con la testa troppo fra le nuvole e mi emoziono nel vedere due persone che si dividono il peso del sacchetto della spesa o della madre che anche se stanza per un viaggio faticoso prende comunque in braccio la figlia che il padre paziente ha cercato distrarre facendole guardare i treni. Questi episodi sono per me preziosi e li conservo gelosamente perchè mi ricordano quanta bellezza c’è nel mondo che altrimenti non potrei più vedere. Le ragioni in realtà sono molteplici. Ho aspettato tre ore cercando il coraggio di mettermi una corda intorno il collo per uccidermi ma la paura ha avuto il sopravvento. L’attimo in cui ho provato la sensazione di vuoto mentre i miei piedi si dibattevano nell’aria è stata lacerante. Vivo in bilico, in un’attesa costante, paziente ed infinita, finchè non deciderò che sarà troppo tempo che aspetto. Allora forse prenderò una decisione netta, una svolta.

  8. 658
    juliette -

    sono anni ke penso al suicidio,da quando mia madre è morta e mio padre ha iniziato a picchiarmi,poi crescendo i ragazzi che t usano,t sfruttano,il cuore ke s frantuma,gli amici/le amiche infami e ipocriti che nn si rendono conto del tuo dolore,ke t sparlano appresso,la famiglia che nn è più tale,la solitudine che ti circonda,diventa un circolo vizioso,ke ti prende con se…e inizia tre giorni prima del tuo undicesimo compleanno,con quella vita spezzata,il giorno prima del tuo compleanno,con quel corteo nero di false lacrime e lamenti ke t circondano,e tu unica anima ke sa cosa vuol dire soffrire davvero x quel fiore che se ne è andato nn piangi,xkè già mediti di ricongiungerti a lei.
    e dulcis in fundo,l’uomo ke t ha trattata come una figlia dopo aver perso la sua nn t riconosce più,troppo malato,ti scambia per lei,e da un giono all’altro volerà lontano,l’amore della tua vita,il solo ke poteva starti accanto,t ha frantumato il cuore dicendo ke ama un’altra
    il dolore è straziante,ma fai finta di nulla…
    è al tuo fianco ma nn come vorresti tu
    le lacrime nn scendono più…
    eri partita in maniera radicale provando a iniettarti dell’acetone,provando a buttarti di sotto,tagliarti le vene,bere flaconi di calmanti in un solo colpo…
    alcool e droghe amiche fedeli quando ancora dovevi giocare con le bambole,sempre sperando di superare il limite e restarci…
    poi inizi a inciderti le braccia,i polsi,e ogni lembo libero di carne
    fino al momento in cui decidi che il momento è giunto,ma nn sai come fare….e così posti una lettera,un’ultimo sfogo sperando ke l’ispirazione arrivi,mancano 36 giorni alla maturità civile,ma nn ci vuoi arrivare,non vuoi arrivare alla soglia dei sette anni di dolore…
    sette…numero ke simboleggia l’infinito,avrebbe un significato troppo grande x te…
    è il tuo ultimo sfogo al mondo,in un posto ke nessuno troverà,sperando ke se verrà trovato,sarà troppo tardi per far qualcosa….

  9. 659
    Marco -

    Caro Paolo Cogitoergosum,

    ti devo molto ringraziare per le tue parole. Ho letto i tuoi messaggi più di una volta per cercare di comprenderne ogni sfumatura. Scrivi dell’argomento in modo competente, mostrando di aver vissuto in prima persona, sulla pelle, la disperazione ed il disagio continuo.
    Il centro del tuo consiglio, che perfettamente condivido, risiede nella diretta, sincera richiesta di aiuto. Chiedere aiuto a volte puù essere tanto difficile, per tanti e tanti motivi. Si può, a torto, ritenere che nessuno ci voglia aiutare o ritenere, sempre a torto, che nessuno ci possa aiutare o che la situazione sia talmente compromessa da non presentare alcuna soluzione possibile. Dal canto mio uno degli ostacoli maggiori che incontro è l’inedia, la mancanza assoluta di qualsiasi entusiamo e volontà, la stanchezza che mi pare a volte essere atavica. In queste situazioni pur riconoscendo dentro di me la correttezza e l’utilità di chiedere aiuto a qualcuno, ciò che frena è la volontà di farlo, che manca. Manca perchè anche questo gesto, il chiedere, viene vissuto come estremamente faticoso e foriero di tensioni. Mi rendo conto, da un punto di vista logico, che queste sono motivazioni in buona parte inconsistenti; chiedere andrebbe sempre fatto, non dovrebbe logicamente rappresentare un problema come, invece, a volte rappresenta.
    Una domanda vorrei rivolgerti Paolo. Per te, nel momento della tua depressione “nera”, cosa è stato che ti ha dato la spinta per chiedere aiuto agli altri? Cosa ti ha dato l’energia per affrontare con quanclun’altro l’argomento della tua depressione? E’ stata magari la disperazione profonda dei quel periodo? Io mi accorgo che quando provo la disperazione più nera quello è il momento nel quale alcune risorse profonde si fanno strada ed emergono. Rimane tuttavia il problema pratico del vivere. Non è ipotizzabile una situazione nella quale si attende ciclicamente l’arrivo della profonda disperazione confidando nel suo potere per una spinta altrimenti difficilmente realizzabile. Comprensione, volontà, dialogo, analisi dei problemi; se una volta tutto questo mi sembrava avere comunque un’utilità, ora spesso mi ritrovo a pensare il contrario e questo fa nascere proprio la disperazione che è globalizzante, totale e omnicomprensiva. A volte cerco di fare un quadro della situazione e ho l’impressone che la disperazione divenga una presenza sempre più frequente nella mia vita; questo aumenta la paura ulteriormente ed il circolo vizioso si autoalimenta. Percepisco che l’elemento per infrangere il cerchio potrebbe in realtà essere vicino ma non ho la più pallida idea circa la direzione verso la quale muovermi. E questo appare frustrante.
    Ammiro la tua lucida analisi e, se vorrai dedicarmi ancora del tempo, vorrei approfondire questi argomenti per tentare di interrompere il circolo vizioso. Mi sembra proprio che, seguendo le tue indicazioni, io ti stia chiedendo un aiuto.
    Ti ringrazio tanto e ti saluto

  10. 660
    incompletedream -

    Ho appena pubblicato un blog il cui argomento è lo stesso delle vostre lettere. C’è una piccola dichiarazione d’intenti e un link ai vostri interventi. Spero non vi dispiaccia. In particolare mi ha colpito la frase di Paolo: “molte scelte sbagliate in età adolescenziale o giovanile si stanno puntualmente rivelando determinanti almeno quali “concause” nel mio disagio odierno!”
    perchè la mia situazione deriva proprio da questo. Soprattutto perchè sono state scelte subite, cosa della quale mi vergogno molto. Mi colpevolizzo perchè penso di non essere stata capace di difendermi. E’ un sentimento strano. So che non è stata colpa mia, ma mi sento ugualmente colpevole. E provo una rabbia incontenibile verso chi è stato il vero responsabile di tanta sofferenza, ma anche verso me stessa. E’, credo, il sentimento di rabbia e di vergogna che prova chi è vittima di soprusi, psichici o fisici che siano.
    Vi aspetto sul blog, consideratelo come vostro…
    http://esperimentonumeron.blogspot.com/

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