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Lettera pubblicata il 17 Settembre 2005. L'autore, beppino, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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…..No (ulteriori) comment……
Un abbraccio a te Milena.
Ciao Emma, sto applicando il metodo “non sta succedendo a me” almeno in questi giorni di vacanza.. al rientro al lavoro affronterò le novità.. vediamo poi come. Per ora ho premuto il tasto pausa. Un abbraccio a te e ricambio quello di Milena.
Mater Stupidorum…semper gravida est….
Ciao a tutti, se qui si parla di suicidio io coltivo l’idea da sempre. Sono facile alla disperazione, e oggi che ho un problema rilevante di salute (probabilmente non recuperabile, ma va solo a peggiorare, comunque non mortale) ancor di più.
Il pensiero del suicidio a volte è piacevole, come via d’uscita dalla vita…. senza arrivare a nulla (non credo a nulla). In questi momenti l’atto mi appare semplice, a portata di mano.
Ma a volte è tremendo, perchè lo è la morte. Quando la mia mente si avvicina ad abbracciare il pensiero della morte, una sensazione di vero terrore mi pervade, altro che “quando c’è la morte non ci siamo noi” e viceversa. Non liberazione, ma terrore. In questi casi l’atto del suicidio mi appare infattibile, e ciò che era una via d’uscita, una soluzione, non esiste più. In quei momenti mi sento peggio del solito, in gabbia: da una parte situazioni giudicate essere incurabili, dall’altra l’impossibilità di andarmene via, o meglio di finirmi.
E’ inutile che ci giriamo intorno: noi siamo qui perchè esistiamo, e non siamo in grado di concepire la nostra non-esistenza. Superficialmente forse si, ma approfondendo non ne siamo capaci.
Ci deve volere molta disperazione per compiere quel gesto, davvero, anche perchè poi subentra l’istinto di sopravvivenza, fin dalle vertigini per chi ha deciso di buttarsi da una altezza. Ci sono molti “step” da superare, rispetto ai quali il semplice ipotizzarlo come soluzione è assolutamente niente.
Non so più che dire, mi sento in trappola, di fatto la mia vita è uno schifo. Il bilancio momenti positivi/negativi e deficitario al massimo. Sono molto sensibile, per questo estremamente vulnerabile. Sono anche disfattista, quindi figuratevi voi.
Non so che fare. Essere o non essere, diceva qualcuno. Ma non è facile in nessun modo.
Non so che fare. Ma proprio quello spermatozoo doveva farcela…
La vita, per alcuni, e’ una gabbia, una trappola……
Eh già, Emma.
Sono qui anche per dire che, rispetto all’anno scorso, non è cambiato nulla.
Sono entrata nell’ottavo anno di merda. Otto anni consecutivi salvo 9 mesi in cui ho creduto che le cose potessero cambiare.
Sto attaccata al mio filo d’erba per abitudine e per una speranza che, forse, ho nel dna.
Un giorno mi svegliero’ e mandero’ a fanculo questa vita.
Fino al momento prima avro’ lottato.
Della mia vita so solo questo.
Scusami Marcol, non ho parole di conforto.
senso di morte costante.
impossibilità ad uscir di casa.
assenza di prospettive future, presente angoscioso in cui mi viene da tutti fatta pesare la condizione di mantenuto parassita alle spalle dei miei nonostante io ci soffra e sia molto debilitato.
grave depressione, ansia, stress, microattacchi di panico, sindrome evitante di personalità, fegato a pezzi, intestino malfunzionante, …
non possibilità di raggiungere indipendenza economica, no chance di avere una compagna da amare e da cui essere amato.
impotenza, impossibilità, incomunicabilità, sempre più in fondo al pozzo muto, umiliato in continuazione dal prossimo, deriso da ragazze e donne, la mia arte che non viene riconosciuta (sono poeta e scrittore), delusioni sanguinose, spegnimento, paura ormai di vivere questa non-vita che è condanna a morte mediante lunga dolorosissima agonia…
ho più paura di vivere che di morire.
preferisco una morta secca e violenta a tutto questo che mi è stato inflitto.
isolamento, insopportabile rumore ronzante e ridacchiante delle maschere e burattini abitanti il teatrino grottesco tragicomico della pseudovita mondana e volgare…una vita senza Vita, che mi trova estraneo ed escluso.
ma pure dalLa Vita che io conobbi, e dalLa Sua Bellezza sono oramai escluso.
devo morire, eseguire cioè la condanna.
non c’è dimora in alcun mondo per me.
la razionale imprigionante paura ci separa dal terrore che invece spinge alla naturale (ciò che è naturale fa a cazzotti spesso col raziocinio pavida costruzione intellettuale) conseguenza.
se abbracci il terrore definitivamente, la morte per suicidio è una formalità, poiché tutto è già avvenuto dentro : si tratta di concretizzare replicando, di dare esterna fisica testimonianza.
isolarsi, zittire il rumore, estraniarsi da ogni contesto e agire nell’unico senso e modo possibile.
due condanne : accanimento terapeutico intriso di vergogna e dolore e umiliazione oppure un colpo solo e secco e via ?
la seconda, grazie.
che il sipario del mondo (che muore con me, è tutto soggettivo, il resto non esiste) si chiuda violento su mascherine vili e meschine e su tutta la tragicomica farsa.
morire, non dormire (né sognare).
basta con le illusioni.
al di là della speranza e della disperazione entrare nella bolla di lucida (ma non troppo) ‘folle’ consapevolezza e sbrigare l’estrema pratica.
nessun fascinoso Nulla, ma nulla e amen.
annientamento.
essere o non essere ?
non essere più.
.
io fui.
nulla mi è rimasto.
tutto mi è stato sottratto con beffeggiante virulenza crudele e infame.
spiritualità, misticismo in me sempre, ma non più il dio cristiano.
pippe mentali ?
no, io agirò una sola unica ultima definitiva volta.
non ho niente da dimostrare, non sono un ragazzino e soprattutto chi compie gli atti dimostrativi vuole vivere ed è ricco di vitalità, anche troppo !
io non più da tempo.
sono spento.
spento, inaridito, disilluso, pietrificato il mio grido nel gelido deserto.
perché scrivo qui ?
per testimonianza.
l’odio contro di me -da parte di tutti e delle femmine in particolare- ha superato ogni resistenza e tollerabilità.
sono inutile.
e guasto.
avevo e ho avuto molto da dire e da dare, ma in cambio ho ricevuto ridacchianti mutilazioni orrende.
dipendo dai farmaci, peso sul magro bilancio familiare e non manca occasione per farmi sentire quello che sono : un inetto parassita.
devo devo DEVO MORIRE.
così è stato predeterminato.
io eseguo.
non c’è altra strada, se non una razionalità grondante retorico buonsenso che è quella sì masturbazione mentale.
il sentimento più vero e profondo è agli antipodi della razionalità.
e dove un tempo trovavo la vera Bellezza delLa Vita, ora è giusto e ovvio e naturale trovi il mio tempo-spazio-visione(incenerita)-atto(fulmineo) di morte.
ho amato troppo, ho amato male, …non importa più.
tutto è niente.
accetto ed eseguo.
basta coi vostri merdosi ilari irridenti ronzii d’astio e cinismo illimitati.
tenebre e silenzio.
bene così.
non rifugio, non liberazione, in culo le favolette narranti di luci in fondo al tunnel.
in fondo c’è un mucchio di vecchie conoscenze che ti sputacchiano in faccia la loro nauseabonda risata.
fuori un’umanità alla paludosa deriva…non esiste, non mi riguarda più.
il Mondo che fui tramonta con me.
addio, straniero.
fuggi, salvati, dimenticami.
dimenticati anche tu di me che già fui, di me che da gran tempo non sono più.
addio, ebbro mistico istante.
la vita è una musica interrotta.
.
II
Credo sia una bella sensazione quando qualcuno si sente esattamente come te e che, di conseguenza, ti comprenda appieno. Qui /come fuori dalle nostre mura, del resto/, siamo tutti sulla stessa barca /che sia questa la solidarietà leopardiana?/, ma la sola comprensione può rivelarsi inutile, in quanto impedisce a noi stessi di reagire, probabilmente uno dei verbi più odiati e più cercati al tempo stesso. O forse, più semplicemente, si preferisce cadere nel baratro, piuttosto che prendere a pugni il mondo- In ogni caso, sarà pure normale rifugiarsi nel suicidio, ma sei davvero pronto a farla finita?