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Lettera pubblicata il 17 Settembre 2005. L'autore, beppino, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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@E, mi dispiace della tua disavventura, e capisco la tua rabbia. Purtroppo il “metterlo nel culo a tutti il più possibile” è una delle pratiche che contraddistinguono l’italiano medio, che, ammettiamolo ci sguazza allegramente, cresciuto nella mentalità di dover (quasi come un obbligo) fregare gli altri. Truffe e raggiri sono all’ordine del giorno qui da noi, e non si guarda in faccia nessuno. Chi non vive nella mentalità di doversene approfittare ad ogni costo degli altri ne paga spesso le conseguenze. Anche solo prendendo le difese di terzi. Nel tuo caso c’è l’aggravante di aver trovato un bamboccione figlio di papà, che non ha nemmeno un briciolo di palle nel metterci la faccia. Il senso di disgusto che provi è legittimo. Non sei tu quella sbagliata, lo è tutto il resto. E fai bene a essere incazzata. Guai se tu cominciassi ad accettare tutto questo. Sei una lottatrice, puoi piegarti, ma spezzarti mai. Fagliela vedere a queste teste di c..... Probabilmente non servirà a niente, perché questo non è un film, dove i giusti trionfano sempre. Questo è il Mondo reale, ci sei entrata anni fa e già lo conosci, non ti deve essere presentato. Certe battaglie sono già perse in partenza. Ma mai dargliela vinta facilmente. Tu, al contrario di loro, potrai sempre guardare negli occhi chiunque ti attraversi la strada. Gli “altri”, i “loro”, questo non potranno mai farlo. Non finirai sotto un ponte, non ti ci vedo in una situazione del genere. E non ci devi neanche pensare a un’evenienza di questo tipo…Pezzi grossi…A proposito di film, mi viene in mente la battuta di uno di Al Pacino…Carlito’s Way, uno dei miei preferiti…”Pensate di essere dei pezzi grossi? Allora, morirete da pezzi grossi!”…Non abbassare mai la testa Emma. Mai. Si fottano gli altri. Non farti condizionare la vita da loro…
…Non è vero che non hai un posto dove tornare o persone che non ti aspettano…Il posto è questo, e le persone siamo noi…Non lo dimenticare…E lo sai, non c’è bisogno che ti venga detto…
Un abbraccio.
Luca, grazie per le tue parole. E’ che questa carognata si è aggiunta ad un’altra carognata capitata poche settimane fa facendo esplodere la bomba.
Ho sufficiente lucidità per capire quando ho torto e quando ho ragione.
E, quando ho torto, in che misura.
In questi due casi no.
Ho solo che ragioni.
Mie e di terzi.
E non sarà qualche minaccia o qualche sopruso o manifestazione di potere a far cambiare natura alla realtà.
Da ragazza avevo una maglietta con la scritta: “non mi avrete mai come mi volete voi” e lo stesso vale anche adesso.
Con l’unica differenza che, ora, questa frase non potrei più economicamente permettermela.
Ma non m’importa.
Non finirò ad ingrassare le fila dei cialtroni per non avere l’incubo dei pagamenti di inizio-metà-fine mese.
Non camperò sulle spalle dei poveri cristi per foraggiare la mia serenità.
Un economista danese, l’altra sera, scherzando ma non troppo, ha detto in TV che l’Italia è in cima alla lista dei Paesi in cui essere onesti significa essere co.......
E’ anche uno dei Paesi in cui se dici “Cristo” o “Dio” (senza ulteriori sostantivi o aggettivi) mentre ti inchiappettano il tuo inchiappettatore ti dirà: ” NON BESTEMMIARE!!!”.
La casta, il potere, i soldi. E’ vero, moriranno da pezzi grossi e finiranno a rimpolpare le fla di chi “non è più” esattamente come noi.
Loro probabilmente lasceranno un ricordo.
Per tanti di noi la condanna alla damnatio memoriae viene inflitta quando siamo ancora in vita.
Dimenticati da tutti tranne da chi ha dei crediti o delle aspettative di sfruttamento.
Dimenticati dallo Stato, dai parenti, dagli “amici”, dai colleghi, dai vicini di casa, da quelli che prendono le distanze alla chetichella, senza fare troppo baccano e, quando riapri gli occhi, ti accorgi che non ci sono più.
Ombre che circolano alla ricerca di un contenuto che sembra scappare come se fosse acqua in un secchio bucato.
Ma il secchio che è bucato. Non noi.
Un abbraccio, buona domenica.
Me lo ricordo come se fosse oggi,entrai nei cancelli di quel luogo,però mi dissi istintivamente “che cz ci faccio io qua?”e come io avevo visto loro,loro avevano visto me.tentai di fuggire sudato e terrorizzato,ma mi furono addosso e mi trascinarono dentro,io sentivo un cancro dentro me,un cancro dell’anima.Chiudevano la classe nella “ricreazione” nell’indifferenza degli insegnanti la classe ed un gruppo di loro,davano il peggio con schiaffi,ceffoni,pugni,calci,ricordo ancora il dolore degli spigoli dei banchi nella schiena,poi mi segnavano la faccia con pennarelli e gesso della cimosa della lavagna.Sono morto lentamente allora,credo di essere uscito morto dall’ITC Peano.Ho provato là dentro un senso di terrore,di vergogna,di dolore che non credevo esistessero.Emma sei troppo irraggiungibile,potresti scrivere,combatti una battaglia già perduta eppure lo fai.un abbraccio
David, vorrei dirti tante cose ma non trovo le parole.
Non le trovo o, forse, non le conosco.
Perchè ci sono drammi che non hanno spiegazioni.
Come la violenza assurda su un ragazzino.
Un forte abbraccio.
david che esperienze orribili con gente di merda…e se penso che tanti altri hanno vissuto una esperienza simile alla tua mi chiedo che persone orribili e malvagie esistono..
grazie,vi ringrazio,quelle immagini arrivano anche nella notte come uno sciame di api,certi personaggi agiscono con il benestare delle autorità,per non dire il compiacimento.Ho saputo che molti sventurati abbiano perduto il cervello col nonnismo.Vuoto e ancora vuoto,buio e nulla dominano il mondo grazie a dei venduti.Guardate “Essi vivono”,mi raccomando guardate quel film.ciao baci e abbracci. Ciao E,ciao Tracy
David, anche a me è successo quel tipo di cose.
Ho imparato molto presto ad odiare gli altri, ad evitarli.
Un abbraccio a tutti.
Beppino.
Oggi è uno di quei classici giorni di merda, uno di quelli in cui uno come me si mette a cristonare e imprecare per un nonnulla. Basta un semplice schizzo di sugo sulla maglietta bianca per farmi sclerare. Uno di quei giorni in cui non hai voglia di fare niente, pur avendo tanto da fare. Uno di quei giorni preceduti da una notte insonne, passata a rimuginare. Uno di quei giorni in cui fumi una sigaretta dietro l’altra, fissando il soffitto e/o lo schermo vuoto di un pc. Uno dei tanti giorni solitari, vuoti e senza prospettive ormai, dove ti dici “Che cosa aspetti? Fallo, dai”. Apprezzo sempre di più la morte, confrontandola con questa non-vita. Una non-vita a cui devi essere legato a tutti i costi perché così è, o dovrebbe essere. Guardavo su youtube le immagini dell’incidente ferroviario di Santiago de Compostela, avvenuto un paio di giorni fa. Leggevo i commenti lasciati dagli utenti. Errore umano, attentato terroristico, un atto di Dio…Che importanza ha…Avrei voluto essere su quel treno. Avrei voluto ritrovarmi in uno di quei sacchi blu portati via verso l’obitorio. Per me solo questo è importante. Ho lavorato più di 15 anni nei cantieri. Gli operai edili sono la categoria lavorativa più a rischio di incidenti mortali, più ancora di altre. I motivi sono tanti: scarsa sicurezza, inesperienza, stanchezza dovuta a orari massacranti, oltre a semplice casualità e stupidità, che non mancano mai. I morti non si contano. E ne ho visto qualcuno di loro. Un giorno, in un cantiere a Marene, in galleria saltò in aria un compressore, dilaniando due operai e lasciandone un terzo gravemente ustionato. Ho lavorato io stesso più volte in condizione disagiate e di pericolo. Ho rischiato la vita e la salute per quattro soldi. Mi sono fatto male, rotto ossa, procurato tagli ricuciti con punti, bruciature, ustioni, respirato gas di scarico lavorando in ambienti chiusi. Perché non mi è stato concesso di andarmene allora? Perché non ho seguito la stessa sorte di altri? Una morte abbastanza dignitosa, in un ambiente (quello lavorativo) che era il mio naturale. E al funerale, una bella bara con manici in ottone, tante lacrime, corone di fiori, l’omelia di qualche prete. E magari anche qualche denuncia e annessa condanna a chi ha permesso che qualcuno morisse di lavoro per arricchirsi…E invece ora…Che funerale mi aspetterebbe? Nessuna parola da parte di qualche prete, visto che la Chiesa condanna il suicidio. Nessuna inchiesta sul perché della mia morte. Resterebbero le lacrime di pochi. Si aggiungerebbero invece le chiacchiere di Paese, sul perché e sul percome, i soliti giudizi del c....…Sarei(sarò?) vittima e condannato. Come concludere tutto questo? Forse sarebbe meglio sparire, andarsene il più lontano possibile e farla finita altrove, dove non ti possono trovare…niente funerale, niente lacrime…Solo una domanda: “dove è finito Luca?”
Forse, non dovrei scrivere tutto questo. Forse dovrei limitarmi a dire che oggi sto male, senza aggiungere altro…
E perchè, Luca?
Se scrivere, in qualche modo, ti ha permesso di buttare fuori un pò di rabbia hai fatto benissimo a lasciare questo post.
Capisco e conosco fin troppo bene gli eccessi di rabbia, lo “sclero”.
Ci sono giorni in cui una semplice stampante che tarda a fare il suo dovere o un pc che si auto-aggiorna per poi riavviarsi sono capaci di scatenare la terza guerra mondiale.
Urla, scatti d’ira, bestemmie.
Ma in quei giorni quella stampante, quel pc diventano un’intera vita.
Incarnano tutte le persone e le circostanze che mi hanno fatto del male foraggiando la mia insicurezza, la mia rabbia, incarnano le fregature che mi sono auto-inferta, quelle che ho involontariamente dato per la mia stupida ingenuità, le parole di troppo, quelle mai ascoltate, quelle che non arriveranno mai a chiudere un cerchio insopportabile da sostenere.
Quella stampante, quel pc diventano un grosso punto interrogativo di seguito ad una domanda che diventa l’unica domanda: “ma chi/cosa c.... me lo fa fare di continuare così”.
E, in genere, finisco sfiancata dalla rabbia, a guardare il soffitto fumando una sigaretta dietro l’altra mentre una parte del cervello cerca di ricordarmi tutto ciò che avrei dovuto fare ma non sto facendo e l’altra parte risponde con un “per chi? per cosa?”.
Poi la non-vita va avanti e riparto ad accattonare quello che mi spetterebbe di diritto con l’amaro in bocca di chi chiede l’elemosina mentre, se potesse seguire l’istinto, sbatterebbe un kg di monetine sul grugno degli affamatori e se ne andrebbe a vivere in mezzo ai boschi, da sola, mangiando bacche e radici per tutta la vita.
Sparire. Sparire da tutto. Anche dai ricordi di chi mi ha conosciuta e di chi ha creduto di avermi conosciuta.
Vivere in mezzo agli animali, prendere a sassate i cacciatori e poi, alla fine, crepare in fondo ad un fossato, senza documenti, senza un passato, senza un funerale, senza chiacchiere nè lacrime.
Eppure basterebbe talmente poco.
Un minimo di tranquillità, un posto in cui aver voglia di tornare, un lavoro che dia dignità umana anzichè sottrarla.
Conosco il tuo lavoro, Luca.
Non l’ho mai svolto ma per mille motivi ho a che fare con chi, in passato, è tornato a casa talmente coperto di fango e polvere da sembrare una statua di terracotta.
E che ora, dopo infarti, panico, depressioni, tentativi di suicidio, terapie, fregature più disparate da parte dei soliti sciacalli sta tentando di tornare in mezzo a quel fango perchè la sua dignità umana è proprio lì.
Forse ci riuscirà. Un anno fa non lo avrebbe neppure pensato.
Non ti auguro di tornare in gallerie dove potresti lasciarci le penne.
Ti auguro, per quel che può valere un augurio, ossia, concretamente, meno di zero, di trovare un lavoro che ti restituisca a te stesso.
Un abbraccio.
Marina, Ele, è dura andare avanti ma ce la dobbiamo fare. Ciao