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Il suicidio

di beppino
Trovi il testo della lettera a pagina 1.
Lettera pubblicata il 17 Settembre 2005. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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14.941 commenti

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  1. 11731
    marina -

    Caro Piergiorgio mi dispiace per la perdita di tuo padre ,devi farti forza e andare avanti .Non devi ringraziarmi perchè ti scrivo ,era parecchio che non davi tue notizie ,ho seguito il mio istinto,fà piacere sapere che qualcuno si ricorda di te ogni tanto verò?,anche io scrivo poco ,non mi và ,ma leggo tutto .Capisco la tua solitudine ,ci sono dentro anche io,è triste quando si stà tra queste 4 mura in silenzio senza parlare con nessuno ,ti abbitui talmente tanto a ciò che fai le cose piano piano come se si ha la paura di svegliare qualcuno .Ti giri e rigiri ma sempre tu sei sola con la tua solitudini che ti fà compagnia .bè basta non mi và più di scrivere e quindi chiudo un abbraccio a te e tutti voi ,ci sentiamo Piergiorgio su questo forum .

  2. 11732
    Ele -

    Ciao a tutti, sono stata anche io un pò lontana dal forum, ma vi leggo sempre. Solo che in questi ultimi giorni mi sono successe tante di quelle cose tutte insieme che non ho ancora capito dov’è la porta per uscire da questa confusione. Piergiorgio mi dispiace per tuo papà, cerca di essere forte e aggrappati a noi se ne hai bisogno, siamo qui. Dopo il mio compleanno, dopo la decisione di non fare i classici bilanci dei 40 anni che non avrei saputo reggere, mi sono ritrovata a fare un corso di cresima per adulti spinta – è questa la verità – dalla necessità per poter fare da madrina al battesimo del bimbo della mia amica. Ho conosciuto altre persone adulte come me, un prete intelligente ed aperto ed ho apprezzato tantissimo questo corso. Mi sono cresimata e mi chiedo come possa una cosa enorme come la Chiesa dipendere così tanto dal singolo che hai la fortuna/sfortuna di incontrare. Avevo fatto la scuola elementare dalle suore e mi era trovata così male che ero fuggita da quel mondo. Ora questo uomo semplice e moderno allo stesso tempo mi ha riavvicinato almeno con forte curiosità ed interesse alla Chiesa. Subito dopo questo momento che giudico positivo, ecco la mia amata nonna che ha un infarto, mio padre che me lo dice dopo un giorno, io che corro in Sicilia, per fortuna nonna combatte come un leone nonostante abbia quasi 90 anni e dopo una settimana di terapia intensiva vince lei e torna a casa! Intanto mentre sono giù ritrovo in mia madre i segni inequivocabili del ritorno alla sua antica anoressia, dopo 20 anni e pensavamo di averla sconfitta, di nuovo ha smesso di mangiare. Ed io ho paura per lei e non so come aiutarla, non mi ascolta, non vede nessun problema, è poco più di uno scheletro. Di nuovo emergono i vecchi dissapori della mia gioventù, quando cercavo in tutti i modi di aiutarla e lei mi aggrediva come una tigre. Tutto uguale. Al lavoro stanno cercando di farmi le scarpe, dicono che non ho ambizioni e quindi forse è giusto che faccia spazio agli squaletti che circumnavigano l’azienda.Tutto insieme, davvero troppo per i miei tentativi ridicoli di trovare un equilibrio, un pò di serenità. Ieri pomeriggio ho ceduto al richiamo di una bella bevuta di xanax e ho staccato con il mondo, ho dormito di un sonno artificiale, pesante, che annulla. Questo è quello che voglio di più, annullarmi e non dover indossare di nuovo l’armatura a casa, in ufficio. Io non voglio combattere, è vero non ho ambizioni e non ho coraggio, sono soltanto una persona fragile piena di paure. Adesso vado al lavoro, con la sensazione che chiunque potrà farmi del male, ed anche tanto. Un abbraccio a tutti, ciao Marina, E, David, Luca. Ciao.

  3. 11733
    Piergiorgio -

    Mi dispiace per tua madre e per il tuo disagio sul lavoro. Vorrei poterti aiutare. Ciao

  4. 11734
    david -

    Vivete amici,forse ci berremo una birra chissà dove.Mio padre sta male e mia madre è invalida,mio padre forse dovrà tornare all’ospedale,adesso o domani,io credo di essere andato.Voletevi bene.Un abbraccio.E,Luca,Piergiorgio,Marina,Ele,Silvia,Marquito,Buck (il grande!)Leonardo,resa incondizionata..Quando siamo ragazzi ci immaginiamo chissà cosa dal futuro…Ciao amici.Lottate non pensate al suicidio,non pensateci per favore.

  5. 11735
    Ele -

    Ma si può ogni volta sentirsi di nuovo così a terra,così senza speranza? Quando arriva una mazzata di quelle buone, la reazione può essere sempre la stessa? Cioè dire è finita, non so vivere in questo mondo, non fa per me, non so gestire le emozioni, non servo a niente e vedere come via d’uscita solo l’isolamento, la negazione del mondo esterno, la voglia di dormire, annullarsi e magari morire? “puoi farcela a venirne fuori, come le altre volte”. Appunto, il problema è proprio questo, questa esistenza a fisarmonica, restare travolti, sentirsi persi e piano piano ricominciare aiutata dalla terapia, dai medicinali, dalle poche persone che mi sono vicine. Ma perchè tutta questa fatica, perchè di fatica enorme si tratta, se poi la mazzata è dietro l’angolo e devo di nuovo strisciare sul fondo, soffrire maledettamente, farmi convincere a riprovarci, faticare e poi riuscirci con mille dolori e sacrifici per poi ricaderci tra x mesi per un altro motivo che riapre tutte le mie vecchie ferite, quei dannati fantasmi che non vanno via? Non posso semplicemente ammettere la sconfitta? Rassegnarmi, smettere di credere che anche per me una vita “normale” è possibile? Perchè poi la caduta è sempre più perfida, aggiungendo il senso di fallimento e lo sberleffo. Oggi è una giornata primaverile, dalla finestra vedo tanta gente in giro, ognuno ha qualcosa da fare, con qualcuno. Io sono sul letto, a chiedermi se vale la pena alzarmi, ma per fare cosa e con quale stato d’animo? Dove devo andare con questo peso addosso carico di fallimento, tristezza e dolore? Mi sembra inarrivabile già la cucina..

  6. 11736
    luca76 -

    @Ele, le mazzate sono sempre all’ordine del giorno per noi. A volte le subiamo passivamente, altre volte mossi da un qualche rigurgito di orgoglio, ci ribelliamo e riusciamo a rispondere colpo su colpo. Nel primo caso, rimaniamo distesi sul tappeto, con un fantomatico arbitro che ci conteggia impietosamente il knock-out. 1,2,3…8,9,10. Fine dell’incontro. Hai perso. Di nuovo. E ti ritrovi lì, a braccia e gambe larghe, con gli occhi al cielo, “gustandoti” l’ennesima sconfitta e col pensiero che sia meglio starsene lì a terra, piuttosto che rialzarsi. E’ un buon modo d’agire in fondo, una filosofia accettabile da un certo punto di vista. D’altronde, se continuassimo a rimanere al tappeto senza rialzarci, non daremo di nuovo modo alla prossima mazzata di ributtarci giù. Tutto molto facile e semplice. Peccato che la vita non sia mai facile e semplice, e anche rimanere a terra ha un suo costo. Niente è gratis per noi, nemmeno il dolore, la tristezza e il fallimento. Paghiamo tutto, fino all’ultimo cent. Negli ultimi tempi mi sto trascinando in un senso di rassegnazione, dormo 10 ore al giorno, e queste sono le ore migliori della giornata, non c’è che dire. Le uniche che non mi pesano. Quando mi risveglio considero già una gran vittoria riuscire a prepararmi il caffè. Più in là di questo, al momento, proprio non ci riesco ad arrivare. Ma mi sto accorgendo col passare dei giorni che nemmeno la rassegnazione riesce a darmi un senso di pace. Non è cambiato niente, e forse, non cambierà mai. Il pensiero di farla finita, di chiudere i conti con questa vita, continua ad accompagnarmi, ma è meno pressante rispetto a un paio di mesi fa. Non so il perché, a cosa sia dovuto. Forse è il pensiero che nemmeno quel gesto mi possa dare la libertà, che sia inutile. O forse è solo una cosa temporanea. Non lo so. Sono al tappeto, e da qui ho una particolare visione delle cose. Sono così stanco che non ho nemmeno la forza di farla finita. Che ironia…Mi metterei a ridere, se solo ricordassi come si fa. Per questo motivo, posso dire di comprendere appieno i tuoi pensieri, i tuoi dubbi. Già. Si sta bene sdraiati sul letto, isolandosi e negando l’esistenza del mondo esterno. Da un senso di soddisfazione quasi (almeno, per me è così). Ma non serve a niente. Niente di niente. Per questo, un giorno, volenti o nolenti, ci ritroveremo di nuovo in posizione verticale, pronti a riprendere mazzate e a risentirci di nuovo a terra, senza speranze. Ancora e ancora, fino alla fine dei nostri giorni. Forse è questa la nostra “normalità”, la nostra “vita”. E, molto probabilmente, non riusciremmo a viverla una “vita normale”, ci sentiremmo dei pesci fuor d’acqua. Accettare tutto questo o ribellarsi? Al momento non so cosa valga la pena rispondere da quaggiù, disteso sul tappeto di un ring. Parole da dirti non ne ho, come sempre d’altronde. Posso darti solo un’abbraccio Ele, con tutto il cuore. A te, @E, David e a tutti quelli che sono a terra e non possono/riescono/vogliono alzarsi.

  7. 11737
    E -

    Rimanere al tappeto con una sola domanda “ma chi me lo fa fare di alzarmi per poi cadere?”.
    A volte ci si rialza per un prodigioso senso del dovere.
    A volte si resta lì, stesi a terra, a sgambettare come tartarughe rovesciate.
    Altre volte non si ha neppure più la forza di sgambettare.
    Ci sono mattine in cui, anche per me, raggiungere la cucina e preparare un caffè, sembra un obiettivo irrealizzabile.
    Altre volte l’indifferenza verso la vita e verso la morte rende qualsiasi gesto un gesto meccanico.
    Gesti che si compiono senza partecipazione, quasi senza coscienza.

    …….E’ che troppe mazzate asciugano la vita e ne lasciano solo un pò.
    Quel minimo che serve per compiere i gesti vitali che distinguono la persona vivente dal cadavere.
    A volte guardo vecchie foto, ascolto vecchi suoni, annuso vecchi profumi e non avverto, non provo più nulla.
    Mi concentro per provare un dolore o una felicità che so di aver provato, in passato.
    Nulla.
    Solo vuoto e vecchi ricordi che non sembrano più miei.
    Che sembrano rubati ad un vicino di casa che parla troppo forte.
    Un abbraccio a Ele, Luca76, David e a chi ne ha bisogno.

  8. 11738
    Ele -

    @ Luca76 ed E, grazie del vostro abbraccio, me lo prendo qui dal tappeto del mio ring.

  9. 11739
    luca76 -

    @E, mi permetti una domanda a livello intimo? La rivolgo a te, senza nulla a togliere a @Ele, David, Marina e compagnia fustigante. E la rivolgo a te perché…boh, non so nemmeno il perché…Leggevo l’altro giorno il post di David, quello relativo al ritrovarsi a bere una birra tutti quanti chissadove…Superfluo dire che per qualcuno di noi (cioè me), si andrebbe ben oltre alla classica birretta. In una situazione del genere, sentendomi impossibilitato a guidare, affiderei a te le chiavi della macchina. Ripeto, non lo so il perché. Sarebbe una cosa istintiva. Forse perché in tutta questa follia, o meglio farsa, in cui viviamo mi sembri ancora una delle mie conoscenze (virtuali e no) che conservi un barlume di lucidità (a torto magari, come potrai rispondermi tu). Se poi tenessi tu anche conto che questa mia domanda sia dettata più che altro dal tasso alcolico presente nel mio sangue (avevo dimenticato da più di un lustro, cosa volesse dire bere per dimenticare), beh, non ti sarà difficile buttarti a…che parola vogliamo usare?….comprensione, pietà?, nel rispondermi. La domanda, semplice e stupida, è questa: tu credi che, quelli come noi, potranno mai trovare pace, sentirsi realizzati in qualche maniera, in questo o in altri possibili mondi? O ci ritroveremo sempre disagiati, disadattati a prescindere da tutto? Quanto vale la pena vivere tutto questo? In cuor mio, a questo quesito mi sono dato già la risposta in un fine giugno di 29 anni fa. Quindi non stare a farti troppi problemi a risponderne, nella migliore delle ipotesi corroborerà le mia risposta, nella peggiore…Beh…Chi può stabilire cosa sia peggio o meglio?…In fondo è solo una stupida domanda senza senso, che non merita altro che una risposta di tale portata. Perdonami. Ma, a volte, si sente il bisogno di una risposta, date da altri, a certe domande. Sia che collimano o meno con il tuo essere. Domani, quando mi sveglierò, forse non mi ricorderò nemmeno di averla fatta, più che altro perché sarò impegnato nel sovrumano gesto di prepararmi il caffè…Ahahahah…Non darmi retta, e scusami, tu e a tutti quelli a cui ho tolto spazio con cazzate da alcolizzato fallito (scherzo ovvio, un bastardo xenofobo e demagogo ha un’alta considerazione di se stesso, non dimenticatelo mai).
    Buona domenica a tutti (@Marina perdonami, ma per me, queste due parole hanno ancora un senso, mi rammentano quando avevo ancora una vita normale, lo dico sinceramente, senza l’intenzione di fare polemiche o altro, perché non ne ho proprio la forza più che altro, scusami.)

  10. 11740
    E -

    Bella domanda Luca.
    E’ una domanda che mi pongo spesso e a cui non so rispondere.
    Forse la risposta sta in quel fil di ferro talmente sottile da sembrare invisibile che, bene o male, ci tiene legati a questa vita.
    Cos’è quel fil di ferro?
    Apatia, totale indifferenza sia verso la vita che verso la morte? Codardia?
    Speranza?
    Un mix di tutto questo?
    Se potessi mettere le mie conquiste ed i miei fallimenti sui piatti di una bilancia, questa si rovescerebbe dal lato dei fallimenti.
    Fallimenti che mi hanno portata ad essere una disadattata, scollata da tutto e da tutti quelli che non sono disadattati come me.
    Basterebbe questo fatto (reale, non sega mentale o parto dell’insicurezza/disistima di me) a portarmi a dire “ma basta!” e a salutare la compagnia.
    Ma resta la consapevolezza di quanto sia piccola la portata dei miei sogni e delle mie ambizioni.
    E resta una domanda rimasta da sempre senza risposta: “ma è mai possibile che mi sia negato persino il minimo sindacale?”.
    Forse è l’impossibilità di digerire l’ingiustizia di questa negazione che mi tiene legata qui.
    Forse è proprio questo il mio sottilissimo fil di ferro.
    Una speranza probabilmente vana al 99,99%.
    E una speranza rimasta stupidamente in piedi, il rigurgito di una vita che so che non mi appartiene più.
    Perchè, come ho scritto ad un amico solo poche ore fa, anche se, (per ipotesi assurda), mi trovassi nelle condizioni di poter realizzare le mie miserrime ambizioni non sarei più nelle condizioni di godermele.
    Sarebbero cose che capitano come ne capitano tante.
    Il limbo attutisce tutto: gioia e dolore.
    Resta la consapevolezza che regala un minimo di lucidità e che impedisce di trasformare sé stessi nell’idiota che ride a prescindere e che attacca le proprie speranze al sole che sorge o al bimbo che ride o nel depresso cronico che piange la fame di fronte ad un piatto stracolmo di pastasciutta.
    E resta l’umore della giornata, quello che trasforma il “vorrei” in “avrei voluto” e in “vorrei” nell’arco di pochi secondi e per motivi apparentemente assurdi.
    Come il trascinarsi in cucina avendo come unico obiettivo il gesto mostruoso di raggiungere una caffettiera.
    Come se la cucina fosse un campo di battaglia e la caffettiera un ordigno da disinnescare per salvarsi.
    A volte le mani tremano, la caffettiera resta lì, aperta a guardarci.
    In quei momenti sembra tutto inutile.
    A volte si riesce a stringerla forte ed il gorgoglio del caffè che esce accende la speranza di una vita fa.
    Un’altalena di amara consapevolezza, di piccole speranze, di rincoglionitismo e di razionalità che ondeggia, forse per forza d’inerzia, dentro al senso di vuoto. Un’altalena che butta a terra e lì ti lascia.
    A guardare il soffitto e a chiederti: “E ora?”

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