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Il mio nulla

di Novecento

Non c’è un inizio, non c’è una fine. Non ci sono specifiche o valide ragioni. Ritorno a scrivere più che per ‘sfogarmi’, per dare un parere, a chi? A chiunque avrà voglia di annoiarsi, più di quanto non stia già facendo. Il mio nulla. Penso che tutto ciò che costruiamo nella vita, ciò che diciamo, ciò che facciamo, ciò in cui speriamo, ciò che sogniamo, ciò in cui crediamo, ciò che pensiamo, sia un’estensione del nostro nulla. Viviamo, pensiamo, agiamo, speriamo, proviamo emozioni, sentimenti, vivacità nel nostro essere, ma in fin dei conti, cosa siamo se non il nulla? Ciò che scrivo, ciò che leggerete, ciò che farete, ciò che penserete, ciò che proverete, cos’è se non il nulla nel nulla? Cos’è se non lo strato superficiale dell’immenso che racchiudiamo, che è oscurato dal mondo, che è malvisto, che è ombrato dalla quotidianità, spento dall’apparente vivere, presidiato, ingabbiato da ciò che consideriamo vita. Le mie, in fin dei conti, come tutto il resto, sono un ammasso di parole per ombrare ancor di più ciò che io racchiudo, che tu, lettore, hai dentro, e che forse mai verrà fuori, perché? Perché non hai motivo di tirarlo fuori, sei convinto di vivere, ogni giorno ti alzi, lavori, vivi le tue emozioni, le tue azioni, le azioni del mondo circostante, percepisci il mondo, inalberatosi intorno a te, intorno ai tuoi simili, intorno a colore che, come te, sono convinti di star mettendo un punto, di star scrivendo sul nulla, di star macchiando un foglio, di star cambiando ciò che non è possibile cambiare, di star capendo ciò che l’uomo, nella sua mediocrità, nella sua quotidianità, nella sua sprezzante voglia di “vivere”, frenetica, non capirà, mai. Il mio, come molti, è dell’altro bla bla bla, per descrivere l’uomo, essere immenso e mediocre allo stesso tempo, pieno dentro, superficiale fuori, come può la volgare parola poter esprimere l’immenso?
Semplice, non può. Io scrittore, sognatore, pensatore, uomo, domani, come sempre, mi alzerò e farò ciò che giorno per giorno ho fatto finora, ciò che continuerò a fare, convinto di vivere, rassegnato a convivere con i miei mali, i miei pregi, le mie opportunità, i miei pensieri, ma chiunque tu sia, soffermati un momento e pensa: cosa sono io? Cosa ne sto facendo del mio mediocre e breve vivere?
La risposta, a parer mio, è una sola: nulla. Dopotutto, l’uomo è la causa e la soluzione dei suoi stessi problemi.
Noto che, col tempo, perdo il mio tocco, la mia capacità di saper esprimere quella fiumana di pensieri notturni malinconica, negativa, pessimista che la mia notte sovrasta, immensa e vellutata, davanti al mio mediocre essere.
Saluti a voi.

Lettera pubblicata il 16 Gennaio 2014. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    Angwhy -

    L’unico scopo di ogni essere vivente è riprodursi tutto il resto sono cose inutili che non portano da nessuna parte visto il destino che ci accomuna

  2. 2
    Ets -

    Lettere interessante la tua che può essere anche condivisibile.
    Resta infatti un grande mistero capire il perchè delle nostre azioni; ci affanniamo, studiamo, lavoriamo, soffriamo per cosa? Per poi andare verso una unica direzione ineludibile che è appunto il nulla, intesa anche come morte.
    Qual’è lo scopo? Qual’è il fine? Nessuno lo sa.
    Perchè viviamo? E’ la vita parte di un qualcosa più grande ovvero è solo un effetto collaterale, casuale, del big bang?

    Nessuno lo sa, ma come diceva il mio professore di biologia delle superiori, “studiare non serve a molto dato che dobbiamo comunque morire, ma dato che viviamo e non l’abbiamo scelto, lo studio ci può aiutare a vivere nel migliore dei modi”

    un saluto 🙂

  3. 3
    Mark -

    Non perderai mai quel tocco. Sarà sempre lì, ad aspettarti. Verrà di notte, in quella parte più o meno inconscia del tuo essere, dei tuoi ricordi, delle tue esperienze. E si presenterà quando ne avrai bisogno, o forse, solo per puro caso. Poiché il caso è l’unica spiegazione sensata da poter attribuire al nulla che ci circonda. Ma sono parole, e prendono il tempo che uno vuol loro dedicare. Niente di più. Non c’è un senso forse. Non c’è un forse, forse. Perché, noi siamo le esperienze che viviamo e nient’altro, vista da quest’angolo de mondo, con occhi verdi. Simile alle onde che s’infrangono sugli scogli, la nostra vita è un percorso che porta tutti ad un’unica fine.
    L’illusione che ci avvolge si fa stretta tra la routine del vivere e le regole che noi stessi c’imponiamo. Regole nate per non soffermarci troppo sui quesiti della vita. Regole utili a non impazzire. A non raggiungere la riva prima del tempo. A seguire quella sinusoide del tempo che ci compone. Un tempo per i più insufficiente ad abituarsi all’idea della fine. Perché ad ogni modo, tu, essenza del ragionamento, sceglierai più facilmente, di sopravvivere. Che tu sia l’apice dell’evoluzione, od un altro mediocre pezzo della società. La tua scelta è già fatta. E sarebbe ben difficile deviarla. Che si dica quel che si dica. Sono solo parole. E che ci debba essere un motivo è una nostra scelta, un nostro dubbio, e per questo, forse non esiste. Nulla esiste. E a niente servono i dizionari che noi ci creiamo intorno. Poiché tutto è nostra invenzione. Ed il tutto è nulla. Noi, non sappiamo nulla. E forse questo è tutto ciò che dovremmo sapere. Vivere per vivere. Emozionandoci per le parole. Scegliendo il senso delle stesse. Architettando il mondo, secondo le forme che ci rendono sicuri. Privi di dubbi. E ci pongono a milioni di anni dalla verità. Oppure, così vicini da vederla, solo nell’oscurità della notte.

    Grazie e salute a te, a voi.

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