Gentile direttore, ho sempre considerato la guerra una enorme follia, ma vorrei spiegare il perché di questa mia radicata motivazione.
In qualsiasi guerra, che sia ad alta o bassa intensità, che sia mondiale o localizzata, c’è un qualcosa di molto profondo che accumuna e rende fratelli due schieramenti che si fronteggiano: la sofferenza che i genitori, le mogli i figli, i fratelli provano nel veder partire il proprio caro vivo e vederselo restituire morto. Un dolore immenso, distruttivo, terribile … per un genitore, per un figlio, per una moglie che importanza può avere se il corpo sul quale stà piangendo era di un attaccante o di un difensore? Quel figlio non avrà il padre, quella moglie che se ne fa di una lapide?, quel genitore cosa se ne fa dei ricordi? Queste persone che piangono e si disperano sono le stesse di qua e di là del confine, non vi sono differenze o superlativi riferibili all’una o all’altra parte.
Non stò dando un giudizio sulla guerra o sulle motivazioni, diverse, che vi sono tra chi attacca e chi difende; stò soffrendo perché ancora non capiamo che il dolore ce lo procuriamo noi stessi per un pezzo di terra, per un po’ di petrolio o di diamanti, per tutte quelle cose che mai potremo portarci nella tomba quando sarà giunto il momento.
Stiamo percorrendo la strada in senso inverso. Non dobbiamo allontanare “l’altro”, tenerlo ben distante, mettendo tra noi e “lui” chilometri di terra vuota, ma dovremmo chiamarlo vicino a noi, condividere ciò che noi e “l’altro” abbiamo; dovremmo cercare una vita nuova, dove avere coscienza che i sentimenti sono e devono essere temporanei per lasciare spazio all’unica cosa che varrebbe la pena coltivare: l’amore.
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Categorie: - Riflessioni
Si vis pacem, para bellum.
Concordo da un lato con Zamaran: l’unica pace che realmente funziona è quella armata. Se non altro a scopo preventivo-difensivo, perché se non sei abbastanza armato gli squali arrivano in pochi secondi…
Però concordo anche con l’autore della lettera. Al di là delle giuste e condivisibili considerazioni, ne aggiungerei un’altra: che senso ha farsi ammazzare per nulla? Mi spiego meglio: nella guerra del 15-18 gli austriaci erano amici, poi nemici, per poi ritornare amici nella guerra successiva. E tutti i poveracci morti in trincea, sul Piave, o sul Grappa? A parte le considerazioni sulla “voltagabbanaggine italiana”, che senso hanno avuto le loro morti? Respingere un invasore (ex alleato) che nel giro di qualche anno è tornato ad essere un alleato?
La guerra è una follia. E’ vero. Diciamo che la guerra non può scoppiare, perché non conviene. Ma il nostro ragionamento è sbagliato, perché è razionale. La guerra scoppia lo stesso, perché è follia.
La guerra non la vuole nessuno e la fanno tutti. E’ folle.
E’ folle doversi fare ammazzare perché lo ha deciso un superiore gerarchico.
E’ folle mandare al macello delle persone, per poi rendere onore al loro cadavere.
Ma succede, perché l’uomo è folle.