Buonasera.
Inizio col dire che ho 15 anni (16 ad agosto, ma non cambia granché), sono un essere di sesso femminile e quindi, se vi va, potete pure saltare a piè pari questa lettera, reputandola la solita sbrodolata paranoico-adolescenziale. Non nego che di paranoico e di adolescenziale ci sia effettivamente tanto, ma credo che la disposizione di spirito di chiunque risulterebbe a novanta, in questo frangente.
Il declino è iniziato il 10 agosto del 2012, ma io non lo sapevo.
Dico “declino” perché prima di allora, pur subendo ancora gli effetti di una precedente cotta (mi tocca chiarire un dettaglio: mi piacerebbe molto essere una di quelle ragazzine annoiate che, da un giorno all’altro, decidono che sono omosessuali/bisessuali/chipiùnehapiùnemetta. Sono annoiata, sì. Ma irrispettosa verso una data categoria di persone perché mi annoio, no. Inzòmma, non mi posso definire etero. E tutto posso dire, meno che l’abbia scelto.) ero ancora in qualche misura autonoma.
Quando io mi “innamoro” (virgolettato dovuto all’età, non mi sento di giocare col fuoco), l’oggetto del mio “desiderio” inizia una vera e propria manovra di invasione dei miei pensieri, nei casi peggiori anche di quello che mi diverto a chiamare “anima”, e di solito non lo sospetta nemmeno. Non posso neanche dire che sia il pensiero che al mattino mi sveglia e quello con cui mi addormento, perché non lo distinguo neanche più come pensiero autonomo, quello di lei. Diventa il mio specchio e quello che ci vedo attraverso. Mi è entrato dentro, e da dentro si diverte a fare il gerarca nazista su tutti gli altri. Anche ora ho l’impressione che legga quello che scrivo, da dentro la mia testa.
Questo è proprio uno dei casi peggiori, anzi, è il peggiore.
Se state ancora leggendo, questo è il momento buono per smettere: il tutto è avvenuto in un meraviglioso e ovattato mondo di fibre ottiche, pixel e briciole incastrate nella tastiera. Esattamente. Sto parlando di una “storia” virtuale.
Agghiacciante? Abbastanza. The best is yet to come.
Allora si militava ancora, piuttosto anacronisticamente a dire la verità, su Netlog. Se non avete idea di cosa sia, meglio per voi. Si tratta, in sostanza, del sosciol netuorc venuto prima di Facebook.
Non lo usavo a scopo serio, mi dicevo.
Solo sfottere a regola la quantità immane di maniaci sessuali e sfigati in generale lì presente.
Poi mi imbatto in un profilo tra il bislacco e l’interessante. Il suo.
Io: esemplare di disagiata tendente al finto alternativo, grafica nera, blog insulso al punto giusto, nickname idem.
Lei: magnifico esemplare di disagiata in premestruo perenne, grafica neutra, blog scarno ma non male, nickname inneggiante al nazismo grammaticale.
Io con tre anni meno di lei ma, come dicono, fottesega. Non le scrivo niente perché so che verrei come minimo coperta di secchiate di letame virtuale, da una così.
Epperò, posso dire che allora ne ero curiosamente attratta.
Poi arriva il giorno sopracitato (che sicuramente s’è dimenticata) e mi ritrovo con un suo messaggio privato. E da qui inizia una serie di sfortunati e pixellosi eventi.
Come succede in questi casi, si scopre di essere, almeno all’apparenza, molto simili. La frequenza con cui ci si scrive aumenta esponenzialmente; poi, lo scambio dei numeri. Io, per me, ero già cotta come una pera dopo il primo mese. Lei, solo dopo aver realizzato che non ero un uomo adulto che si fingeva una ragazzina. (Ognuno ha i complimenti che si merita, eh.)
Una di quelle che si aprono completamente in queste situazioni, certo. Io, però, per quanto presa, ero piuttosto restìa a condividere la mia interiorità (mi rendo conto di quanto suoni male quest’espressione, ma niente di splatter), e credo che sia da imputare a problemi di autostima e timidezza con cui non sto ad ammorbarvi più di tanto.
Poi, io divento gelosa, ma guai a farlo trapelare. Lo divento perché lei non è me. Ce li ha, gli amici, virtuali e non. E mi parla apertamente, un bel giorno, di come nutra forti sentimenti verso uno di quelli virtuali.
La quantità di bile che ingoiavo in quel periodo sarebbe inimmaginabile per qualunque medico greco.
Inizio a vedere ( e ancora non ho smesso) tutti i suoi amici come potenziali… Avete capito. Ma non dico niente, tutt’al più rosico un po’.Anche se noto che con i “ti amo” si spreca anche troppo.
E arriva, naturalmente, anche quello che avevo segretamente temuto. Il versante “sesso” resta piuttosto impervio, per me. A me non va di fare niente perché non credo in quello virtuale (mentre invece i suoi amici ci credono, eccome) e perché mi vergogno. Alla fine mi becco della “fi.. di legno” e la cosa finisce lì.
È sempre lei a scrivere per prima: io ho paura di infastidire, di capitare nel momento sbagliato. Timore, non discrezione.
Io ho qualche scenata isterica. Cerco più di una volta di interrompere definitivamente il rapporto, senza riuscirci (perché lei “non ce la faceva”, ma in realtà non ce la facevo neanch’io. La sensazione di “non finito”mi rimaneva, mi rimane ancora.). Qualche mese dopo il primo anno che ci si conosceva, per sua iniziativa, iniziativa che a me piace, si intraprende un rapporto epistolare, ovviamente via mail.
In seguito a una cosa abbastanza pesante che mi rivela, io sento di non farcela e mi eclisso. In tre mesi, però, mi rendo conto che non riesco. La sensazione di non finito si fa sempre meno sommessa e, inutile dirlo, la penso sempre di più. Non riesco ad andare avanti. (Io stessa mi stupisco di questi luoghi comuni. Nessuno ne è immune, pare.). Una sera di marzo, sera in cui sono ridotta più o meno a una larva umana, le scrivo ammettendo tutte (o così mi pare) le mie colpe passate, presenti e future. La corrispondenza via mail riprende, per interrompersi a maggio. Stavolta s’eclissa lei, senza spiegazione alcuna. Io aspetto di ridurmi nuovamente a una larva umana e le riscrivo (e non vorrei) tre righe. Lei mi spiega che non c’entro e mi fa garbatamente capire che di mie lettere non ne vuol più sapere. Io so anche il perché, dato che mi aveva spiegato che, nei tre mesi in cui speravo di potermi fare una ragione del fatto che era finita, si era messa (è così che si può dire, credo) con uno dei suoi amici, un delizioso cinquantenne virtuale.
Io mi fingo disamorata, quando ci si scrive ancora.
Non chiedetemi di smettere, io non ce la faccio.
Adesso, dunque, la lei-gerarca nazista si porta dietro anche lui. Svegliarsi così e andare a letto così è qualcosa che non mi sento di augurare a nessuno.
So di non sapere cosa faccia veramente male.
So di non poterlo sapere.
So che sono cazzate, rispetto a cosa fa male davvero.
Ma cosa fa male davvero?
Questo è quanto di più vicino conosca.
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Categorie: - Amore e relazioni - Me stesso
Intervengo soltanto per dirti: 1. Quando ho letto che sei un adolescente non ho pensato minimamente a saltare la lettera, al contrario sono sempre interessato ai giovani, per motivi professionali, perché ho figli e perché anch’io ho voglia di crescere. 2. La tua lettera dimostra sensibilità ed intelligenza, e non credere che certe sensazioni non siano proprie anche degli adulti. 3. Se posso permettermi, cerca di vivere serenamente certe esperienze e considera che la mente e l’animo umano sono sempre in movimento e finché ci tormentano vuol dire che siamo vivi.
Ad altri lascio considerazioni piu’ specifiche. Complimenti e coraggio.
Un abbraccio…virtuale.
secondo me sei una piccola narcisista innamorata della propria scrittura e del sentirsi “diversa” dalla massa
credo anche che il tuo cervello si sia inventato una storia bellissima in cui hai idealizzato e concretizzato quello che era ed è semplicemente un rapporto virtuale dedito ad accupare e riempiere gli spazi di vuoto che la tua vita reale di costringe ad avere.
Il sesso è semplicemente l’ultimo passo, la mente viaggia a 1000 ed è facile, nel buio della propria camera, provare interesse per quello che magari nella realtà allontaniamo tranquillamente.
Credo anche che alla tua età ti sia ficcata in un tunnel che proprio non ti si addice.
Con un bel click chiudi internet, riprendi in mano la realtà e tuffatici dentro con tutta la forza che hai.. ritrova te stessa, ritrova quella sottovalutata normalità, che aspetta solo te.
Che bella lettera. Complimenti per la meravigliosa descrizione dell’innamoramento. A tutte le età (io ho più del doppio dei tuoi anni) ci si sente così quando ci si innamora.
Detto ciò, ti dico anche io di prenderla più alla leggera. Un periodo di tormento ci sta, ma poi guardati intorno e apprezza quello che la vita può dare. Vale a tutte le età ma soprattutto alla tua. E continua a guardare il mondo e l’animo umano con questi stessi occhi perspicaci 😉
E per quella tua ultima frase “so di non sapere cosa fa male”, permettimi di citarti un verso del cantautore Neil Young (ma tu sei troppo giovane…)
Though my problems are meaningless, that don’t make them go away.
Magari in ritardo, comunque grazie a tutti, anche per lavate di capo varie.