Ciao a tutti.
Stasera, a seguito di due episodi che mi sono capitati a distanza di poco tempo vorrei parlare di persone frustrate che incapaci di superare i loro problemi, li scaricano sugli altri.
È successo con la mia insegnante di danza un mese fa circa, è successo stamattina con un collega di rango superiore al mio… ma sempre per delle banalità. E la causa scatenante del litigio è stata in entrambi i casi un’ amenità.
Questa amenità però, fatta senza nessuna intenzione di offendere nessuno, viene interpretata come una denigrazione da parte di queste persone. Prendo il caso di stamattina che è più fresco.
Ho dovuto chiamare un collega per un chiarimento su una domanda che mi aveva fatto il giorno prima su un documento, ma il chiarimento che gli ho dato è stato subito interrotto perché ha cominciato subito con il sostenere che non avevo capito affatto il problema che mi aveva esposto il giorno prima.
Memore di ciò che mi aveva detto il giorno prima e della nuova versione data oggi gli ho fatto semplicemente notare che certe cose il giorno prima non me le aveva dette… lo avessi mai fatto.
Mi aspettavo una di quelle fresi che un po’ tutti diciamo quando siamo in dubbio se avere detto o non detto una cosa del tipo “sai, forse hai interpretato male o mi son spiegato male io”. No.
La prima frase è stata “ma non hai capito niente allora” continuato poi con “il tuo tono nei miei confronti è polemico” sfociato in “la polemica da te non la accetto” finito in “credevo fossi una persona diversa sei gretta, misera e una grandissima stronza”.
A volte mi domando se la carriera e il successo di una persona possa montare la testa a tal punto da avere un lasciapassare a trattare tutti di m… Ho già la conferma che non per tutti è così. Ci sono dirigenti e maestri che conservano l’umiltà nel trattare con le altre persone.
Lo è solo per le persone frustrate, le persone che non sono mai contente di quello che hanno, che cercano sempre di più, che se non raggiungono un obbiettivo non si concentrano sull’ “aspetta, ma io sono così perfetto come credo? forse ho sbagliato in qualcosa”… no, loro si crogiolano nel vittimismo, guardano gli altri che sono arrivati (e loro no) , che sono contenti, che sono sereni. E gli rovinano la giornata senza un motivo. In nome dei loro insuccessi.
Io dico solo che offendendo chi non si può difendere ci si fa schifo da soli, che ogni maestro dovrebbe tornare allievo quando si prendeva ancora parole da tutti perché non sapeva, perché doveva imparare: il fatto di aver raggiunto un obbiettivo, una posizione non ti eleva sugli altri, non significa di aver imparato tutto. Non significa perdere il contatto con gli altri, inimicarsi la gente. Perché poi da soli si lavora il doppio, si lavora male e la frustrazione aumenta. Ne vale la pena, scaricare cattiveria sugli altri?
Perché non lavorare invece sul cambiare la propria situazione, migliorarsi, fare qualcosa che ci piace di più… chiedere aiuto a qualcuno per stare meglio con se stessi e con gli altri? Perché non domandarsi se la colpa degli insuccessi magari è anche un po’ nostra? Perché invece di usare un minimo di diplomazia si deve interpretare tutto on malizia e partire all’attacco senza motivo (grave, almeno) ?
Forse questo argomento sembrerà banale e scontato, mi è servito da sfogo, ma se qualcuno vuole raccontare esperienze simili con persone frustrate che non hanno di meglio da fare che vomitare cattiverie in giro… saranno ben accetti.
Ciao e grazie.
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Categorie: - Lavoro - Riflessioni
non è una questione da poco invece. si può traslare in qualsiasi ambito. dal lavorativo, all’affettivo ecc…
perchè è più facile prendersela con gli altri, sennò ci si troverebbe davanti alle proprie avvilenti nudità, troppo spiazzanti per essere sostenbili.
io, come sempre, mi soffermo sull’ambito affettivo, che poi è quello che da sempre mi colpisce veramente, perchè sul lavoro le frustrazioni altrui le guardo con distacco, e so rispondervi anche aggressivamente, oppure con menefreghismo, mentre in amicizia, le prendo sul serio e cerco di pormi in maniera positiva, magari ragionando con chi ho di fronte… perchè penso che capire le questioni degli altri apra anche porte immense sulle ns.
affettivamente invece resto ancora abbastanza stranito da come certe persone agiscano con quell’ansia di “mettersi apposto”, girando da un rapporto all’altro per non fermarsi. è qui che allora mi dico seriamente: “Perché non lavorare invece sul cambiare la propria situazione, migliorarsi, fare qualcosa che ci piace di più… chiedere aiuto a qualcuno per stare meglio con se stessi e con gli altri?”.
lavori concreti e non palliativi. dalla donna/uomo nuovo dopo una settimana dall’ultima storia, allo scaricare sugli altri il proprio malessere sperando che gli altri lo risolvano.
però sai cosa serve? umiltà, cosa che in giro è merce rara e che pure io ammetto di dimenticare ogni tanto sul comodino.
Grazie Spectre della tua risposta
Sai qualè è la cosa più deprimente che si ricontra in queste situazioni? è questa…e che fa più male forse.
Che queste persone hanno inizialmente un atteggiamento bonario, quasi amichevole, oserei dire anche “affettuoso” nei tuoi confronti tanto da farti credere ( e forse è questo l’errore madornale che si fa ) che possano accettare anche una critica, fatta con educazione e il tatto dovuti.
Invece no…all’improvviso, alla prima tua timida alzata di testa, parte la levata di scudi, l’attacco, cade la maschera di bontà viene fuori la vera natura della persona. Che, guarda caso ti attribuisce tutti i difetti che lui ha, rigirando la frittata e facendoti magari passare dalla parte del torto.
Minacciando di chiamare, questo e quello, per “farti capire come si deve stare al proprio posto” (parole testuali)
In sostanza: come cane da compagnia , come collega, come dipendente, gli stai bene finchè te ne stai a cuccia, e se gli scodinzoli anche dopo che ti hanno pestato la coda. Non appena cominci ad abbaiare, anche se hai le tue ragioni, ti portano al canile per farti sopprimere.
Non accettano critiche costruttive. Forse l’errore è non riuscire a vedere la maschera che portano. La portano così bene…e tu non sei preparato.
Forse con l’esperienza riuscirò a riconoscere qualche sintomo. Accetto volentieri consigli per “sgamare” queste persone.
Quello che riesco a fare, nel mio piccolo ruolo, al momento….è evitare che “questo e quello” credano a una versione distorta delle cose raccontata da questo essere.
Ma con grande sollievo, sia nel caso dell’insegnante di danza, sia nel caso di questo Napoleone dell’ufficio X,ho scoperto di non essere stata ne la prima ne l’ultima ad essere trattata così.
E questo è consolante, perchè allora si ha la conferma che le minacce son aria fritta. Meglio così.
In fondo “questo e quello” mi conoscono. E conoscono pure l’altro. Basterebbe questo per tranquillizzarsi. Ma è bene tutelarsi dalle iene.
credo che poi si tratti anche della differenza tra l’essere “autoritari” e “autorevoli” sostanzialmente. io ne ebbi una dimostrazione lampante qualche tempo, e sinceramente la cosa mi scivolò addosso come fossi coperto di grasso di foca, perchè quella persona che s’impose con me sul lavoro lo fece soltanto usando il proprio ruolo EVIDENTEMENTE di supremazia, che però io nn gli riconoscevo dentro di me, per cui fu anche ridicolo vedere una certa presa di posizione da una persona che mentre l’assume fa ridere tutti quanti…
Hai ragione Spectre, in genere chi ha un potere di qualsiasi tipo ma pienamente meritato e condiviso, che mantiene comunque un buon rapporto sia coi “santi” che coi “fanti”…riesce a comandare e farsi obbedire anche con i perfavore e i grazie…riesce come dici tu a essere autorevole.
L’autoritario è il tipico “lei non sa chi sono io”…si, come no, ci mancherebbe: lo sanno tutti chi è…ma vedi caso non viene cagato da nessuno.