Lo apprendo dai giornali, oltre a constatarlo. E nasce il dubbio che questo, come altri comportamenti anomali dei magistrati, in qualche misura siano, se non indotti, almeno “agevolati” dal rilievo dato dalla stampa alle persone; e da ciò: foto, interviste, opinioni a ruota libera. Ma i giudici dovrebbero “parlare” con i loro provvedimenti, ed il plauso o la critica a questi atti, dovrebbero essere e restare del tutto anonimi (come mi sembra sia, o almeno era, in Inghilterra). Qualsiasi persona anonima, se finisce in prima pagina, ha un brivido e modifica i propri comportamenti: ciò, se si tratt di giudici, non é mai nell’interesse della giustizia. E la modificazione é quasi sempre nel senso di voler provare di nuovo quel brivido, per tornare (come si dice) “visibili” dopo tanto anonimato. Questa é informazione? non mi pare: ai cittadini sapere se l’atto giudiziario é scritto d Tizio o da Caio, non interessa affatto, e l’attenzione dovrebbe essere centrata al contenuto di quell’atto (posto che chi scrive sia in grado di capirlo). Spesso é proprio la stampa, abbastanza artificialmente, a creare il “personaggio” ed il conseguente interesse intorno a lui. Mi sembra proprio il caso della dott. Forleo: se la stampa avesse riportato l’atto giudiziario che distingueva “combattente” da “terrorista”, senza menzionarne l’autrice, forse non ci sarebbe stato il successivo intervento della dott.ssa nel corso della esecuzione di un arresto; ed se questo intervento fosse stato riferito dalla stampa senza nomimare l’autrice, quasi certamente nella richiesta al Parlamento di utilizzare le intercettzione dei politici, non sarebbe stata utilizzata la paroletta (non solo superflua e provocatoria, ma anche giuridicamente errata) “complici”, e poi, a seguito dei rilievi del Capo dello Stato nella sede istituzionale, non sarebbe seguita ( con tanto di nome e fotografia) la polemica affermazione di indipendenza. E staremmo tutti più tranquilli, con questo solleone.
Ma é davvero impossibile per legge impedire la personalizzazione degli atti giudiziari e sanzionare disciplinarmente il comportamento del giudice che si allontana dalla elementare regola del più assoluto riserbo? la libertà non é mai assoluta di un solo soggetto, ma é sempre la risultante di un sistema di equilibri: vi é la libertà del giudice che é soggetto solo alla legge, ma vi é poi la libertà individuale (di per sé bene supremo), di ciascun individuo di non vedersi “giudicato” se non nelle forme previste dal diritto; la libertà di informazione é anch’essa bene supremo, ma il suo esercizio presuppone un grande rigore morale: la personalizzazione della attività giudiziaria a fini scandalistici (lo scoop), il sensazionalismo, creano un interesse fittizio e nascondono le cose veramente essenziali, avviliscono una attività molto complessa e svolta tra immense e spesso insuperabili difficoltà. E la libertà di espressione, che certamente hanno in linea generale anche i giudici, non li riguarda non solo nell’esercizio delle loro funzioni (i giudici debbono esprimersi nelle forme del diritto), ma anche “in occasione” di tale esercizio.
Penso che una legge che imponesse la spersonalizzazione dell’attività giudiziaria e che sanzionasse disciplinarmente la mancanza di riserbo da parte dei magistrati, avrebbe un largo consenso nel Parlamento e supererebbe lo scrutinio della Corte Costituzionale. La ringrazio S.G.
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