10 febbraio – Nel silenzio assordante della memoria, riecheggia l’eco di un dolore lacerante: quello delle foibe. A settant’anni di distanza, le profonde cavità carsiche rimangono un tragico simbolo delle atrocità avvenute al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Un capitolo oscuro della storia italiana. Tra il 1943 e il 1945, migliaia di italiani – militari, civili, oppositori politici – furono trucidati dai partigiani jugoslavi e gettati nelle foibe, inghiottitoi carsici tipici della Venezia Giulia e dell’Istria. Un’epurazione cruenta, motivata da odio ideologico e sete di vendetta, che ha segnato per sempre la memoria collettiva di queste terre.
Stime incerte e dolore immenso. Il numero preciso delle vittime rimane un mistero, con stime che variano da 3.000 a 5.000 fino ad arrivare a 11.000. Una ferita profonda che ha lacerato famiglie e comunità, lasciando un’eredità di dolore e trauma che ancora oggi si fa sentire.
Un lungo percorso verso la memoria. Per decenni, la tragedia delle foibe è stata relegata ai margini della storia ufficiale, avvolta in un silenzio assordante. Solo negli ultimi anni, grazie all’impegno di storici, associazioni e cittadini, si è avviato un percorso di riconoscimento e memoria.
Il Giorno del Ricordo. Nel 2004, la legge n. 92 ha istituito il 10 febbraio come “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Un momento di raccoglimento e riflessione, per non dimenticare le atrocità subite e per dare dignità alle vittime e alle loro famiglie.
Un impegno per il futuro. La memoria delle foibe non è solo un atto di pietà verso il passato, ma un impegno per il futuro. È un monito contro ogni forma di violenza e intolleranza, un invito a coltivare la pace e il rispetto per le diversità.
Perché ricordare è importante. Le foibe ci insegnano che la Storia non è mai solo un passato remoto, ma un insegnamento per il presente e per il futuro. Solo comprendendo le radici del male, possiamo costruire una società più giusta e pacifica.
Non dimentichiamo. Le foibe rimangono una ferita profonda nella memoria collettiva italiana. Una ferita che non può essere cancellata, ma che deve essere curata con il balsamo della memoria e della consapevolezza. Perché ricordare è un dovere verso le vittime, un impegno per il futuro, un passo fondamentale verso la costruzione di una società più giusta e pacifica.
Marco Morandi
Vobarno
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Categorie: - Riflessioni
una pagina della storia cancellata dal nostro paese per convenienza.
un intera classe dirigente ha coperto questo orrore per troppi anni.
Mia madre e’ istriana di Porec e mio nonno montenegrino di un villaggio delle montagne impervie. Loro mi hanno detto che i partigiani titini non hanno solo ucciso italiani, ma anche religiosi croati, cetnici serbi, ustasa e tutti quelli che non credevano nel comunismo. Loro anche non hanno mai appoggiato gli eccidi delle foibe. Mia madre a Roma subiva razzismo e veniva associata ai partigiani titini, spesso anche io. La nonna del mio ex di Roma mi maltrattava perche mi associava ai partigiani titini e mi chiamava slava bastarda. Qui in Inghilterra molti non sono a conoscenza degli eccidi delle foibe. Le mie colleghe inglesi (una e’ mezza italiana, l’altra mezza iraniana) laureate rispettivamente in Sociologia, Filosofia, Giurisprudenza e Scienze motorie non sapevano nulla di tutto questo evento storico nefasto. Ho dovuto spiegare io. Non sapevano chi era Tito. Mio padre dice che i comunisti de noantri italici hanno cancellato questo capitolo di storia.