Egregio direttore, mi chiedo fin quando si può giustificare il vecchio andante secondo cui lo show deve sempre andare avanti, me lo chiedo soprattutto assistendo alla stucchevole vicenda relativa al criminale Vallanzasca di cui in questi giorni viene reclamizzato, con utili polemiche, il film sulla sua vita. Anche il parallelo con il criminale francese, utilizzato per giustificare il film, appare debole non fosse altro per il fatto che lo stesso è morto nel 1979 mentre il nostro “eroe” è vivo e vegeto ed ovviamente trae notevoli vantaggi da questa vicenda; deboli risultano anche le parole dello stesso bel Renè, quando si trova ad invitare i giovani nel non imitarlo, poiché la sua carriera è stata improntata solo ad ottenere profitti attraverso il crimine ben sapendo che oggi le uniche dichiarazioni fattibili, utili a dargli risalto e quindi pubblicità, sono queste visto che non potrebbe certo dire il contrario.
Come uso nella nostra italietta un omicida pluriergastolano viene elevato a mito vivente da un establishment il cui unico interesse è quello di monetizzare ad ogni costo passando, come un caterpillar, sulla dignità di tutti coloro che dalle gesta di questo personaggio in un recente passato hanno tratto dolore e gravi perdite; ovviamente non essendo ancora in visione il film non è discutibile ma quello che veramente non và è il concetto che un criminale in vita debba oggi andare sotto i riflettori ed incarnato da un attore dal carisma di Kim Rossi Stewart che non potrà che aumentarne la misticità.
Certo anche le parole di Placido, dette al TG, fanno molto riflettere visto che quasi giustifica Vallanzasca nell’omicidio di ben sette poliziotti, gli ultimi due uccisi vigliaccamente ad un posto di controllo, come se si fosse trattato di uno scontro tra bande; credo che Placido dovrebbe evitare di pararsi dietro il fatto di essere stato un poliziotto atteso che, chi fa quell’esperienza ben sa che nessun appartenente riuscirà mai a giustificare l’uccisione di un collega, figuriamoci di sette, quindi la sua esperienza nella Polizia deve sicuramente essere stata forzosa, o quanto meno mal sopportata.
Certo le colpe maggiori vanno additate sempre e comunque al sistema legislativo, varato dalla nostra beneamata politica, che consente ad una persona condannata definitivamente a quattro ergastoli e svariati anni di carcere possa ritornare libero dopo nemmeno dieci anni dall’ultimo reato commesso; una fretta nel voler riabilitare le persone che, come sempre, non ha considerazione delle vittime del reo le quali si trovano nella condizione di dover vedere un criminale far soldi grazie al fatto di aver violato per decenni tutte le leggi possibili con la beffa di vederlo libero a goderseli quei soldi; con la beffa di vedersi maltrattati sol perché si lamentano.
Credo che nessuno avrebbe ancora sentito la mancanza di un film su questo criminale poiché l’efferatezza dei reati commessi sono recenti e particolarmente cruenti, infatti lo stesso è stato condannato per aver tagliato la testa, giocandoci poi a calci, ad un suo compagno sol perché aveva deciso di abbandonare la carriera criminale.
Ovviamente l’arguzia dello stesso è stata dimostrata all’indomani della definizione di molte pene che lo hanno convinto a starsene qualche annetto buono buono, scrivendo le sue memorie, per poi ottenere tanti benefici senza peraltro mostrare un minimo di pentimento e senza nemmeno indirizzare un pensiero alle vittime della sua efferatezza; una condotta che la dice lunga sulla debolezza della nostra democrazia che protegge i delinquenti dimenticando le vittime.
Questa vicenda è sintomatica della deriva verso cui da sempre va la nostra Italia una deriva dove al primo posto vengono messi i delinquenti che ricevono le visite dei parlamentari che hanno una marea di leggi a favore mentre di contraltare chi subisce il reato è spesso abbandonato a se stesso e talvolta sbeffeggiato come nel caso de qua.
Certo la politica giudiziaria italiana non mostra cenni di inversione tutti orientati a far varare al più presto il processo breve, la legge sulle intercettazioni ed altri arzigogoli necessari acchè il reo di turno la possa fare franca, mentre per le vittime ed i loro familiari solo l’oblio e lo sconforto.
Antonio Giovanni Palermo
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