rossana cerca sempre di mettere zizzania per il gusto di farlo.
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Golem – 18 febbraio 2016 14:43
Non zizzania MG. Loglio. Fa figo.
—
non capisco perché debba essere considerato zizzania o loglio un parere diverso dal vostro, né perché debba essere puntualizzata più che spesso la mia scelta di una parola anziché di un’altra…
tanto per cambiare, proprio non potete fare a meno di commentare su di ME, mentre io non ricordo nemmeno cosa avete scritto su qualsiasi tema.
dev’essere per voi importante perseverare in un atteggiamento ossessivo e denigratorio nei miei confronti, nell’intento di alimentare la sensazione di mantenere il controllo!
Ma questo post di Shevardnadze parlava di chiacchiere amichevoli, non di discussioni circa certe specie vegetali infestanti. Riportiamo perciò il post in carreggiata, se no mi vengono due grossi logli così: ditemi qual è per voi il miglior yogurt in commercio (vasetto da 125g). Dal mio Nick capite bene che sono un appassionato…
Bene. Avanti il prossimo, coraggio. Tu Sofia che yogurt preferisci? Chi ha tempo per favore mi spieghi se la zizzania si chiama così perché chi la sparge ha, solitamente, le zizze. La mia è solo un ipotesi, non riesco a recuperare l’etimologia del termine.
Ciao mio bellissimo yog!
Io amo tutti gli yogurt tutti i gusti…tranne mirtilli e more che li detesto…in genere li prendo di ogni marca… La tua preferita sarà yomo? Giusto? La mia in assoluto è Muller.. “Fate l’amore con il sapore” …gusti cigliegia…fragola….nocciola…crema chantyli’…tu yog hai mai provato a fare sesso con lo yogurt?
Cioè scusa non capire male!!
Non sesso con il vasetto he!!
Ma spalmarlo sul corpo della tua ragazza… E poi leccarlo con la lingua….sul collo….seno…fianchi…e poi andare giù….
È molto bello…!
Mi hanno fatto provare quello alla nocciola…poi abbiamo messo anche la panna…bello…fai proprio sesso con il sapore!!!
E infatti erano proprio i Muller!!!
Dai ragazzi non fatemi parlare di yogurt che divento erotica!
Golem prova anche te!
É una storia lontana quella della zizzania. Nasce tutto nelle assolate pianure pugliesi della Capitanata, dove d’estate le temperature superano facilmente i trenta gradi a Londra, mentre lí i quaranta ma ben portati.
Molti secoli fa, una famigliola di contadini che viveva isolata al limitar dei monti Dauni, non l’ontano, ma prossimi all’olmo del colle che guarda la ridente cittadina di tro...
Viveva dei poveri frutti della terra, composta dal padre, il vecchio Pietro, “Pi’tr”, in dialetto; la madre Filomena, “F’lmen”, la sorella nubile di questa, la procace zia Giovanna, “zi Z’vann”, e il giovane e aitante figlio di Pi’tr e F’lmen’, “Criù “, contrazione ipocoristica di Crocifisso.
La vita si svolgeva secondo i ritmi della natura, interrotta dai frugali pasti che l’arida terra poteva offrire, regolata dal lavoro continuo dall’alba al tramonto. Solo la raccolta delle olive, verso la fine di novembre e la successiva molitura delle stesse in un piccolo trappeto domestico, forniva quel poco di surplus grazie al buon olio d’oliva che riuscivano a produrre, unendo a turno le forze per muovere la pesante macina di pietra con la quale estraevano il prezioso liquido. Quattro ore a turno, due per volta
Si lavorava col fresco della notte per non rovinare la delicata consistenza del prodotto della spremitura.
Quella notte toccava a Giovanna e Crocifisso che, più giovani, potevano offrire la loro vigoria per svolgere il pesante compito, e così si accinsero a fare, mentre Pietro e Filomena si stendevano sui poveri giacigli per riposare le stanche membra, in attesa che giungesse il loro turno.
Trascorsa la breve notte, i due anziani si levarono con fatica e dopo aver consumato un pasto, che nel loro caso dev’essere sempre frugale, si mossero vero il trappeto che la luna era ancora alta nel cielo, facendosi strada con una lucerna ad olio.
Aprirono la porta di legno che cigolò come sempre nonostante il lubrificante per impedirlo non mancasse, e si avvicinarono alla stanza della molitura, meravigliandosi di non udire il solito suono della pietra che schiaccia le olive.
Udivano uno strano tramestio, intervallato da frasi smozzicate incomprensibili a molitori di olive com’erano loro. Suonavamo un pò come: “Puttn aggirt ca t mett ‘ncul”; “si momggir. Aprm ‘n ‘du nipò”.
Perplessi i due poveri vecchi sporsero le braccia che tenevano le lucerne all’interno della camera, e videro la macina ferma, immobile, e non una goccia d’olio nell’orcio che l’avrebbe dovuta contenere, mentre da un angolo ancora non illuminato dalle tenui luci delle lucerne, proseguiva quella strana litania sottovoce di frasi ansimanti e smozzicate: “Pigh’ , pigh’ ‘sta ciol, zoccl.”
Quando finalmente i due, con gli occhi sgranati, illuminarono l’angolo buio con le loro lucerne che creavano un drammatico chiaroscuro caravaggesco alla scena. Emerse la figura di Crocifisso che abusava delle terga di zia Giovanna, che appariva gradire il trattamento dal tono degli incomprensibili commenti >>>
>>> al trattamento che il vigoroso nipote le stava riservando.
“Criù, ci è ste fac’, curnut!! E l’oglio?!?!”, gridò Filomena.
“Ma, mo t’l ha dic’r : zi’ Z’vann è meggh t’ l’oglio, sient a me”, rispose il giovane con tono perentorio.
La vicenda boccaccesca si diffuse nel contado durante le feste per la trebbiatura, a causa di Crocifisso che in modo guascone non finiva di vantarsi con i coetanei della zona. E da quel momento, per quelle insondabili ragioni che a volte la Storia non sa spiegare, la “zi’zvann” divenne zizzania e si sostituì al loglio come termine, per dire che a volte è meglio parlare come si mangia, per far capire subito e bene come stanno le cose. Infatti “m’ so’ fatt’ zi Z’vanna” si capisce meglio che “ma, non c m vulev a fa l’oglio, ma a zi’ “.
Ormai immessa nel mondo del vernacolo in maniera cosi curiosa, la Zizzania si ritaglio un ruolo tra i “cattiivi” della Storia, aggregandosi con originalità – e con l’aiuto dei toponomasti empatici, che la aiutarono a trovare la sua strada – al gruppo tassonomico delle “graminacee nocive”, anche metaforicamente.
Oggi viene separata dal grano in quanto infestante, da esperti del settore “d’istinti”, cioé che distinguono d’istinto il grano dalla zizzania. Curiosamente questi esperti vengono chiamati “loglistici”.
La svolta per questa graminacea infestante è avvenuta negli anni ’80 del ventesimo secolo, quando la Monsanto ha depositato a suo nome i diritti legali del seme, ad uso dei coltivatori diretti e indiretti che volessero sabotare il campo dei vicini, anche quando questo fosse…santo*.
Tutto qui professor Yog.
*camposanto infatti (camp’sant) deriva dalla congiunzione contratta di “campo infestato dalla zizzania della Monsanto”)
Cavoli. Queste zie sono fonte di sorprese continue. Bisogna che io entri nell’ottica di rivalutare questo grado di parentela. È proprio vero che non si finisce mai di imparare.
Maria Grazia, Golem,
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maria grazia – 18 febbraio 2016 12:35
rossana cerca sempre di mettere zizzania per il gusto di farlo.
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Golem – 18 febbraio 2016 14:43
Non zizzania MG. Loglio. Fa figo.
—
non capisco perché debba essere considerato zizzania o loglio un parere diverso dal vostro, né perché debba essere puntualizzata più che spesso la mia scelta di una parola anziché di un’altra…
tanto per cambiare, proprio non potete fare a meno di commentare su di ME, mentre io non ricordo nemmeno cosa avete scritto su qualsiasi tema.
dev’essere per voi importante perseverare in un atteggiamento ossessivo e denigratorio nei miei confronti, nell’intento di alimentare la sensazione di mantenere il controllo!
certo rossana, certo!…
No. È perché a me piace di più loglio. Non l’avevo mai sentito prima.
Ma questo post di Shevardnadze parlava di chiacchiere amichevoli, non di discussioni circa certe specie vegetali infestanti. Riportiamo perciò il post in carreggiata, se no mi vengono due grossi logli così: ditemi qual è per voi il miglior yogurt in commercio (vasetto da 125g). Dal mio Nick capite bene che sono un appassionato…
Esselunga bianchi. I più semplici. Nient’altro che yogurt.
(Quelli bulgari sono i migliori in assoluto, ma non li ho mai visti in Italia)
Bene. Avanti il prossimo, coraggio. Tu Sofia che yogurt preferisci? Chi ha tempo per favore mi spieghi se la zizzania si chiama così perché chi la sparge ha, solitamente, le zizze. La mia è solo un ipotesi, non riesco a recuperare l’etimologia del termine.
Ciao mio bellissimo yog!
Io amo tutti gli yogurt tutti i gusti…tranne mirtilli e more che li detesto…in genere li prendo di ogni marca… La tua preferita sarà yomo? Giusto? La mia in assoluto è Muller.. “Fate l’amore con il sapore” …gusti cigliegia…fragola….nocciola…crema chantyli’…tu yog hai mai provato a fare sesso con lo yogurt?
Cioè scusa non capire male!!
Non sesso con il vasetto he!!
Ma spalmarlo sul corpo della tua ragazza… E poi leccarlo con la lingua….sul collo….seno…fianchi…e poi andare giù….
È molto bello…!
Mi hanno fatto provare quello alla nocciola…poi abbiamo messo anche la panna…bello…fai proprio sesso con il sapore!!!
E infatti erano proprio i Muller!!!
Dai ragazzi non fatemi parlare di yogurt che divento erotica!
Golem prova anche te!
Yog e a te ..che gusti ami?
Maria grazia pure te…ami gli yogurt??
É una storia lontana quella della zizzania. Nasce tutto nelle assolate pianure pugliesi della Capitanata, dove d’estate le temperature superano facilmente i trenta gradi a Londra, mentre lí i quaranta ma ben portati.
Molti secoli fa, una famigliola di contadini che viveva isolata al limitar dei monti Dauni, non l’ontano, ma prossimi all’olmo del colle che guarda la ridente cittadina di tro...
Viveva dei poveri frutti della terra, composta dal padre, il vecchio Pietro, “Pi’tr”, in dialetto; la madre Filomena, “F’lmen”, la sorella nubile di questa, la procace zia Giovanna, “zi Z’vann”, e il giovane e aitante figlio di Pi’tr e F’lmen’, “Criù “, contrazione ipocoristica di Crocifisso.
La vita si svolgeva secondo i ritmi della natura, interrotta dai frugali pasti che l’arida terra poteva offrire, regolata dal lavoro continuo dall’alba al tramonto. Solo la raccolta delle olive, verso la fine di novembre e la successiva molitura delle stesse in un piccolo trappeto domestico, forniva quel poco di surplus grazie al buon olio d’oliva che riuscivano a produrre, unendo a turno le forze per muovere la pesante macina di pietra con la quale estraevano il prezioso liquido. Quattro ore a turno, due per volta
Si lavorava col fresco della notte per non rovinare la delicata consistenza del prodotto della spremitura.
Quella notte toccava a Giovanna e Crocifisso che, più giovani, potevano offrire la loro vigoria per svolgere il pesante compito, e così si accinsero a fare, mentre Pietro e Filomena si stendevano sui poveri giacigli per riposare le stanche membra, in attesa che giungesse il loro turno.
Trascorsa la breve notte, i due anziani si levarono con fatica e dopo aver consumato un pasto, che nel loro caso dev’essere sempre frugale, si mossero vero il trappeto che la luna era ancora alta nel cielo, facendosi strada con una lucerna ad olio.
Aprirono la porta di legno che cigolò come sempre nonostante il lubrificante per impedirlo non mancasse, e si avvicinarono alla stanza della molitura, meravigliandosi di non udire il solito suono della pietra che schiaccia le olive.
Udivano uno strano tramestio, intervallato da frasi smozzicate incomprensibili a molitori di olive com’erano loro. Suonavamo un pò come: “Puttn aggirt ca t mett ‘ncul”; “si momggir. Aprm ‘n ‘du nipò”.
Perplessi i due poveri vecchi sporsero le braccia che tenevano le lucerne all’interno della camera, e videro la macina ferma, immobile, e non una goccia d’olio nell’orcio che l’avrebbe dovuta contenere, mentre da un angolo ancora non illuminato dalle tenui luci delle lucerne, proseguiva quella strana litania sottovoce di frasi ansimanti e smozzicate: “Pigh’ , pigh’ ‘sta ciol, zoccl.”
Quando finalmente i due, con gli occhi sgranati, illuminarono l’angolo buio con le loro lucerne che creavano un drammatico chiaroscuro caravaggesco alla scena. Emerse la figura di Crocifisso che abusava delle terga di zia Giovanna, che appariva gradire il trattamento dal tono degli incomprensibili commenti >>>
>>> al trattamento che il vigoroso nipote le stava riservando.
“Criù, ci è ste fac’, curnut!! E l’oglio?!?!”, gridò Filomena.
“Ma, mo t’l ha dic’r : zi’ Z’vann è meggh t’ l’oglio, sient a me”, rispose il giovane con tono perentorio.
La vicenda boccaccesca si diffuse nel contado durante le feste per la trebbiatura, a causa di Crocifisso che in modo guascone non finiva di vantarsi con i coetanei della zona. E da quel momento, per quelle insondabili ragioni che a volte la Storia non sa spiegare, la “zi’zvann” divenne zizzania e si sostituì al loglio come termine, per dire che a volte è meglio parlare come si mangia, per far capire subito e bene come stanno le cose. Infatti “m’ so’ fatt’ zi Z’vanna” si capisce meglio che “ma, non c m vulev a fa l’oglio, ma a zi’ “.
Ormai immessa nel mondo del vernacolo in maniera cosi curiosa, la Zizzania si ritaglio un ruolo tra i “cattiivi” della Storia, aggregandosi con originalità – e con l’aiuto dei toponomasti empatici, che la aiutarono a trovare la sua strada – al gruppo tassonomico delle “graminacee nocive”, anche metaforicamente.
Oggi viene separata dal grano in quanto infestante, da esperti del settore “d’istinti”, cioé che distinguono d’istinto il grano dalla zizzania. Curiosamente questi esperti vengono chiamati “loglistici”.
La svolta per questa graminacea infestante è avvenuta negli anni ’80 del ventesimo secolo, quando la Monsanto ha depositato a suo nome i diritti legali del seme, ad uso dei coltivatori diretti e indiretti che volessero sabotare il campo dei vicini, anche quando questo fosse…santo*.
Tutto qui professor Yog.
*camposanto infatti (camp’sant) deriva dalla congiunzione contratta di “campo infestato dalla zizzania della Monsanto”)
Cavoli. Queste zie sono fonte di sorprese continue. Bisogna che io entri nell’ottica di rivalutare questo grado di parentela. È proprio vero che non si finisce mai di imparare.