Non mi pare che la “strada servile” facesse parte di una battuta con intenti umoristici o autoironici, quanto piuttosto evidenziare la frustrazione di chi la pronunciava.
Il mio è umorismo “demenziale”, del genere Monty Pithon o di quello più nostrano di Elio e le storie Tese o del compianto “Freak” Antoni, ma anche in parte di Flaiano e di più Achille Campanile e Marcello Marchesi, ma con in testa a tutti Totò, anche loro scomparsi da tempo. Naturalmente è tutto voluto, con la pretesa di mettere in evidenza il grottesco che spesso si intravede nel “serio” e soprattutto nel serioso, riportando il tutto ai livelli meno “stratosferici” nei quali spesso i fornitori del “materiale” vorrebbero far credere di volare.
Non lo si può apprezzare se non lo si ha dentro, facendolo emergere come frutto della distillazione avvenuta tra la personalità, la cultura e le esperienze e soprattutto l’intelligenza.
Chi “produce” questa caratteristica modalitá di espressione lo fa prima di tutto PER SÈ stesso, infatti io mi diverto moltissimo quando quel qualcosa dentro di me percepisce certe situazioni nei termini di cui parlavo. Ovviamente mia moglie è persino “peggio” di me, tanto che quando
parte il teatrino (praticamente tutti i giorni) e un fare da spalla e protagonista alternativamente l’uno all’altra.
Tutto qui.
Quanto ai giudizi e alle valutazioni sui frequentatori del sito, in un luogo dove si parla di opinioni sono pressoché inevitabili che vengano fatti. Che si esprimano con educata diplomazia o in maniera più diretta non ne cambia il nè l’evidenza nè il significato. È la scatola che cambia, non il
contenuto. “Punto, due punti, punto e punto e virgola, massì adbundanti adbundanzia, che poi dicono che i fratelli Caponi sono tirati”.*
Totò, Peppino e la malafemmena, la scena della dettatura della lettera.
Ecco, quest’ultima frase è un esempio di come si può rispondere con quel tipo di ironia ad una “perentorietá” serio seriosa come quella del…”PUNTO”.
“A me piace”**
**Totò all’Onorevole Trombetta sul treno per Milano, dopo che nello scompartimento si era rifugiata una avvenente e procace signora minacciata da un bruto, e spiegava all’onorevole la sua idea su come dormire in tre avendo solo due cuccette.
“Allora l’idea è questa. Le prime quattro ore, mentre lei si accomoda di sotto, io e la signora, pazienza, ci sacrificheremo sopra. Viceversa, le seconde quattro ore, mentre lei va di sopra io e la signora stiamo sotto. Non so a voi, ma a me PIACE”
Grazie Esimio e Illustrissimo Dottor “Golemo” per questi momenti epici che Lei ci sta così generosamente regalando!
ovviamente un saluto e un ringraziamento speciale vanno anche al Comprimario Yog per la capacità analitica in campo sperimentale e l’ impegno profusi nella missione.
Maria Grazia,
poiché il tuo commento era inevitabile, dal più al meno con il tono e i contenuti con cui l’hai espresso, ti segnalo il link del romanzo in questione
affinché tu abbia modo di renderti conto che la donna “servile” (Val) non è altro che un personaggio di più che secondaria importanza… e poi, a te che importa di cosa io stia o non stia leggendo, di cosa mi appassioni o meno?
pensa pure, se ti va, che mi nutro mentalmente di quello che ti pare ma, secondo me, faresti meglio a tenertelo per te, visto che una lettura non dovrebbe avere il potere di caratterizzare in negativo una persona o le sue idee.
Ma golemo…
..buona sera!
Mi verrebbe da chiederle se è fratello di golem
..visto il nick !!
Chiunque sia cmq benvenuto tra noi!
He si….ha visto bene…il caso di cui ci stiamo occupando oltre che bizzarro è anche disperato…e non si sa come andrà a finire!!!!!
Piacere di averla conosciuta…
Lei ovviamente
..mi conosce già… Vero?
grazie per la precisazione rossana. ma la mia non era un’ osservazione ai tuoi personali gusti letterari, di cui non mi potrebbe importare di meno. quanto una deduzione circa quello che constato ogni giorno osservando il mondo femminile con occhio “clinico”. anche al di fuori di LAD.
E Golemose bene dai. Ho schiacciato la O sul nick mentre col ditone armeggiavo sulla minitastiera telefonica, e è venuto fuori un…anagramna. Sono e restero Golem, cono eo senzao O
Maria Grazia,
vero: rileggendo il tuo post mi sono resa conto di essermi immedesimata soltanto nella “brava ragazza”, che, tutto sommato, non mi dispiace affatto di essere stata e di continuare a essere. da tempo tendo a non leggere o solo a scorrere alcuni commenti, senza dedicarvi troppa attenzione.
“un errore nel quale TUTTE le donne incappano, prima o poi.” – osservazione che di recente ho trovato confermata da Miller nel 1994, che, per quanto riguarda la DIPENDENZA AFFETTIVA ne faceva un quadro al femminile quasi tragico, sostenendo che in molti paesi del mondo ne era affetto più del 90% delle donne (in alcuni articoli si riporta addirittura il 99%!). dal suo punto di vista ne spiegava la ragione nella differenza di reazione fra i sessi a traumi o soprusi, superficiali o seri, reali o percepiti, che spesso ne costituiscono la base.
personalmente, non concordando sulla sua percentuale, ho sempre distinto la dipendenza affettiva, l’inclinazione cioé a ricadere nella stessa modalità autopunente, da sentimenti amorosi forti e spontanei, come avevo percepito il tuo per il pirata, quando l’hai espresso per la prima volta.
se, però, avendoci riflettuto su con altri parametri di valutazione, ora, un po’ tardivamente, preferisci allocare quella relazione in un errore, nessuno può volerti dissuadere da una TUA personale visione su quanto hai vissuto in PRIMA PERSONA per cinque o sei anni, non ricordo bene.
per me, se permetti, è diverso. il rapporto è durato dodici anni, e quella era la vita che avrei voluto e nella quale mi sono impegnata con tutta la mia volontà e capacità. l’intesa mentale con quell’uomo, molto intensa e proficua per tutti e due, è perdurata nel tempo, nonostante il divorzio e il fatto che entrambi fossimo poi coinvolti in altre relazioni amorose. non sono stata innamorata di lui ma l’ho amato, su basi più razionali che emotive, come in linea generale era consuetudine all’epoca. da parte mia è mancata fin dall’inizio una forte attrazione sessuale nei suoi confronti, che ha creato più di una difficoltà, mentre da parte sua è mancata la capacità di assumere il ruolo di padre. non posso e non voglio rinnegare né quanto di bello e di buono ho avuto da lui, né la parte di me stessa che in lui ha avuto modo di espandersi e di maturare.
credo che ognuno abbia pieno diritto di decidere per SE’ quello che è stato o non è stato amore, quello che si vorrebbe non ripetere più e quello che invece è stato comunque importante e arricchente, benché magari assunto in anni giovanili con non sufficiente esperienza o non sufficiente consapevolezza.
quasi mai le storie e le persone possono avere un comune denominatore. per me, poi, sono più le eccezioni che le regole. mantieni la tua idea sui TUOI vissuti, come la mantengo sui MIEI, come peraltro avrebbe dovuto essere fin dall’inizio, pur avendo entrambe in merito valutazioni contrastanti, e facciamola finita di urtarci per a vicenda per questo assurdo tipo di dissenso.
“Più precisamente, il motivo per cui esiste una grande differenza nella tendenza della dipendenza affettiva a manifestarsi più nelle donne che negli uomini è l’esistenza di un diverso funzionamento psichico tra i due sessi e, in particolare, la presenza di una tendenza degli uomini a reagire diversamente ai traumi subiti rispetto alle donne. Più precisamente, tra gli uomini è più comune la tendenza ad allontanare dalla mente il dolore delle violenze, carenze o prevaricazioni subite attraverso meccanismi di identificazione con l’attore di queste mancanze o aggressioni, un funzionamento che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito o la manifestazione del bisogno di una “dipendenza”, che non è stata sperimentata positivamente nelle relazioni affettive, attraverso l’abuso di sostanze.
Nelle donne, invece, si tende generalmente a rivivere ciò che si è subito, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato (Miller D., 1994).”
per approfondimenti sulla DIPENDENZA AFFETTIVA, che per me è cosa ben diversa dall’amore, che nella donna include un atavico desiderio di protezione con tutto quanto ad esso inconsciamente connesso (è la donna, non l’uomo, ad appoggiare ancora oggi il capo sulla spalla del partner dopo l’amplesso), vedere l’articolo da cui il suddetto concetto è stato estrapolato:
non amo le crociate, né a favore né contro qualcosa. tuttavia, a maggior chiarimento di NON essere stata travagliata da dipendenza affettiva, ne riporto la definizione in sintesi di G. Costa.
non per riaprire diatribe inutili ma unicamente per precisare ancora una volta un concetto indiretto su di me e sui miei vissuti amorosi.
“La dipendenza affettiva è un quadro PSICOPATOLOGICO (mio il maiuscolo) in cui il “rapporto d’amore” è vissuto come condizione stessa della propria esistenza. Gli individui affetti da dipendenza affettiva vedono nell’altro la fonte di ogni benessere e, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato sono disposti a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio Sé.”
Non mi pare che la “strada servile” facesse parte di una battuta con intenti umoristici o autoironici, quanto piuttosto evidenziare la frustrazione di chi la pronunciava.
Il mio è umorismo “demenziale”, del genere Monty Pithon o di quello più nostrano di Elio e le storie Tese o del compianto “Freak” Antoni, ma anche in parte di Flaiano e di più Achille Campanile e Marcello Marchesi, ma con in testa a tutti Totò, anche loro scomparsi da tempo. Naturalmente è tutto voluto, con la pretesa di mettere in evidenza il grottesco che spesso si intravede nel “serio” e soprattutto nel serioso, riportando il tutto ai livelli meno “stratosferici” nei quali spesso i fornitori del “materiale” vorrebbero far credere di volare.
Non lo si può apprezzare se non lo si ha dentro, facendolo emergere come frutto della distillazione avvenuta tra la personalità, la cultura e le esperienze e soprattutto l’intelligenza.
Chi “produce” questa caratteristica modalitá di espressione lo fa prima di tutto PER SÈ stesso, infatti io mi diverto moltissimo quando quel qualcosa dentro di me percepisce certe situazioni nei termini di cui parlavo. Ovviamente mia moglie è persino “peggio” di me, tanto che quando
parte il teatrino (praticamente tutti i giorni) e un fare da spalla e protagonista alternativamente l’uno all’altra.
Tutto qui.
Quanto ai giudizi e alle valutazioni sui frequentatori del sito, in un luogo dove si parla di opinioni sono pressoché inevitabili che vengano fatti. Che si esprimano con educata diplomazia o in maniera più diretta non ne cambia il nè l’evidenza nè il significato. È la scatola che cambia, non il
contenuto. “Punto, due punti, punto e punto e virgola, massì adbundanti adbundanzia, che poi dicono che i fratelli Caponi sono tirati”.*
Totò, Peppino e la malafemmena, la scena della dettatura della lettera.
Ecco, quest’ultima frase è un esempio di come si può rispondere con quel tipo di ironia ad una “perentorietá” serio seriosa come quella del…”PUNTO”.
“A me piace”**
**Totò all’Onorevole Trombetta sul treno per Milano, dopo che nello scompartimento si era rifugiata una avvenente e procace signora minacciata da un bruto, e spiegava all’onorevole la sua idea su come dormire in tre avendo solo due cuccette.
“Allora l’idea è questa. Le prime quattro ore, mentre lei si accomoda di sotto, io e la signora, pazienza, ci sacrificheremo sopra. Viceversa, le seconde quattro ore, mentre lei va di sopra io e la signora stiamo sotto. Non so a voi, ma a me PIACE”
Grazie Esimio e Illustrissimo Dottor “Golemo” per questi momenti epici che Lei ci sta così generosamente regalando!
ovviamente un saluto e un ringraziamento speciale vanno anche al Comprimario Yog per la capacità analitica in campo sperimentale e l’ impegno profusi nella missione.
Maria Grazia,
poiché il tuo commento era inevitabile, dal più al meno con il tono e i contenuti con cui l’hai espresso, ti segnalo il link del romanzo in questione
https://it.wikipedia.org/wiki/Possessione_%28romanzo%29
affinché tu abbia modo di renderti conto che la donna “servile” (Val) non è altro che un personaggio di più che secondaria importanza… e poi, a te che importa di cosa io stia o non stia leggendo, di cosa mi appassioni o meno?
pensa pure, se ti va, che mi nutro mentalmente di quello che ti pare ma, secondo me, faresti meglio a tenertelo per te, visto che una lettura non dovrebbe avere il potere di caratterizzare in negativo una persona o le sue idee.
Ma golemo…
..buona sera!
Mi verrebbe da chiederle se è fratello di golem
..visto il nick !!
Chiunque sia cmq benvenuto tra noi!
He si….ha visto bene…il caso di cui ci stiamo occupando oltre che bizzarro è anche disperato…e non si sa come andrà a finire!!!!!
Piacere di averla conosciuta…
Lei ovviamente
..mi conosce già… Vero?
grazie per la precisazione rossana. ma la mia non era un’ osservazione ai tuoi personali gusti letterari, di cui non mi potrebbe importare di meno. quanto una deduzione circa quello che constato ogni giorno osservando il mondo femminile con occhio “clinico”. anche al di fuori di LAD.
E Golemose bene dai. Ho schiacciato la O sul nick mentre col ditone armeggiavo sulla minitastiera telefonica, e è venuto fuori un…anagramna. Sono e restero Golem, cono eo senzao O
Golem ciao!
Ma sei tu..!,he infatti mi sembrava strano…dicevo… Da dove arriva sto golem adesso???!
Un bacio ciao!
Maria Grazia,
vero: rileggendo il tuo post mi sono resa conto di essermi immedesimata soltanto nella “brava ragazza”, che, tutto sommato, non mi dispiace affatto di essere stata e di continuare a essere. da tempo tendo a non leggere o solo a scorrere alcuni commenti, senza dedicarvi troppa attenzione.
“un errore nel quale TUTTE le donne incappano, prima o poi.” – osservazione che di recente ho trovato confermata da Miller nel 1994, che, per quanto riguarda la DIPENDENZA AFFETTIVA ne faceva un quadro al femminile quasi tragico, sostenendo che in molti paesi del mondo ne era affetto più del 90% delle donne (in alcuni articoli si riporta addirittura il 99%!). dal suo punto di vista ne spiegava la ragione nella differenza di reazione fra i sessi a traumi o soprusi, superficiali o seri, reali o percepiti, che spesso ne costituiscono la base.
personalmente, non concordando sulla sua percentuale, ho sempre distinto la dipendenza affettiva, l’inclinazione cioé a ricadere nella stessa modalità autopunente, da sentimenti amorosi forti e spontanei, come avevo percepito il tuo per il pirata, quando l’hai espresso per la prima volta.
se, però, avendoci riflettuto su con altri parametri di valutazione, ora, un po’ tardivamente, preferisci allocare quella relazione in un errore, nessuno può volerti dissuadere da una TUA personale visione su quanto hai vissuto in PRIMA PERSONA per cinque o sei anni, non ricordo bene.
per me, se permetti, è diverso. il rapporto è durato dodici anni, e quella era la vita che avrei voluto e nella quale mi sono impegnata con tutta la mia volontà e capacità. l’intesa mentale con quell’uomo, molto intensa e proficua per tutti e due, è perdurata nel tempo, nonostante il divorzio e il fatto che entrambi fossimo poi coinvolti in altre relazioni amorose. non sono stata innamorata di lui ma l’ho amato, su basi più razionali che emotive, come in linea generale era consuetudine all’epoca. da parte mia è mancata fin dall’inizio una forte attrazione sessuale nei suoi confronti, che ha creato più di una difficoltà, mentre da parte sua è mancata la capacità di assumere il ruolo di padre. non posso e non voglio rinnegare né quanto di bello e di buono ho avuto da lui, né la parte di me stessa che in lui ha avuto modo di espandersi e di maturare.
credo che ognuno abbia pieno diritto di decidere per SE’ quello che è stato o non è stato amore, quello che si vorrebbe non ripetere più e quello che invece è stato comunque importante e arricchente, benché magari assunto in anni giovanili con non sufficiente esperienza o non sufficiente consapevolezza.
quasi mai le storie e le persone possono avere un comune denominatore. per me, poi, sono più le eccezioni che le regole. mantieni la tua idea sui TUOI vissuti, come la mantengo sui MIEI, come peraltro avrebbe dovuto essere fin dall’inizio, pur avendo entrambe in merito valutazioni contrastanti, e facciamola finita di urtarci per a vicenda per questo assurdo tipo di dissenso.
“Più precisamente, il motivo per cui esiste una grande differenza nella tendenza della dipendenza affettiva a manifestarsi più nelle donne che negli uomini è l’esistenza di un diverso funzionamento psichico tra i due sessi e, in particolare, la presenza di una tendenza degli uomini a reagire diversamente ai traumi subiti rispetto alle donne. Più precisamente, tra gli uomini è più comune la tendenza ad allontanare dalla mente il dolore delle violenze, carenze o prevaricazioni subite attraverso meccanismi di identificazione con l’attore di queste mancanze o aggressioni, un funzionamento che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito o la manifestazione del bisogno di una “dipendenza”, che non è stata sperimentata positivamente nelle relazioni affettive, attraverso l’abuso di sostanze.
Nelle donne, invece, si tende generalmente a rivivere ciò che si è subito, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato (Miller D., 1994).”
per approfondimenti sulla DIPENDENZA AFFETTIVA, che per me è cosa ben diversa dall’amore, che nella donna include un atavico desiderio di protezione con tutto quanto ad esso inconsciamente connesso (è la donna, non l’uomo, ad appoggiare ancora oggi il capo sulla spalla del partner dopo l’amplesso), vedere l’articolo da cui il suddetto concetto è stato estrapolato:
http://www.benessere.com/psicologia/arg00/dipendenza_affettiva.htm
ancora sulla dipendenza affettiva…
non amo le crociate, né a favore né contro qualcosa. tuttavia, a maggior chiarimento di NON essere stata travagliata da dipendenza affettiva, ne riporto la definizione in sintesi di G. Costa.
non per riaprire diatribe inutili ma unicamente per precisare ancora una volta un concetto indiretto su di me e sui miei vissuti amorosi.
“La dipendenza affettiva è un quadro PSICOPATOLOGICO (mio il maiuscolo) in cui il “rapporto d’amore” è vissuto come condizione stessa della propria esistenza. Gli individui affetti da dipendenza affettiva vedono nell’altro la fonte di ogni benessere e, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato sono disposti a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio Sé.”