Scribacchiare squallido e storto
presso un fetente forum morto,
trovare tra i post e le lett(i)ere (*)
canne di maria, tracce di pere.
Nelle righe del sito o tra la feccia
spiar le file di laidi commenti
ch’ora pungolano ed ora s’intrecciano
a provocar gravi tormenti.
Osservare tra chiose il palpitare
lontano di storie amare
mentre si lancia a pieni secchi
la digestion di pranzi vecchi.
E andando a legger il post che intriga
trovarsi una bella +++a
e capir che la vita e il suo piacere
sta là ove non si può vedere
che ha addosso slip stretti di ciniglia.
(*) [N.d.R.]: il poeta si è concesso una licenza aggiungendo la “i”
“Scribacchiare pallido e storto” fa parte della raccolta Braccia di polpo. In questa raccolta, e soprattutto in questa poesia, Yog si distanzia dal modello Laddiano con cui è costretto a confrontarsi: utilizza gli scenari di Montale, ma con una diversa sensibilità e partecipazione all’esistenza che ricorda quella di Ilias Petropoulos. “Scribacchiare” coglie il dramma della “vita piacevolmente fortunata” di Yog: l’uomo vive fregandosene del senso vero della sua esistenza, ed è felicemente bloccato in qualsiasi ricerca, come il poeta camminando con una bella gnocca è impossibilitato a fare avanches a causa di un paio di “slip stretti di ciniglia”. Aspetto che colpisce dell’intera poesia è la mancata partecipazione del soggetto alla scena che sta descrivendo, sintomatico è l’uso dell’infinito sostantivato, come se il soggetto fosse rattristato e assente.
Yog, non hai trovato le scure bacche di biancospino, vero? “Braccia di Polpo”. Montale dopo le seppie sarebbe inevitabilmente arrivato all’octopode, in attesa del momento del totano. Bravo.
È vero. C’è, nella composizione, come una forma di pessimismo crepuscolare, che fa pensare alla rassegnazione di chi non intravede una speranza in un esistenza che abbia un senso, almeno quanto quello di veder indossati degli slip di ciniglia. Toccante. Mi toccherò.
Direi che il silenzio è il grappolo maturo oltre il ramo,
è il frutto che attende in sua mano fra appigli e lacrime,
senza che esso possa darsi a soddisfare l’amarezza.
Eppoi mi chiederei, come, perché, mai, quando continuare
a sorridere affinché lieve e docile un viso mostri resa?
Da quanno che dà segni de pazzia,
povero Meo! fa pena! È diventato
pallido, secco secco, allampanato,
robba che se lo vedi scappi via!
Er dottore m’ha detto: — È ‘na mania
che nun se pô guarì: lui s’è affissato
d’esse un poeta, d’esse un letterato,
ch’è la cosa più peggio che ce sia! —
Dice ch’er gran talento è stato quello
che j’ha scombussolato un po’ la mente
pe’ via de lo sviluppo der cervello…
Povero Meo! Se invece d’esse matto
fosse rimasto scemo solamente,
chi sa che nome se sarebbe fatto!
1. Spesso duro mi fu quest’acre forum,
2. e questi post che da tanta parte
3. d’ultima lettera il moderator esclude.
4. Ma scrivendo e leggendo, interminati
5. post di là da quella, e incresciosi
6. diverbi, e profondissimo spasso
7. io nel “Suicidio” mi ficco, ove per poco
8. il Beppin si sguatta. E come la +++++
9. odo ++++++++ar tra questi post io quello
10. infinito zucchero e questo dolce
11. vo’ suggendo: e mi sovvien l’diabete,
12. e le morte cellule e la colica
13. per colpa del suon di lei. Così tra questa
14. banalità s’ammorba il pensier mio:
15. e lo sganasciar m’è dolce in questo mare.
Il “Suicidio” è uno dei più noti idilli Yoghiani, composto nel 2015 ed è una testimonianza di quel dissidio tra dolce ed amaro, tra realtà e ideale, che caratterizza l’uomo moderno.
La poesia descrive il poeta solo nel forum di LaD. Un “moderator” impedisce a Yog la scrittura di buona parte dei post e questo ostacolo suscita in lui una riflessione su ciò che trascende e fa spaziare nella lettera “Il Suicidio”. Il “moderator” rappresenta dunque una barriera tra il mondo di LaD e i pensieri del poeta. Esso è il simbolo di tutto ciò che è limitante e limitato e quindi stimola l’ironia e l’istintivo bisogno, proprio di ogni uomo, di sganasciarsi. Suggendo lo zucchero altrui, egli immagina malattie croniche, necrosi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell’uomo e una banalità assoluta dove il pensiero prova quasi smarrimento (“s’ammorba il pensier mio”).
Nulla sembra riportarlo alla realtà, ma come lo zucchero dispensato da altri lo precipitano nel diabete, egli si abbandona dolcemente in questa nuova dimensione sganasciandosi come prefisso.
Guardate com’è sempre efficiente
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio,
con quanta facilità supera gli ostacoli
come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti,
insieme più vecchio e più giovane di loro,
da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
(Wislawa Szymborzka)
—
Thread terribilmente trascurato: SOLO 2 commentatori, NON la graditissima Trinità, come di prammatica! Padre e Figlio… in temporanea assenza dello Spirito vivificante! 🙁
Parole sante. Da Giubileo Straordinario.
Scribacchiare squallido e storto
presso un fetente forum morto,
trovare tra i post e le lett(i)ere (*)
canne di maria, tracce di pere.
Nelle righe del sito o tra la feccia
spiar le file di laidi commenti
ch’ora pungolano ed ora s’intrecciano
a provocar gravi tormenti.
Osservare tra chiose il palpitare
lontano di storie amare
mentre si lancia a pieni secchi
la digestion di pranzi vecchi.
E andando a legger il post che intriga
trovarsi una bella +++a
e capir che la vita e il suo piacere
sta là ove non si può vedere
che ha addosso slip stretti di ciniglia.
(*) [N.d.R.]: il poeta si è concesso una licenza aggiungendo la “i”
“Scribacchiare pallido e storto” fa parte della raccolta Braccia di polpo. In questa raccolta, e soprattutto in questa poesia, Yog si distanzia dal modello Laddiano con cui è costretto a confrontarsi: utilizza gli scenari di Montale, ma con una diversa sensibilità e partecipazione all’esistenza che ricorda quella di Ilias Petropoulos. “Scribacchiare” coglie il dramma della “vita piacevolmente fortunata” di Yog: l’uomo vive fregandosene del senso vero della sua esistenza, ed è felicemente bloccato in qualsiasi ricerca, come il poeta camminando con una bella gnocca è impossibilitato a fare avanches a causa di un paio di “slip stretti di ciniglia”. Aspetto che colpisce dell’intera poesia è la mancata partecipazione del soggetto alla scena che sta descrivendo, sintomatico è l’uso dell’infinito sostantivato, come se il soggetto fosse rattristato e assente.
Yog, non hai trovato le scure bacche di biancospino, vero? “Braccia di Polpo”. Montale dopo le seppie sarebbe inevitabilmente arrivato all’octopode, in attesa del momento del totano. Bravo.
È vero. C’è, nella composizione, come una forma di pessimismo crepuscolare, che fa pensare alla rassegnazione di chi non intravede una speranza in un esistenza che abbia un senso, almeno quanto quello di veder indossati degli slip di ciniglia. Toccante. Mi toccherò.
Direi che il silenzio è il grappolo maturo oltre il ramo,
è il frutto che attende in sua mano fra appigli e lacrime,
senza che esso possa darsi a soddisfare l’amarezza.
Eppoi mi chiederei, come, perché, mai, quando continuare
a sorridere affinché lieve e docile un viso mostri resa?
(Emmanuele Marchese)
A CHI TROPPO E A CHI GNENTE.
Da quanno che dà segni de pazzia,
povero Meo! fa pena! È diventato
pallido, secco secco, allampanato,
robba che se lo vedi scappi via!
Er dottore m’ha detto: — È ‘na mania
che nun se pô guarì: lui s’è affissato
d’esse un poeta, d’esse un letterato,
ch’è la cosa più peggio che ce sia! —
Dice ch’er gran talento è stato quello
che j’ha scombussolato un po’ la mente
pe’ via de lo sviluppo der cervello…
Povero Meo! Se invece d’esse matto
fosse rimasto scemo solamente,
chi sa che nome se sarebbe fatto!
Trilussa
1. Spesso duro mi fu quest’acre forum,
2. e questi post che da tanta parte
3. d’ultima lettera il moderator esclude.
4. Ma scrivendo e leggendo, interminati
5. post di là da quella, e incresciosi
6. diverbi, e profondissimo spasso
7. io nel “Suicidio” mi ficco, ove per poco
8. il Beppin si sguatta. E come la +++++
9. odo ++++++++ar tra questi post io quello
10. infinito zucchero e questo dolce
11. vo’ suggendo: e mi sovvien l’diabete,
12. e le morte cellule e la colica
13. per colpa del suon di lei. Così tra questa
14. banalità s’ammorba il pensier mio:
15. e lo sganasciar m’è dolce in questo mare.
Il “Suicidio” è uno dei più noti idilli Yoghiani, composto nel 2015 ed è una testimonianza di quel dissidio tra dolce ed amaro, tra realtà e ideale, che caratterizza l’uomo moderno.
La poesia descrive il poeta solo nel forum di LaD. Un “moderator” impedisce a Yog la scrittura di buona parte dei post e questo ostacolo suscita in lui una riflessione su ciò che trascende e fa spaziare nella lettera “Il Suicidio”. Il “moderator” rappresenta dunque una barriera tra il mondo di LaD e i pensieri del poeta. Esso è il simbolo di tutto ciò che è limitante e limitato e quindi stimola l’ironia e l’istintivo bisogno, proprio di ogni uomo, di sganasciarsi. Suggendo lo zucchero altrui, egli immagina malattie croniche, necrosi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell’uomo e una banalità assoluta dove il pensiero prova quasi smarrimento (“s’ammorba il pensier mio”).
Nulla sembra riportarlo alla realtà, ma come lo zucchero dispensato da altri lo precipitano nel diabete, egli si abbandona dolcemente in questa nuova dimensione sganasciandosi come prefisso.
Bella quella di Trilussa.
Poesia emetica
Mattina
Santa Scarlet la lingua
11 dicembre 2015
“M’illadido d’immenso”
(Beppino Golemetti)
L’odio
Guardate com’è sempre efficiente
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio,
con quanta facilità supera gli ostacoli
come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti,
insieme più vecchio e più giovane di loro,
da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
(Wislawa Szymborzka)
—
Thread terribilmente trascurato: SOLO 2 commentatori, NON la graditissima Trinità, come di prammatica! Padre e Figlio… in temporanea assenza dello Spirito vivificante! 🙁
Ma come? Siamo in tre. Padre, Figlio e Spirito Empatizzanto.
(Errore di prammatica)