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Lettera pubblicata il 21 Settembre 2011. L'autore ha condiviso 4 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Marquito.
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@ Rossana:
Ciao Rossana. Quando ho scritto che non nasciamo vuoti mi riferivo a alcune affermazioni di Leonardo che mi avevano lasciato un tantino sorpreso. Intendevo dire che fin dal momento del concepimento noi possediamo un’identità ben precisa (molto precisa se dobbiamo credere alle più recenti ricerche scientifiche); un’identità che si manifesta già durante l’infanzia e che secondo me dovrebbe essere valorizzata e coltivata.
Pavese era un uomo di grande spessore, umano e intellettuale. Forse avrai letto anche tu il suo “Mestiere di vivere”. La deliziosa sentenza che ho citato è contenuta proprio nel suo diario.
@ Almost :
Non ho mai messo in dubbio la straordinaria utilità dei concetti astratti, che ci permettono di comunicare attraverso il linguaggio. Penso però che i concetti astratti si possano utilizzare in due modi diversi, a seconda che si sia o meno consapevoli del loro carattere convenzionale. Se fossimo dotati di poteri sovrannaturali utilizzeremmo un linguaggio perfettamente aderente alla realtà. Il vocabolario sarebbe composto di infinite parole e ogni singola parola descriverebbe un oggetto diverso.
Evidentemente anche il mio vuoto interiore è stato frainteso.
Non servono ricerche scientifiche per accorgerci che c’è una esperienza filogenetica che ci costituisce. Stiamo entrando però in un campo molto complesso e non è facile dipanarne i fili.
Le nostre attitudini congenite ci determinano, è vero, ma in misura molto ridotta. E dato che ci tieni molto ai dati empirici della scienza =) ci sono ricerche che che lo dimostrano. Non ricordo bene questi dati ma mi sembra che parlavano di un’influenza del nostro carattere solo del 10%.. Questo è per quanto riguarda ciò che ereditiamo. Ciò che invece ci determina di più, sempre appoggiandoci sulla spalla della psicologia, sono i primissimi anni di vita. (credo fino ai 5 anni se non sbaglio). Non è un caso che la maggior parte dei delinquenti abbia alle spalle un’infanzia travagliata. Si deve anche sottolineare che non solo le azioni che succedono sono determinanti, ma anche quelle fantasticate hanno una valenza fondamentale che costituirà il carattere della persona. Quindi quando parli di carattere parli principalmente di esperienza. Un’altro esempio lo mostrano le ricerche effettuate su coppie di gemelli omozigoti: cresciuti in ambienti differenti avranno un carattere differente. Ma comunque anche crescere in una stessa situazione le dinamiche psichiche per forza di cose non possono essere uguali. Ci sono troppe variabili che pendono dall’esperienza. Il temperamento è poi correlato al carattere.
In ogni caso, questo è per quanto riguarda lo sguardo “naturalistico” della questione.
Con uno sguardo filosofico ti direi che l’uomo è quell’essere che è capace di tracendere se stesso, e quindi non arriverà mai ad avere un livello stabile di autocoscienza. E’ un’autocoscienza in continuo divenire che segue una regolamentazione esperienziale. Non è che perchè siamo sempre nella condizione di autosuperarci possiamo essere quello che vogliamo. Qui si rischierebbe di fraintendere la cosa. Siamo sempre e comunque dipendenti dal mondo.
Ma ora, arrivo al dunque..
Vuoto interiore.
Questo è effettivamente un termine di convenienza che preso alla lettera non ha senso. E’ più che altro un termine poetico che vorrebbe dare l’idea di ciò che sostiene. Quindi cosa sostiene?
Sostiene tante consapevolezze di sè che sono apparenze filtrate dallo sguardo dell’altro. Sostiene una autocoscienza di tanti frammenti caotici di Io. Noi anche dentro non siamo una cosa sola identificabile. Siamo tante parti, siamo tanti punti di vista che si costituiscono con la relazione con l’altro e con il mondo. Più il mondo è caotico e più il nostro stesso io sarà caotico. Cosa allora può farci riprendere il controllo della situazione e quindi ci può far costituire un io coerente e unitario, indipendente (ma mai fino in fondo) e autoconsapevole? (segue, scusa la lunghezza =)
Il distacco. Ma il distacco non potrebbe mai essere totale, a meno che non rinunci completamente alla socialità e alla dipendenza con il mondo della civiltà. Li, su una montagna, solo con te stesso, senza pensieri verbali (giacché anche il linguaggio non esisterebbe senza l’altro) puoi fino in fondo anelare ad una individualizzazione completa, e tuttavia sempre e comunque alle dipendenze di un mondo.
Il distacco moderato quindi, il prendere distanza da una società caotica per cercare di agire secondo i propri interessi e secondo ciò che la tua esperienza ha maturato in te. Per questo affermo che una individualizzazione coincide per forza di cose con la costituzione di un’identità. Ma questa stessa identità è possibile crearsela solo con un rapporto interpersonale. Quando parlo di vuoto interiore quindi intendo un vuoto di consapevolezza di chi siamo. E non è facile impresa capire chi siamo veramente. Non lo è perchè la nostra società di fatto non ha un’identità definibile. é un circo di luci, di sensazioni, di mode, di costumi, di pensieri che si mescolano, che si scambiano di posto, che mutano…e soprattutto che svaniscono.
L’essere individuo è impresa ardua, anche se non impossibile.
Però io sostengo che per essere individuo deve esserci la controparte…individuo rispetto a chi? Ad un unione. Noi siamo individui in quanto apparteniamo ad una comunità di individui. Accettare questo vuol dire accettare di appartenere ad un insieme che comprende ogni forma di vita, partendo dalla propria società. Però qui il discorso si potrebbe ampliare e, riconoscendo di essere assolutamente logorroico e magari stancante, mi fermo, scusandomi anzi per la lunghezza dei miei interventi.
@ Leonardo:
Temo che stiamo scivolando lentamente fuori tema, ma i tuoi ultimi post meritavano una risposta. Mi sforzerò di esserte sintetico.
E’ evidente che abbiamo una visione della vita molto differente, e in questo non c’è assolutamente niente di male; ma i dati che hai citato sono assolutamente inattendibili. Nessuno può stabilire con esattezza in che percentuale il nostro genoma determini la nostra identità, ma sicuramente non si tratta del 10%, che è una percentuale assolutamente ridicola. Se veramente hai letto quelle cifre mi permetto di dire che anche gli scienziati in questione dovevano essere offuscati da un pregiudizio ideologico. Non so se hai seguito gli ultimi sviluppi nel campo delle neuroscienze; non so se sei al corrente delle ricerche di Cloninger, ma anche se così non fosse basterebbe un po’ di sano buon senso e un minimo di preparazioone scientifica … Ti rendi conto di quanto sia importante il sistema nervoso ? Ti rendi conto di quanto siano importanti i neurotrasmettitori cerebrali ? Ti rendi conto di quanto sia importante la struttura del cervello ? Tutte queste cose sono determinate dal DNA. Queste sono le basi del nostro temperamento, ed è a seconda del nostro temperamnnto che l’ambiente agisce su di noi, producendo o meno determinati effetti. E’ ovvio che il carattere si forma in seguito all’influenza dell’ambinete, ma questa influenza risulta completamnete diversa da soggetto a soggetto, proprio perché è differente il nostro temperamento. Te lo ripeto ancora una volta: prova ad osservare dei bambini … dei bambini molto piccoli, nei loro primnissimi anni di vita. Se li osserverai con uno sguardo scevro da pregiudizi ti renderai conto che ci sono già delle enormi differenze nel modo di reagire agli stimoli esterni, nella capacità di sopportare il dolore fisico e quello psichico; nella sensibilità, nell’emotività e nell’intelligenza. Qui però biusognerebbe aprire un altro forum , perché l’argomento è veramnete troppo complesso e non può essere sviscerato così in poche righe.
Non è che si va fuori tema, è che il tema è molto ampio e non si può in poche considerazioni esplicare tutto quanto.
Comunque sia non ho detto che non siamo per niente determinati dal genoma. Ho solo detto che quello che però ci determina di più è l’esperienza, ma comunque fin qui sei d’accordo con me. Anche la nostra stessa eredità genetica a sua volta si è plasmata con l’esperienza.
Né ho detto che l’individualizzazione sia una cosa negativa, solo che presuppone un po’ di cose, perchè noi non siamo solo il nostro genoma, anzi.
Vabbè, in ogni caso è un bell’argomento che però non può essere esaurito qui, in questo contesto.
Saluti
Ciao Leonardo. Scusa se il mio precedente post era un po’ “tranchant” e pieno di refusi, ma andavo veramente molto di fretta. Vorrei soltanto precisare una cosa:
Sia che si enfatizzi l’influenza dell’ambiente (come fai tu), sia che si ponga l’accento sul patrimonio genetico (come faccio io), il punto di vista che si adotta è di tipo tendenzialmente deterministico. Nessuno di noi è responsabile del proprio genoma :-))
Tornando al tema da cui eravamo partiti, io non posso che condividere il punto di vista di Rossana. Generalizzare può essere un utile espediente per giusticare i propri fallimenti, per evitare di fare autocritica e per non assumersi nessuna responsabilità. E forse è proprio questo l’aspetto più inquietante di certi atteggiamenti.
@ Leonardo
sì, l’argomento è davvero interessante! e l’attuale interscambio mi ha permesso di aggiungere un piccolo tassello alle mie precedenti convinzioni.
@Marquito
ho letto “Il mestiere di vivere” di Pavese decenni fa. mi hai fatto venire voglia di rileggerlo… 🙂
Beh, in tutto questo girovagar di considerazioni alla fine ci troviamo tutti d’accordo! =)
Generalizzare fortifica le proprie convinzioni, se non altro perchè non sono proprie..
Quello che mi chiedo io è però come riuscire a trovare una sicurezza senza un consenso da parte dell’altro?
A volte, per quanto possa essere logico un ragionamento, se va troppo aldilà di quello che è generalmente accettato, si corre il rischio di metterlo in dubbio, per evitare di essere schiacciati dalla massa.
E forse, se non si ha una decisa consapevolezza di sè, questo dubbio si traforma in errore.
Molte persone per me temono questo e quindi si adeguano.
Io credo che nella nostra realtà il repellente ad una pura individualizzazione sia la paura.
Però tendo a non accusare le singole persone, non è colpa loro (in virtù dell’ambiente =) se sono portate ad agire così..
Qua credo di avere definitivamente concluso le mie considerazioni. Grazie dei preziosi spunti!
La paura fa quasi sempre brutti scherzi ma diventa spesso, purtroppo,
dominante… come tutti i sentimenti, è difficile da controllare…