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L’egoismo

di Lethe

In un inferno dantesco, la mia anima dovrebbe essere dipartita in più gironi.
Quasi 3 anni fa ho iniziato a fingere un malessere fisico che sfociava da un disagio psicologico (o almeno a questo si è giunti dopo molti e molti esami) .
Ho mentito a tutti. Alla mia famiglia, ai miei amici, ai dottori, agli psicologi. Sono l’unica detentrice della verità. Era un pretesto per starmene in pace, lontano dalla scuola e dagli amici che non mi davano soddisfazione. Volevo solo chiudermi in una gabbia incantata, contemplare la vita meditativa. Dedicarmi a leggere ore ed ore, questo era ciò che bramavo fare. Non mi allettavano gli svaghi mondani, che tuttora il sol pensiero di questi mi affanna ma che ogni tanto mi concedo.
Egoista ai limiti del malvagio, ho oppresso la mia famiglia ad oneri materiali e psichici enormi, e perché? Perché mi ero stufata di vivere. L’amore che tanto mi è stato dato, non superava e non supera la mia avidità di apatia. è mai possibile questo? Do ut des? Do affinché tu dia? Non è stato proprio così nel mio caso.
Non ho avuto un’infanzia difficile, al contrario. Non ho avuto traumi o qualsivoglia brutta esperienza che non rientri nel “comune”. Ma cosa è stato a spingermi a far questo? Non è stato il semplice capriccio del bambino che scalda in termometro vicino alla lampadina o che finge il mal di pancia. Si tratta dell’ emulazione di una vera malattia.
Dal quel nuvoloso e piovoso venerdì di novembre in cui è cominciato tutto, non sono più stata in grado di capire se ho scoperto chi veramente fossi, o se da lì ho iniziato a portare una maschera permanente.
Dopo un lungo periodo ho riiniziato a vivere in maniera “normale”, e per un po’ non è neanche stato male. Ma allo sfociare dei ridicoli crucci che possano essere il litigio davvero stupido tra due amiche, la disperazione di un’altra per l’assurda storia con il suo fidanzato e via dicendo, ecco che rispunta il desiderio di “auto-annebbiamento mentale”. Vorrei non vivere, e con questo non intendo dire che vorrei morire, no. X me non ci sono solo la vita e la morte. Vorrei piuttosto essere in uno stato intermedio. Vorrei pensare esclusivamente ai problemi veramente “seri” che ci sono nel mondo, scavare nelle profondità dell’animo umano, comprendere quelle verità infinitesimali di ogni essere.
Vorrei, vorrei, vorrei.
La verità è che sono una persona orribile, quasi quanto lo scarafaggio in cui si tramuta il protagonista de “La metamorfosi” di Kafka, solo che io lo sono interiormente. Già, non è per commiserarmi, è davvero così.
A questo punto credo che le uniche soluzioni siano: diventare un eremita o una monaca di clausura, ma anche in questi casi sarei per l’ennesima volta egoista ed ipocrita, poiché sono atea. Sarà forse un fuggir via dai doveri cui la vita impone? Forse è così. Ma mi sembra che in un mondo come questo io non possa stare. Aspirando alla condizione di inettitudine infatti non mi sento degna di poter vivere normalmente. E credo che stia scontando questa mia colpa proprio con il passare del tempo, lo dimostra la mancanza di una pura felicità o benessere. Credo che questa esperienza alla fine mi abbia davvero segnata psicologicamente. Fine dello sproloquio, era la mia prima volta.

Lettera pubblicata il 31 Marzo 2010. L'autore, , ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Categorie: - Me stesso

La lettera ha ricevuto finora 3 commenti

  1. 1
    libera -

    Non mi meraviglia che le incombenze del mondo ti facciano orrore e tu desideri sfuggirne il + possibile. Per chi si interroga sulla natura dell’uomo e delle cose, per chi ama trascorrere i giorni a leggere e a filosofare sulle condizioni dell’animo questo mondo non è certo il luogo ideale.
    Purtroppo il 90% della vita umana scorre dietro a questioni pratiche e concrete, a cui in genere buona parte dell’umanità si adatta.
    Per quelli come te che hanno la disgrazia di avere un ‘orecchio finissimo’ per le istanze dell’anima sopravvivere non sarà semplice.
    So cosa vuol dire il non aver voglia di vivere di cui parli e il desiderio di occuparsi unicamente di ciò che ci piace e ci interessa.
    Hai pensato, oltre all’eremitaggio, alla possibilità di fare qualche viaggio per il mondo?

  2. 2
    Lethe -

    Ci ho provato, davvero. Mi sono concessa qualche mini-viaggio, ma queste esperienze mi hanno portato a disdire all’ultimo minuto una vacanza in Inghilterra.
    Di quell’entusiasmo che alcune volte mi ha accompagnata non ne è rimasta neanche una debole traccia.
    E a questo punto penso, citando Seneca, che l’animo deve mutare, e non il cielo. Mi viene da pensare ad un paio di scarpe che non calzano nella maniera giusta, sono troppo piccole: ci si può sempre adattare, ma i piedi fanno sempre male. E non mi resta appunto che “adattarmi”, uccidendomi metaforicamente.

  3. 3
    anna -

    la tua storia è davvero particolare,sei stata coraggiosa a scriverla e a farla leggere a tutti.sono felice di aiutarti. ciò che manca a te è felicità ,o sei alla ricerca di qualcosa che vorresti e che magari non ricevi? hai bisogno di un amico ,di quelli che piangi quando per un po non vi vedrete? o forse hai bisogno di trovare un compito nella tua vita(uno scopo)…..stai tranquilla può essere solo un periodo anche se è lungo e penso che tu non sia l’unica ….anche io l’ho avuto,ma con grinta e forza positiva ho scacciato le tenebre del mio cuore. spero d averti aiutata.

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