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Lettera pubblicata il 14 Novembre 2008. L'autore, bimba64, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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rettifico: dalla foto vedo che il biglietto era fatto da V. con petali di fiori freschi … allora sto abbozzando risposte diverse.. del tipo…
Grazie per il biglietto di fiori freschi, è davvero tenero: voglio dirti che è vero, sono arrabbiata, ma credo di capire molti motivi del tuo comportamento e mi chiedo se non soffri anche tu di questo stato di cose. So che tutto si può risolvere. Quanto alla casella, è proprio strano: la targhetta è scomparsa nel nulla. Ho provveduto.
… boh, paralisi da ragnatela.
FL53: ho visto solo ora il tuo post, buon compleanno 😀
Io figli non ne ho, quindi mi sembra anche improprio commentare…
anche perché hai già detto tutto tu…
Commento in questo senso, e perdonami se improprio:
l’ho detto tante volte, in generale, forse anche qui:
uno dei problemi della molestia morale, delle ragnatele, è nello stesso senso delle parole. Non solo quelle usate per ferire, quelle del “revisionismo” nel riportare le parole, nell’interpretarle, ma nella comunicazione, tesa, difficile, dove i toni stessi possono venire interpretati in modo diverso, appunto per quella tensione e per il sottotesto. Quindi comprendo la sensazione dell’andare in… affanno, quando c’è di mezzo la ragnatela, nel momento in cui bisogna scegliere le parole… perché le parole non esplodano, non creino pretesti o peggiori distanze.
Il sentirsi nuovamente, anche se solo per un momento, nella posizione in cui la libertà di essere, di esprimersi, di avere dei sentimenti e di portarli fuori sembra nuovamente lesa. E lesa su un “territorio” così importante come quello di cui stiamo parlando.
Il sottotesto, in un rapporto tra genitori e figli (parlo da figlia, perché genitore non sono) è anche quello dell’amore, sempre, anche quando le situazioni si fanno ingarbugliate… e di distacco, temporaneo che sia. Le energie investite nel distacco sono enormi.
tu hai protetto a lungo i tuoi figli non dicendo loro certi aspetti – non di poco conto – del loro padre anche – penso – sapendo quanto possa essere doloroso, difficilissimo per un figlio, lacerante guardare un genitore come qualcuno capace non solo di sbagliare, ma di farlo in un certo modo…
lo hai fatto forse, azzardo, perché per te era stato lacerante amare e al contempo dover proteggerti da tua madre…
il tuo è stato un gesto d’amore, comunque.
si diceva da qualche parte che un segreto in una famiglia non è mai veramente un segreto… in qualche modo persino i vuoti lasciati in un discorso vengono percepiti…
ci sono persone (leggevo) che dopo anni, venendo a conoscenza di un segreto di famiglia che è stato loro taciuto, nel momento in cui sanno la verità, comprendono una sensazione di disagio che hanno provato senza saper dare loro un nome.
In questo caso, riguardo la cosa che leggevo, si parlava di segreti come, ad esempio, violenze, incesti, suicidi di qualche famigliare, morti violente, quel parente che avendo avuto una vita non accettata dalla famiglia era stato fatto… “sparire” dall’albero genealogico, spariva nei discorsi, o che appariva per poi scomparire quando altri entravano nella stanza… assenze di verità che però si percepiscono, per tutta una serie di dinamiche atte a contenere, nascondere, ecc ecc.
Mi accorgo ora che rischio di essere fraintesa, parlando in generale, perché può sembrare che io ti stia dicendo che hai sbagliato a non dire ai tuoi figli delle cose. In realtà quello che volevo dire è che allora, se tu lo hai fatto lo hai fatto per proteggerli, e che comunque ora che la verità si sa è meglio, perché comunque stare lì a farti ammazzare non sarebbe servito, a parte che a toglierti il diritto alla vita, a niente. La verità invece è la sola cosa che può spezzare la catena. La verità va rielaborata e ci vuole tempo. Ma i tuoi figli non sono disorientati dalla verità, per quanto quella possa far male, quella potrà liberarli. Al momento fa male(ma tu lo sai che delle verità ti hanno resa libera e meno sofferente dei silenzi) ma loro stanno male perché a differenza di te tuo marito non ha pensato quanto possa essere doloroso per loro separarsi intimamente da te.
Prosegui la tua via della verità Fl53, perché la sensibilità non ti manca, nè l’amore, e dentro di te, tu, anche quando ti incazzi, e hai ragione di incazzarti, perché vieni ferita, anche quando dici no, e lo fai con cognizione, tu non userai mai i tuoi figli.
E questa sarà sempre la differenza.
Anche se c’è ancora una ragnatela. Ma tu hai spezzato la catena.
Un grande abbraccio.
a volte ci prende la stanchezza;il conforto d’aver capito che nella ragnatela ‘le cose stanno così’ si squaglia come neve al sole per lo sgomento improvviso di occasioni ‘normali’, e perdute (un compleanno,una laurea, un battesimo): ci si ri-accorge della lontananza, ritorna la paralisi della non-spontaneità, come dice perfettamente Luna: @uno dei problemi della molestia morale, delle ragnatele, è nello stesso senso delle parole. Non solo quelle usate per ferire, quelle del “revisionismo” nel riportare le parole, nell’interpretarle, ma nella comunicazione, tesa, difficile, dove i toni stessi possono venire interpretati in modo diverso@
La verità:@la conoscenza di un segreto di famiglia … nel momento in cui sanno la verità, comprendono una sensazione di disagio che hanno provato senza saper dare loro un nome@
Perché la verità illumini questa trappola buia dovrò sfondare i muri dell’omertà (micidiale: mix di mafia sicula e di ‘xyz’, l’ipocrita mafia del nord quasi invisibile, come un buco nero). Quando i figli erano piccoli, la verità era troppo brutta per loro: del resto io ne vedevo solo la parte evidente, ma non percepivo il magma da cui originava. Vivevo gli inferni-paradisi (madre/marito), dando il massimo valore ai paradisi e piegandomi su di me per attraversare gli inferni: prima o poi uscirò fuori a riveder le stelle, mi dicevo, costruendo bolle di pace e gioia per i miei figli ad ogni risveglio, ad ogni cena… lavoro,spese, cucina.. fiabe e canzoni per i bambini. La mole di lavoro era pazzesca, ogni tanto mi saltavano i nervi.
Il tuo scritto, Luna, è una miniera di cose preziose: @… un segreto in una famiglia non è mai veramente un segreto… in qualche modo persino i vuoti lasciati in un discorso vengono percepiti@
A quei tempi non sapevo che ‘le bolle di vuoto’ non si possono celare … emergono dal passato, inesorabili: chissà che vuoti e che disagi provano i miei figli, e che dolore, mentre queste bolle di vuoto salgono in superficie ed i ragni
fanno di tutto per evitarlo:è questione di vita o di morte. Se vengono scoperti come ragni, è la fine; se volessero liberare il loro Essere, che forse c’è ancora rattrappito e nascosto dentro le loro infanzie violate, non avrebbero altro mezzo che ‘uccidere il ragno’ da sé.. per ora, preferiscono continuare la finzione finché regge.
Intanto, i ricordi acquistano valenze insospettabili.La verità era così brutta che mi sono serviti molti anni per vederla: abusi, riconosciuti e non, e una logica talmente invertita e maligna da essere del tutto illogica eppure da apparire uguale al suo opposto, la razionalità logica e buona; come uno specchio rimanda un’immagine uguale e inversa dell’oggetto vero. Cercavo mia madre e vedevo a tratti la buona logica reale e a tratti quella nello specchio, identica ma inversa e maligna, finché è rimasto solo lo specchio: se prima ero inconsapevole della lacerazione di amare mia madre e al contempo proteggermi da lei, la lacerazione è divenuta tremenda quando mia madre, visto che mi difendevo costruendomi la mia vita, ha iniziato a chiamarmi ‘mostro’, a sibilarmelo in faccia,a escludermi con pretesti legali/economici, a dire a parenti e conoscenti che mi considerava morta e che sarebbe stato meglio se io non fossi mai nata. Io però non avvertivo un’alternativa tra me e lei (o mostro lei o mostro io). Io avvertivo solo il terrore di essere, forse, un mostro: se lei non si sbagliava,io ero un mostro, e allora che diritto avevo di tornare a casa dai miei figli e nascondere loro che io ero un mostro?Il terrore di essere un mostro toccava il massimo, quando si aggiungevano le accuse di un marito con la bava alla bocca, dominato da gelosie furiose e impulsi occulti. Mi rifugiavo nel quotidiano, lavoro, pittura, anelando ai brevi paradisi fragili come cristalliere,pensando a COME scoprire se ero un mostro o no… ricordo un bel post di Luna in proposito.
Che forza,hanno le parole!quelle di Luna scaldano il cuore e si ritrova il coraggio.. 😉
Fl53: le mie parole nascono anche da tante parole che ho ascoltato, che ho scambiato, perché io penso che lo scambio di esperienze possa essere un grande valore, che lo scambio empatico lo sia.
perché è vero, le parole hanno forza, nel fare male e nel fare bene anche però, nel spegnere la luce e nell’accenderla. Ed è per questo che, molto spesso, chi vuole manipolare gli altri oltre ad usare l’arma delle parole dure, della dialettica tagliente, e del non confronto, usa anche l’arma del silenzio, della chiusura, del monologo, dell’unilateralità dell’espressione, affinché ci sia una tesi sola, da portare avanti, ma chiusura anche verso l’esterno (che sia togliere amicizie, parenti se i rapporti sono buoni, colleghi di lavoro, uscite in cui si sia soli e ci si possa guardare dentro e intorno… occasioni in cui qualcuno, fuori dalla ragnatela, possa accorgersi che qualcosa non funziona) e chiusura del confronto, con altre vite, e quindi altri mondi. Perché spesso chi sta fuori non può capire del tutto quello che stai passando quando sei chiuso nella ragnatela, ma anche solo mostrandoti che esiste altro, che esiste un altro modo di vivere, pensare, ti apre. E il ragno non vuole l’apertura. Perché l’apertura toglie il controllo, relativizza ciò che, nella molestia morale, non può essere relativo, bensì assoluto ed insindacabile. il ragno dev’essere il solo ad avere la verità, a poter porgerla, e come vuole.
Molte delle persone che raccontano storie di molestie morali raccontano storie di profonda solitudine, di ripiegamento su se stesse, in cui si ritrovano a stare zitte, a monologare con loro stesse soltanto e a gestire interiormente la potenza del soliloquio di chi propone, con prepotenza, un certo tipo di verità, non solo sulla relazione e sul mondo, degli affetti o mondo esteso, ma su loro stesse, intendo sulle persone molestate, in primo luogo.
Tu sei così, io ho la verità su di te e sul mondo.
Tu dipendi da me… perché poiché non sei in grado tu di vedere la
verità, su te stesso/a e sul mondo, sul tuo rapporto con gli altri, hai bisogno di me, di me che ti dica chi sei, e cos’è il mondo.
Te lo dico urlando, te lo dico con violenza, ma dove vai tu, senza di me? Io in fondo ti proteggo da tutto ciò che tu non sai, e che io so, anche per te…”.
Ieri ho rivisto una mia cara amica.
Anche suo fratello era un mio caro amico. Carissimo.
E’ stato così fino a diversi anni fa. Siamo stati amici, carissimi, anche mentre aveva le sue storie d’amore, e non è mai stato un problema, nè è mai stato un problema per le mie. Perché la nostra era un’amicizia profonda, ma veramente pulita, fraterna.
Poi un giorno lui ha incontrato lei. Lei che all’inizio a sentirla parlare era felice per lui, che avesse degli amici che gli volevano bene, anche perché aveva avuto un’infanzia difficilissima. “che bella cosa”, diceva. Un giorno di colpo si inventa che io l’ho trattata male. Ho pure i testimoni, si è inventata la cosa di sana pianta. persino la situazione è inventata.
Lo mette al muro. Io devo sparire. Se vuole vedermi, e a lei pare pazzesco, lei cmq non vuole più neanche sentire il mio nome.
Lui sa che si è inventata tutto. Lo sa, perché mi conosce. Non che io sia una santa, ma lo sa benissimo che si è inventata questa cosa. Non mi serve neppure dirgli la mia versione. Ci basta guardarci negli occhi. I suoi sono rossi di pianto. Lui è innamorato di lei, questo amore lo sta ripagando di tanti vuoti che ha patito da bambino. E non piange perché la sua amica-sorella ha maltrattato la sua fidanzata, ma piange perché sa benissimo che il suo grande amore gli sta raccontando una palla micidiale. E gli sta chiedendo di strapparsi un pezzo di cuore… come prova d’amore. E sa che io me ne andrò, perché non gli chiederei mai, io, di tagliarsi a fettine
Mi è dispiaciuto molto sapere, a distanza di anni, che io non sono stata che il primo pezzo, di una lunga serie. E che in questi anni ha avuto una serie di disturbi di salute, uno dietro l’altro.
ecco … letto anche questo racconto di Luna, io arrivo ad un punto in cui mi chiedo: noi stiamo tanto a lavorare su noi stesse, a ricostruirci dopo la disintegrazione, a ricontattarci con la realtà, a ritrovare i nostri desideri e i nostri talenti, a lavorarci su, lo consigliamo alle persone amiche che vivono oppressioni, maltrattamenti psicologici, fisici, economici … ok, va tutto bene, è così che si deve fare, ma: è mai possibile che non ci sia un modo per far sì che le persone oppressive che rovinano la vita a macchia d’olio attorno a sè, comincino ad accorgersi che stanno facendo qualcosa che non va? d’accordo, esiste tutta la letteratura dalle tragedie ai fumetti, la storia, i film, le opere liriche, la cronaca (per non parlar dei libri sacri di tutte le religioni): ma evidentemente qualcosa non funziona, se a recepire il messaggio sono solo quelli che, dopo essere stati maltrattati, riescono a tagliare e a riprendersi con fatica la propria vita (molti, infatti, capiscono al contrario e si trasformano in oppressori) oppure quelli che del messaggio ne recepiscono solo l’aspetto di sopportazione e sofferenza e ci muoiono dentro. Gli oppressori, spesso violentati-violenti, hanno la testa così dura? Hanno il cuore così chiuso questi ‘cattivi’ che si aggirano, per rubare un’espressione ai testi sacri, come leoni ruggenti tra le pecore?
Al posto che, o meglio oltre, uno spot tv che spieghi alla vittima che è una vittima, non sarebbe ora di farne uno che spieghi al violento che è un violento?
FL53: sono domande che ovviamente non possono che “salire su”…
“ignorantemente” potrei provare a rispondere così:
che l’informazione può comunque servire, perché agendo sulle vittime, e portandole alla consapevolezza che qualcosa non va, e perché, perché dire no, mostrando certe dinamiche, adattamenti, ecc, può comunque spezzare una catena. Famigliare. Generale.
spero di riuscire a spiegarmi bene:
la violenza è un concetto molto ampio, ovviamente e purtroppo, non solo come violenza psicologica e fisica, che spesso si intersecano, ma per tutti il livelli, sfumature, manifestazioni.
Violenza è anche un furto, una rapina.
Uno stupro. Ogni forma di prevaricazione. Ogni volta che l’altro non esiste più come individuo a sè stante, con il proprio diritto, diritto alla vita, alla salute, ad essere, ad esprimersi, e non essere leso, in alcun modo. C’è chi annulla l’altro, non lo vede, se non come mezzo, nega la sua esistenza. E’ una comparsa, una cosa, un nulla.
E’ chiaro che piccole forme di aggressività sono quotidiane.
Nessuno è perfetto. Possiamo ledere gli altri anche senza esserne consapevoli. Possiamo chiedere scusa, possiamo rimediare. Possiamo non rendercene conto. Possiamo non farci stritolare dal senso di colpa, ma usare l’errore, anche il nostro, in modo costruttivo.
Possiamo difendere i nostri spazi, ma non per questo essere aggressivi.
Possiamo dire di no e di sì. Molte persone rimangono con delle parti di sè “incancrenite” dopo un’esperienza con la violenza. C’è chi si chiude, c’è chi si apre eccessivamente, c’è chi non riconosce la propria violenza, c’è chi non riconosce quella degli altri.
Io credo che si possa fare qualcosa.
Io credo che si possa, se ci si mette in discussione, in modo costruttivo. E si capisce che qualcosa non va. Qualcosa non va se non siamo felici, al di là delle cose della vita che veramente esulano completamente da un controllo, forse dipende dalle relazioni che abbiamo. Bisogna poter guardarle con lucidità.
Non è scontato
fosse facile…. fargli capire che quello che fanno non se lo potrebbero permettere non ci sarebbero più problemi! Secondo me a volte bisognerebbe agire per vie legali…. ma bisogna trovare il coraggio e sapersi allontanare e prendersi tutte le onseguenze del caso! Perchè l’uomo violento capisce solo una parola oppressione…. Comunque ho preso il libro molto interesante ho deciso di prenderne anche un’altro dello stesso autore!