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Perché nei disabili la sessualità imbarazza

di francoazzurro

Nel vedere una coppia di ragazzi disabili che passeggiano per strada mano nella mano, la gente rimane stupita senza considerare neanche un istante la fragilità affettiva – caratteristica del ritardo mentale – che, oltre a determinare insicurezza e bisogno di protezione, in alcuni casi provoca forte dipendenza. Per quanto ritardato, il disabile mentale sa di non poter provvedere da solo alle proprie esigenze, e la necessità di affidarsi a qualcuno deriva proprio dalla consapevolezza di non avere a disposizione riferimenti concreti nei momenti di bisogno.
Ancor più desolante è dover ammettere che spesso proprio i loro genitori a porre dei limiti, ignorando il loro desiderio di vivere una soddisfacente dimensione affettiva e sessuale per ignoranza, preconcetti. Perché il sesso imbarazza! E quello di un disabile spiazza. La sessualità è solo una componente del ben più vasto progetto di vita con l’altro (in cui il conforto, l’aiuto e il mutuo scambio di affetto e di amore si intrecciano), la problematica affettivo-sessuale dei disabili resta inespressa e inibita.

Essendo venuta alla luce molto tardi, questo argomento ci coglie tutti impreparati e se qualcosa sta iniziando a cambiare, il merito va a quei disabili che sono riusciti a esprimere le proprie esigenze nella loro globalità di persona. Fu solo agli inizi degli anni settanta, quando cioè cominciarono a essere organizzati una serie di convegni per denunciarne l’emarginazione, che si iniziò a prendere coscienza del diritto all’amore del disabile. Il primo incontro in assoluto dedicato all’handicap motorio e incentrato sul diritto all’eros per i “minorati”, fu promosso da Rosanna Benzi e dalla sua equipe di operatori.
Perché possiamo trovare in letteratura qualcosa di specifico e avviare un discorso sul riconoscimento della sessualità nei soggetti con ritardo mentale, dobbiamo attendere la seconda metà degli anni novanta quando cominciano a circolare nelle sale cinematografiche dei cortometraggi predisposti dalle prime associazioni di volontariato di famiglie. Tuttavia, nonostante nel 1999 cinque coppie down ottennero la Palma D’oro a Venezia per la migliore interpretazione in un corto nel quale parlavano del loro amore (fatto di slanci, fisicità, desideri e speranze), la sessualità dei disabili non veniva ancora riconosciuta dal corpo sociale: la tematica restava infatti relegata nel chiuso dei gruppi di volontariato o nelle tesi di laurea di qualche volenteroso.

Il motivo della scarsa informazione riguardante il tema dell’affettività dei disabili è, come detto poc’anzi, l’imbarazzo che un argomento del genere è in grado di scatenare. Imbarazzo che non è uguale dappertutto: cambia da regione a regione, se non addirittura da provincia a provincia. Imbarazzo nell’opinione pubblica, ma ancor prima nei genitori che in tal modo condannano inconsapevolmente i loro figli al ruolo grottesco di eterni bambini. E questo anche se gran parte di essi, specialmente quelli con disabilità meno gravi, avvertono abbastanza presto l’esigenza di avere una vita affettiva autonoma rivendicando, oggi più che mai, il diritto a crescere e a scrollarsi di dosso lo stereotipo che li considera degli asessuati Peter Pan. Ciò che vogliono è raggiungere la massima autonomia possibile, diventare finalmente ‘persona’ e dimostrare di avere “anche la capacità di portare avanti un rapporto amoroso con un partner”. A Firenze, che si sappia, si ha l’unico esempio di due giovani down che si sono sposati cinque anni fa e risiedono all’estero presso il fratello del marito. “Elena e Mario – riferisce la madre della ragazza – vivono una permanente luna di miele”, difficilmente riscontrabile nei rapporti coniugali…. È vero, casi come quelli di Elena e Mario sono piuttosto rari: l’importante è che ci siano.
Per superare le resistenze a queste unioni, il Parlamento italiano con Legge 18 del 3 marzo 2009 ha ratificato una convenzione delle Nazioni Unite. Essa prevede di estendere la piena attuazione della Carta costituzionale anche a chi “presenta delle disabilità”, al fine di “…eliminare le discriminazioni in tutte le questioni che riguardano il matrimonio, la famiglia, la paternità e le relazioni personali, sulla base di eguaglianza con gli altri, in modo da assicurare ogni diritto in età di matrimonio, sposarsi e fondare una famiglia sulla base del consenso libero e pieno dei contraenti”.

Francesco Pugliarello (alias francoazzurro)

Lettera pubblicata il 3 Maggio 2014. L'autore ha condiviso 15 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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Categorie: - Riflessioni - Sesso

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