Ho cercato su Google le parole “mi sento solo”. L’intenzione non era tanto quella di fare una vera e propria ricerca, diciamo che era un po’ come se volessi dire a qualcuno quello che sento e ho provato a dirlo al computer. In un certo senso il computer mi ha risposto. Tra le altre cose è venuto fuori questo sito e devo dire che sono abbastanza sorpreso di trovare così tanti interventi sulla solitudine. Ho visto che quasi sempre si tratta di storie legate alla fine di una relazione, ma molti parlano anche della mancanza di semplici amicizie.
Non so bene dove andrò a parare con questa lettera. Quello che mi spinge a scriverla è il forte disagio che provo, quindi forse dovrei cominciare da qui.
Ho 27 anni, vivo in una bella città e ho un lavoro che mi dà da vivere, anche se non è assolutamente ciò che avrei voluto fare nella vita. Quello che mi opprime fondamentalmente è un profondo senso di solitudine. Ho avuto una storia familiare travagliata, ho subito per tanti anni quel tipo di violenza che nessuno vede ma che fa molti più danni di quella fisica, quella violenza psicologica lenta e subdola che ti consuma dall’interno. Di conseguenza ho sviluppato diversi disturbi della personalità e da bambino sorridente e pieno di interessi e iniziative mi sono trasformato in un vegetale, completamente staccato da se stesso, incapace di partecipare in prima persona alla sua stessa vita. Quello che gli altri vedevano era una persona priva di opinioni, di volontà, di personalità, una specie di contenitore vuoto. Non ho mai stabilito nessun legame, neanche superficiale, con i miei compagni di scuola, dalle elementari al liceo. Sono cresciuto senza fare le esperienze che un bambino/adolescente dovrebbe fare, per il semplice motivo che durante la mia infanzia/adolescenza io, come individuo dotato di personalità, non esistevo. Allo stesso tempo però sentivo un forte bisogno di avere qualcuno intorno che mi apprezzasse, cercavo di volta in volta di interpretare il ruolo giusto per piacere a questa o quella persona, assumendo atteggiamenti che non mi appartenevano, sforzandomi di sembrare quello che non ero. I risultati ovviamente erano pessimi, è impossibile dipingersi addosso un carattere. Tutto questo è andato avanti almeno fino alla fine del liceo.
Dopo il liceo mi sono separato dalla mia famiglia ed è stato allora che il mio malessere è venuto fuori e le conseguenze di tutto quello che avevo passato hanno assunto una forma concreta. Risultato: forte depressione, ansia, tentativi di suicidio, quattro psichiatri diversi, psicofarmaci a volontà, ospedale psichiatrico. E ancora più solitudine.
Nel pieno di questo periodo ho incontrato un ragazzo che miracolosamente è stato disposto a stare accanto a una persona problematica come me. Abbiamo convissuto per circa due anni e mezzo, ma il rapporto con lui ha solo peggiorato la situazione, perché non ero assolutamente in grado di gestire una relazione. Così sono ulteriormente sprofondato. Incapace ormai anche lui di gestire la situazione, mi ha lasciato. E a quel punto mi sono ritrovato davvero solo al 100%. Avevo toccato il fondo. E a costo di sembrare banale… ormai potevo solo risalire. Non avevo più niente da perdere, non avevo più nessuno intorno a cui dover piacere, non dovevo più temere i giudizi degli altri. Ero solo con me stesso e dovevo fare i conti con quel me stesso che avevo perso di vista ormai da troppi anni.
Diciamo che ci sono riuscito, ho smesso di prendere farmaci, ho ripreso contatto con il mio corpo e sono diventato padrone della mia vita e delle mie azioni. Probabilmente sarebbe utile a chi si trova in una situazione simile (depressione, ansia, ecc.) se spiegassi come ne sono uscito, magari lo farò in un altro intervento perché è un discorso importante e non voglio riassumerlo in poche parole. Fatto sta che per la prima volta nella mia vita venivo apprezzato dagli altri senza dover fare nessuno sforzo, dovevo solo essere me stesso. Non sono diventato una bella persona, sono semplicemente diventato UNA persona, con i suoi pregi e i suoi difetti, non più un contenitore vuoto o una specie di attore scarso.
Ora sono passati tre anni, da un po’ di mesi ho cambiato città e nazione.
Il problema è che certi traumi infantili e certe esperienze restano radicati nel profondo e in qualche modo te li porti dietro tutta la vita. Così ogni tanto si fanno risentire. Ed ecco che mi trovo a scrivere questa lettera.
Ho il terrore di perdermi di nuovo, di sprofondare come successe tre anni fa, ma razionalmente mi rendo conto che non è possibile, perché oggi ho un modo completamente diverso di gestire il dolore.
Dopo la relazione di cui ho parlato non sono più riuscito ad avere nessun tipo di contatto potenzialmete finalizzato a una relazione. Mi sento totalmente inadeguato, ho l’impressione che nessuno potrà mai più essere attratto da me, anche perché i farmaci mi hanno rovinato abbastanza e il fatto che fisicamente non sia un granché non mi aiuta. Ho di nuovo questo fastidioso bisogno di essere apprezzato da qualcuno. La mia parte “sana” sta combattendo contro questo bisogno, ma comincio a pensare che non sia qualcosa da combattere. In fondo non siamo fatti per stare soli, è un bisogno naturale quello di avere qualcuno accanto. Probabilmente non si tratta di una “ricaduta”, forse comincio a sentire un’esigenza che è legittimo avere. Non parlo necessariamente di relazioni, ma anche e soprattutto di semplici amicizie. Vorrei solo stabilire dei legami solidi: parlarsi, aprirsi, conoscersi nel profondo, senza paura di essere giudicati. Sono stanco di vivere solo per me stesso e con me stesso. Chiedo troppo?
Altre lettere che potrebbero interessarti
Categorie: - Me stesso
La cosa che mi ha colpito di più, l’hai scritta probabilmente senza nemmeno pensarci tanto.
Vorresti fare un altro lavoro.
Steve Jobs una volta disse: “Siate affamati, siate folli”. Come fai ad essere affamato e ad essere folle sei fai qualcosa che fondamentalmente non ti piace?
Per sviluppare relazioni sane con gli altri, non dobbiamo essere mossi dal bisogno. Ma dal desiderio. E’ una sfumatura che nasconde un abisso.
Il bisogno ti mette subito in una posizione svantaggiata. Se non hai l’oggetto del bisogno, non sopravvivi. E’ come l’acqua o l’aria. Senza non c’è vita.
Il desiderio nasce da una personalità adulta, che già “basta a se stessa”. Se tu basti a te stesso non hai bisogno degli altri. Questo perché sei già completo, sei già adatto a sopravvivere così come sei. Così, i rapporti con gli altri diventano un arricchimento, un valore aggiunto. Come una bella macchina in una bella villa.
Ma non puoi desiderare la macchina se prima non hai una bella villa. Fare una bella villa vuol dire puntare innanzitutto su di te.
Allora mi chiedo: perché non fare un lavoro che ti appagherebbe? Gran parte del tempo lo passiamo sul luogo di lavoro. Non è forse legittimo scegliere come impiegare questo tempo? E’ la nostra vita.
Realizza te stesso, e vedrai che le persone verranno a te come mosche al miele.
Ciao..io sono una ragazza un po più giovane di te..cmq da una parte di posso capireperchè anch’io ho avuto dei problemi al livello famigliare, anch’io ho subito violenza psichica ma anche fisica quando fino a due anni fa. La mia infanzia non è stata bellissima anzi..fino alla 3 superiore non riuscivo ad instaurare un amicizia vera, non parlavo con nessuno, ero sempre di cattivo umore, mi sentivo molto male, trascurata. Ho avuto poi molte crisi di depressione..poi ho deciso che le cose dovevano cambiare perchè così nn si adanva da nessuna parte..(mi facevo schifo, non mi piacevo, non mi apprezzavo)allora ho deciso di andare da uno psicologo, che mi ha aiutato molto a fare chiarezze dentro di me e mi ha fa fatto capire certe cos che da sola no avrei capito. Ero disposta a cambiare a qualucnque costo, perchè mi sentivo INADEGUATA con tutti, ti giuro.Mi sono aperta pian piano alla gente, spesso le mie percezioni erano sbagliate e curandomi con la terapia mi sn sollevata.Da molto non ho piu crisi di depressione e se qualche pensiero in testa ritorna lo caccio via,lo rifiuto, e faccio qualcosa che mi piace fare. Secondo me ecco, dovresti trovare qualcosa che ti piace fare veramente, lo so può essere banale, ma facendo cose che ti piacciono magari ti iscrivi ad un corso che ne so, poi inontri una persona cn il tuo stesso hobby e incominci a parlarci …oppure fai attività sportiva, questo aiuta sempre.Ho studiato pedagogia e i greci x essere virtuosi sia nell’anima che nel corpo facevano esercizio fisico un sacco di ore al giorno, (x diventare esteticamente belli) poi prendevano lezioni di filosofia, cultura,pedagogia, MUSICA (discipline che riguardano l’anima). Concludendo dovresti trovare una passione. Quello che cerco di dirti è che devi fare prima un lavoro interiore, prima di piacere alla gente devi piacerti prima te, devi apprezzarti prima te, devi volerti bene e dirti che non è colpa tua tutto quellio che ti è capitato, devi perdonare..o comunque lasciarti alle spalle le cose del passato. Un’altra cosa impo,il cibo che mangi è una cosa molto imp nella vita di ognuno. Il cibo rispecchia il rapporto che hai col mondo..cerca di mangiare sempre e solo cibi salutari, carne verdura, pesce, non cose in scatola..o surgelate..assapora la vita. Sono molto umile nel dirti queste cose, anche xk ho quasi 10anni in meno di te. Ti capisco xk mi sembri molto sensibile come lo sono io. spero d’averti dato dei consigli utili. Auguri x tutto !!!
Ciao, io sono Simone. Potrei cominicare col dire che la metà delle cose che hai scritto riguardano anche me, ma non voglio fare come tanti qui che rispondono alle lettere parlando solo dei loro problemi.
Parliamo invece della vita. Essere soli. Questo stato perenne, che sembra inevitabile: spesso, infatti, si è soli anche quando si ha amici o una relazione. L’amore a volte può farcelo dimenticare, ma poi, se l’amore si dilegua, ecco che la solitudine torna a farsi sentire, anche più forte di prima. Era solo addormentata, come un serpente sotto ad un sasso.
La vita, poi, in fondo cos’è? Ce lo chiediamo spesso, e una risposta non si trova mai: è quel momento in cui lui ti ha preso la mano, quando ti ha detto “ti amo”, è il momento in cui qualcuno ti ha sorriso, o quando hai ottenuto quello che tanto faticosamente cercavi di raggiungere, quando senti di essere vivo dentro e non uno spettatore della tua vita; quando sai prendere la strada, anche se tutti si voltano; quando rinunci, e seppur rinunciando riesci a vincere, in qualche modo, perché non hai tradito ciò che sei.
Insomma, si potrebbero dare tante definizioni della vita quante sono le persone vive a questo mondo.
Con le esperienze (spesso troppe e troppo logoranti), si impara a dare molta importanza a quelli che io chiamo “istanti di vita vera”, cioè quei momenti in cui ti senti vivo al 100% e ti senti come preso dal mondo che gira insieme a te, con tutte le sue persone, gli animali, gli alberi… Poi si risprofonda, la lucina alla fine del tunnel non arriva mai.
Ecco, io ho sempre pensato che per essere, non dico felici, ma almeno sereni si debba arrivare al punto di non ritorno, capire cosa questo sia, non avere paura di guardarlo, e di affacciarsi sull’abisso; ho sempre pensato che, per stare bene con gli altri, bisogna anzitutto star bene da soli. Quando stai da solo e dentro senti che hai tutto, allora lì puoi incontrare qualcuno su un campo neutro, una zona franca. Al contrario, se da solo non senti dentro di te quella completezza, poi troverai nella realtà, nelle persone, nell’amore o nell’amicizia, un senso di pochezza sconfinata, che ti farà ripiombare inesorabilmente nella depressione.
Putroppo, credo che il lavoro su stessi non finisca mai. Quello che facciamo è spiegare il perché noi non vogliamo questo logoramento; e lo scriviamo, il perché non lo vogliamo, cerchiamo aiuto, comprensione, una parola, una lettera, spesso ci accontentiamo anche del niente. Esisterà qualcuno che possa capirci? Ma anche dopo averlo incontrato, non dobbiamo sempre esser noi a tirarci su dal fango?
Un giorno, ci sveglieremo, e vedremo che il percorso che abbiamo attraversato è già la nostra vita, e possiamo fare solo due cose: o accettarla per quella che è o ripudiarla e continuare con l’andirivieni. Io non so a che punto sono, so solo che chi ne parla, ne scrive, chi lo racconta, ancora non è nel buco nero, ancora non è diventato un buco nero. E tu non lo sei. Come forse non lo sono ancora io.
kombo hai centrato il problema. Purtroppo ho dovuto riassumere tutto per non superare le 1000 parole, ma queste sono cose un po’ complesse. La differenza tra desiderare e aver bisogno di un’amicizia è stata la chiave della mia “guarigione”. Le persone riconoscono istintivamente la debolezza di chi vuole a tutti i costi l’approvazione degli altri e se ne allontanano. Nel momento in cui mi sono impossessato di me stesso e ho (ri)acquisito una personalità, diventando una persona completa, ho smesso di sentire il bisogno di avere persone accanto ed è proprio allora che sono stati gli altri a venire da me. Quello che mi tormenta ora è il fatto che ultimamente stia sentendo di nuovo il “bisogno” di avere qualcuno accanto, ecco perché ho paura di una specie di ricaduta. Il percorso per uscire da questo stato lo conosco, l’ho già fatto ma manca ancora qualcosa.
Quanto al lavoro, proprio ieri ho visto per caso il discorso di Steve Jobs, che condivido dalla prima all’ultima parola. Io ho una fortissima passione che non sono mai riuscito a coltivare date le circostanze. Oggi questa passione non è fonte di piacere per ma fonte di frustrazione, perché rappresenta un mio fallimento. Probabilmente finché non farò rientrare questa mia passione nella mia vita non guarirò mai del tutto, perché non sarò mai una persona completa.
Perfetto.
Sai la differenza tra bisogno e desiderio, non solo a livello teorico, ma anche pratico, avendola sperimentata sulla tua pelle.
Hai una passione da seguire che finalmente ti completerebbe come persona, ti renderebbe più felice, e, di conseguenza, attirerebbe persone verso di te.
Tutto torna.
Puoi trovare mille buone ragioni per non muoverti in questa direzioni. Basta questa per fare il contrario: smettere di sopravvivere e finalmente iniziare a vivere.
Ciao Simone, devi sapere che prima, come praticamente tutte le persone che soffrono di depressione, ero totalmente incapace di reagire, tutto quello che sapevo fare era cercare sia le cause che i rimedi all’esterno. Ora riguardo con molto fastidio a quella persona che si lamentava senza fare nulla per cambiare, ma riconosco anche che quando ti trovi in quello stato non hai la minima idea di cosa voglia dire concretamente la parola “reagire”, per cui non critico neanche chi si comporta così. Il fatto che ho scritto questo intervento è un chiaro segno di “regresso”, ma la mia intenzione non era chiedere aiuto, so bene che sono solo io a dovermi risollevare. A dirla tutta mi dà anche fastidio rileggere l’ultima parte del mio stesso intervento, perché riconosco subito il mio lato “malato”.
Temo che tu abbia ragione sul fatto che non si finisce mai di lavorare su se stessi, forse perché è la vita che non smette mai di metterci alla prova.