Il sole tramonta dipingendo la scura sagoma della montagna mentre le sfumature delle nubi si confondono e si uniformano nel nero.
-Anche questa notte dovremo combattere-, sussurra Azazel, l’arpia che appollaiata sulla mia spalla sorride, ghigna, ma il cui sguardo è diretto, fisso e solenne al crinale buio del monte. Non ho alcuna intenzione di rispondere al mio vecchio amico e mi volgo alla fiamma nera che brucia a pochi passi da me. Il suo vigore vacilla, la sua forza distruttiva si è assopita nelle notti che sono sopraggiunte. E’ debole e fioca, la sua primeva potenza non è che un ricordo, sembrerebbe. Di tanto in tanto si sfoca nella notte, ma io questo non posso permetterlo, essa è la mia vita e il mio potere, essa è la mia salvezza.
Urla e lamenti iniziano a provenire dalla buia gola e suoni di ghisa e di ferro invecchiato. -Stanno arrivando, Alexandre, e la tua fiamma è così debole, il tuo spirito così molliccio-, Azazel non distoglie lo sguardo di odio dal crinale. L’aria nel mio petto si incendia, a ragione delle colpe, mentre estraggo Dinguldae dal fodero.
L’acciaio di cenere che è la sua anima una volta era luccicante e splendeva della luce lunare. Ora il metallo è scuro, opaco, scheggiato ovunque, ma questo non mi spaventa. Un cavaliere che indossa un’armatura scintillante è un uomo che non ha mai messo alla prova il metallo di cui è fatta.
Inizio a vedere le prime sagome nell’ombra. Mazze di ferro e ruggine, spade tinte di sangue rappreso e archi di legno spettrale impugnate da nefaste creature. Intonano canti delle loro terre infernali mentre marciano, verso di me, verso la fiamma nera che è il mio spirito. Le armature di ferro e cuoio compongono la sinfonia che accompagna il loro canto e il buio si infittisce, mentre avanzano.
Impugno Dinguldae, il mio spirito sarà anche fiaccato, ma non rifiuterò di combatterli come ogni notte, di sconfiggere la loro ira con il colpo duro del metallo.
-Adesso!-, urla Azazel e il mio cuore rimbomba nella cassa toracica. Sono pronto, come ogni notte. Carico i nemici.
Nell’oscurità si odono le urla i lamenti, e il cozzare del ferro.
Sono seduto, circondato dai cadaveri dei miei nemici. Molti e forti sono venuti stanotte per distruggere la mia fiamma per sempre, ma anche stavolta ne sono uscito. Vincitore. Azazel guarda ancora il crinale del monte. -Alexandre-, la sua voce ora è diversa, non di sfida, ne di approvazione, è la voce della mia anima. -Stanotte non ti basterà conservare la fiamma con la forza della tua lama. Hai già visto questa oscurità anni fa in una terra diversa quando il tuo spirito era giovane. E’ passato molto tempo da quando combattesti contro di lui nell’ombra, ma egli non è mai stato sconfitto del tutto ed è tornato. Esige che la fiamma nera venga spenta e tu con essa, egli è Giudice e Padre.
Quanto tempo è passato da quando colpì quasi fatalmente il Nagyobb Rèmàlom, il mio più antico nemico, colui che mi condusse nei meandri della mia anima e mi mostrò la fiamma per la prima volta molti anni fa, quando Dinguldae non era parte del mio corpo. Non avevo dimenticato le ali nere e le sue pupille di fuoco. Impugnava Dite, il martello di fuoco del quale avevo ancora le cicatrici sul mio corpo.
Si avvicina lentamente, come la notte che sopraggiunge. Stringe la sua arma e ad ogni suo passo la terra è scossa. Un titano di un mondo antico, una maschera che non è una creatura, ma molte.
E’ in piedi davanti a me, nessuna guardia, solo i suoi occhi di lava che mi osservano. Lascia cadere il martello a terra e chiude le ali. –Cosa, Alexandre, cosa ha quasi spento la fiamma-, Egli parla direttamente alla mia mente. –La tua spada è sempre stata salda, ora vedo la fine nei tuoi occhi-.
-Padre, non è la fine che vedi. Ho visto uomini costretti a combattere continuamente, professando la pace. Ho visto l’ingiustizia del mondo e la disperazione tra le fronde degli alberi, nel soffio del vento. Ma la fiamma bruciava, bruciava con potenza. Mi sono elevato fra di loro e sono stato come un Dio. Avevo dimenticato cosa significasse cercare ciò che non è Inferno. E poi ho trovato qualcosa che mi ha fatto tornare di nuovo quel giovane senza la spada. Quel qualcosa ora è morto e sono tornato qui a combattere nella notte. Ma la fiamma padre, non è che un ricordo-.
Un soffio di vento scuote il fuoco nero ed ora resta solo brace e qualche tizzone buio come il vuoto.
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Categorie: - Cultura
Molto bella! Anche se triste..
È un racconto scritto da te o tratto da qualche opera?
scritto da me, ho cercato di rappresentare in maniera figuartiva la lotta contro i demoni del passato