Caddi da una rupe.
Battei forte la schiena.
E rimasi a lungo disteso nell’umida terra.
A guardare il cielo. Al di là della percezione.
L’erba fresca. Quel silenzio. Solitudine.
Guardavo l’infinito, ed i miei sogni più sfrenati avvizzivano.
Non avrei desiderato altro. Il traguardo era sempre lì, poco più su.
Ma è troppo lontano il cielo.
Rimasi lì, disteso.
Ciò che vedevo superava qualunque limite. Qualunque regola.
Non mi ero mai soffermato così. Vedevo qualcosa di nuovo.
Di incomprensibile. Come le navi agli occhi dei primi popoli americani.
Non ho mai saputo chi sono. Sono un’ombra. Sono un’orma. Un soffio di vento.
Non ho mai saputo chi sono.
E mentre il tempo passava tutto scomparve.
Non c’era gioia, né paura. Non c’era odio, né amore.
Solo l’ indescrivibile, che non avrei ottenuto in nessuna tela.
Quella geometria inconcreta, che non avrei riproposto in nessun progetto.
E mentre tutto sfugge guardo ancora il cielo, come un bambino.
E tutto sfugge. Non ho più nulla di cui preoccuparmi.
Vivere è. Vagare nell’incertezza del tutto.
Mentre l’origine nascosta mi chiama a sé. Accarezza il mio viso
e se ne va.
Lontano. Più di ogni mia fantasia.
E mi sorride come nessuno sa fare.
Per un gioco a cui vale la pena giocare senza avere le istruzioni.
Sei sicuro di avere battuto la schiena?
molto molto bello. mi ha fatto riflettere, e per un attimo mi ha fatto sentire sereno. Grazie
hahaha, suvvia lasciami fare un po’ di poesia Aton 🙂 e, se non altro, ammetti che gli argomenti che tratto hanno un carattere “diverso” da prima. Se così io ammetterò di esser inciampato nella lettura de “Il Palazzo del Grande Tritacarne”!
@Vins ciò mi allieta 🙂
Fai tutta la poesia che vuoi, ci mancherebbe altro. Ero interessato al lato ortopedico della faccenda. Ma “Mark” è un eteronimo di Vicente Guedes?
A dire il vero il nome che desideravo non era disponibile… Mark è un personaggio di finzione, a cui ho delegato il compito di sperimentare, cose. Coerentemente ad altri, credo:) E cmq nota come sia avvilente il fatto che possano fregarci i nomi. Certo, mi rendo conto che aver scelto “mark” non sia stata una gran mossa, a posteriori…
Ad ogni modo vivere in Portogallo non mi dispiacerebbe. Purché un qualche Aton non decida di scottarmi con i suoi raggi divini 🙂
I know not what tomorrow will bring…
Ehm… I DON’T KNOW, please. Però è vero, dà fastidio che ci possano fregare i nomi.
haha, me ne son reso conto anch’io che scritta così suona male ma… Fernando Pessoa l’ha scritta così!
E comunque prima o poi mi dovrai dire da dove proviene tutta questa tua erudizione.