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Lettera pubblicata il 26 Settembre 2011. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore aleba.
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ALEBA: sono d’accordo con te. Ed è anche per questo che ho sempre detestato le bugie, anche quelle bianche.
A chi piacciono, mi dirai. Però è attraverso la nostra verità e quella degli altri, con cui ci rapportiamo, che in effetti possiamo compiere delle scelte libere e consapevoli, sono d’accordo con te. E quando mi capitò di stare con un bugiardo cronico, molti anni fa, anche quella era una risposta, una verità di per sè. Di fronte alla… verità del suo modo di essere, di fronte al fatto che per me il suo modo di essere era assolutamente lontano dal mio, e destabilizzante, io dissi no.
Non si sapeva mai quale fosse la verità, ma già quella era “una verità” abbastanza evidente di cui tenere conto.
E’ il famoso “è quel che è”, di cui a suo tempo parlava la mia strizzacervelli.
Le relazioni perfette non esistono, tutte le relazioni si basano su degli equilibri. Che non sono perfetti, ma appunto equilibri.
E non sempre le nostre verità ci appaiono con evidenza mentre le stiamo vivendo. Ma, a meno che non siamo stati vittime di un plagio totale, ma veramente totale (e anche in quel caso siamo comunque parte agente di un plagio, nella verità di non essere riusciti a difenderci e nel malessere che abbiamo provato, negato, al quale ci siamo adattati, ecc) siamo stati comunque protagonisti in ciò che abbiamo vissuto. Se io avessi visto e vedessi la mia storia di cui parlo in queste pagine con un atteggiamento di totale passività, seppure molte cose mi provochino a pensarci ancora rabbia (sana anche, credo, funzionale) e frustrazione sarebbe molto diverso da guardarla da un altro punto di vista. Un giorno, molti anni fa, lessi il libro “Molestie morali” e mi aprì gli occhi. Non me li aprì tipo miracolo con suono della banda celeste. Ma fu importante. Anche perché mi mostrò da quali cose e perché si può essere travolti, e che certe sensazioni di confusione e non solo avevano un senso. Cioè lessi nero su bianco che certe cose che provavo e certe situazioni che vivevo… esistevano e nella loro non logica provocavano determinate sensazioni, anche di incastro. Per me fu importante, perché, sino a poco prima, io non avevo idea di cosa stessi vivendo realmente. Poi ogni storia è a sè, ma quando lessi per esempio la cosa di provare a comunicare lasciando messaggi e scritti che l’altro non legge mai o finge di non aver letto (in realtà lasciandoti nel limbo di non sapere neppure questo, se le tue parole sono arrivate o no) lessi di una dinamica precisa. Al contempo leggere, se fu importante perché mi sollevò totalmente dal dubbio che queste cose accadono solo ai masochisti (sapevo di non esserlo, me lo diceva la mia vita stessa precedente) e mi spiegò perché ci si ritrova con le difese basse. Ma se mi mostrò che non era tutta una mia responsabilità, mi riportò anche nella posizione dell’IO, io mi sento travolta. Io mi confronto con.
E’ chiaro che una persona che si ritrova sommersa dalle dinamiche della molestia psicologica e dalla destabilizzazione
è una vittima di qualcosa che non riesce a decifrare, confonde, è più grande di lei. Non ho bisogno di spiegare a te perché, se da fuori può sembrare evidente che sarebbe servito solo un bel calcio nel sedere a chi attuava certe dinamiche, anche una persona intelligente e che sa vivere può restare tramortita fino a sentirsi “paralizzata”. Se fosse una persona qualunque ad agire molestia nella maggioranza dei casi avremmo il calcio nel sedere immediato e pronto. Ma nel caso in cui ad agirla è una figura centrale, famigliare, quella su cui abbiamo proiettato l’idea di un “luogo emotivo” protetto e dolce l’effetto di destabilizzazione è devastante. E’ ovvio che il molestatore si insinua nelle fragilità e anche negli ideali che ciascuno di noi può avere. Ma comunque lo fa con un randello infuocato. E sappiamo, tu e io, che poi ognuno di noi si confronta anche con le proprie verità da conoscere.
Dicevo che non sempre è facile riconoscere nella contingenza tutte le proprie, contingenti, verità. Però se esci da una relazione, come pare sia nel caso della moglie di Fuori dal Coro (chiedo scusa perché ne parlo mentre è assente), parlando di te stessa in un modo totalmente passivo neghi anche l’evidenza del fatto che invece hai contribuito a determinati equilibri, e che per qualche ragione, tua ragione, anche tu eri lì. Certo che c’è di mezzo il cuore e quindi possiamo anche accettare dei compromessi, ma li stiamo accettando per noi stessi prima che per l’altro?
Intendo dire: se una persona mi dice che non vorrà mai un figlio e io dico “ok” e non sono consapevole di una mia verità o non manifesto apertamente una mia verità posso davvero dare la totale responsabilità all’altro?
Sai, Aleba, l’altro giorno un mio amico mi raccontava di quando con la moglie hanno deciso di fare un mutuo molto pesante per una nuova casa, a nome di lui, lei ha detto sì. Ora, non avevamo mai parlato di non avere figli, anzi avevano parlato di averne, poi il discorso era caduto, in quel periodo. Come mai stavano parlando di una scelta che li avrebbe condizionati per anni senza tenere conto anche di quell’aspetto? forse c’era un non detto, anche inconsapevole? fatto sta che lei dice sì, poco dopo palesa una crisi di lei (negata), e sbuca anche una simpatia (negata) per un collega. Alla fine lui, oltre ad essere esasperato per gli atteggiamenti (negati) di lei, e giunto alla certezza che qualcosa bolle in pentola per il collega (impegnato, tra l’altro) la lascia. Lei dice: non so cosa provo per te. In apparenza lei stava prendendo tempo per essere certa di cascare… sul morbido. Comunque lei non fa neanche nulla per dimostrare il contrario, e che sia pure per il suo carattere passivo anche quella, il suo modo di comportarsi, è una verità. Come è una verità che nel momento del mutuo non ha detto, pur senza entrare nel dettaglio: magari adesso no. Lui ha perso anche la casa, lei anni dopo ha avuto il coraggio di dire: “Comunque TU hai fatto le cose troppo in fretta”.
Certo Luna, gli equilibri e gli squilibri in una relazione di coppia si fanno sempre in due. Anzi, io mi attribuisco la responsabilità dell’aver mangiato anni miei e suoi per continuare a provare, per cercare di entrare dietro le sue barriere e fargli provare la consapevolezza di essere amato. Ho gettato la spugna, avrei dovuto farlo molto prima. Tu parli di messaggi scritti non letti oppure letti ma non commentati. Il mio ex mi diceva “ho letto, ma non me ne frega niente”. Quello che proprio mi fa arrabbiare, che mi fa stare male, è che lui non si interroga come faccio io. Lui non ha mai perso un minuto del suo tempo per pensare “dove sbaglio?” No, ormai mi è chiaro che il suo era tutto un bel piano ben architettato…lucidamente. Tutte le parole, i discorsi. Tutte le volte che l’ho appoggiato, soccorso, che mi sono resa scudo per lui di fronte alle intemperie della vita..lui non poteva sopportare di aver bisogno di me, non poteva riconoscere che in qualche modo io gli ero utile. Mah| Ti dico che la mia è stata una guerra persa in partenza e, se riguardo indietro, i segnali c’erano tutti fin dai primi mesi. Come abbia fatto poi a ritrovarmi incastrata? beh sono successi dei fatti tragici dove lui aveva assoluto bisogno, anche se non manifestato, di me. E io ero lì ed ho tirato fuori tutta la forza di cui ero capace per aiutarlo. Se non avessi avuto la bambina probabilmente oggi sarei ancora con lui, tra lavoro casa e insulti e denigrazioni risolvendo problemi e prendendo in cambio solo delusioni. Non mi sto esaltando, dico la realtà delle cose. Una realtà che lui ha sempre negato o sminuito fino a farla sembrare insignificante. Mi chiedo come faccia a vivere senza che un minimo dubbio sul suo operato, sul suo modo di aver vissuto la nostra relazione, si insinui nella sua assoluta convinzione di essere Dio. Io sono qui che ancora mi chiedo se ci fosse stata una strada che non ho visto, che ho sottovalutato. Lui invece, imperterrito.. e crede pure che ne uscirà vittorioso. Certo, i soldi fanno la differenza su certe cose, ma con i soldi non si può comprare il bene..quello vero. L’affetto, la stima non hanno un prezzo.
ALEBA: quando dici @sarei ancora lì
Io non penso che ti esalti, anche se capisco il senso in cui lo dici.
Penso che sarebbe stato assurdo, perché possiamo amare moltissimo una persona ma anche quella persona deve fare il suo per farsi amare e farci stare bene insieme a lui o lei.
Una strada che non hai visto e hai sottovalutato?
Sì, probabilmente quella per cui (scusa la franchezza) alle prime uscite infelici avresti dovuto e potuto alzarti dalla seggiola, girare i tacchi e andartene.
Sai che non ti parlo da persona che giudica il fatto che non hai girato i tacchi e so quanto dolore causi non riuscire a capire perché là dove potrebbero esserci amore e armonia debbano esserci rabbia e disarmonia. e soprattutto a scapito di uno.
il fatto è che se quell’amore, reciproco, sereno, e quell’armonia non ci sono evidentemente una ragione c’è.
Anch’io non riuscivo a capire perché BISOGNASSE stare male.
Ci sono, come dicevi anche tu, degli accadimenti nella vita per cui ci si ritrova purtroppo a preoccuparsi, stare male. tra cui le preoccupazioni per la propria salute, e per una persona cara. O la morte di persone care.
Quando entriamo in casa e stiamo insieme alla persona che amiamo e ci ama dovremmo poter sentire, anche nei momenti duri, la consolazione delle cose belle e semplici della vita.
La vita è fatta di problemi, ma non è fatta solo di problemi.
Un giorno c’è il sole e il giorno dopo magari piove, ma il giorno che piove può essere anche soltanto una giornata in cui devi usare l’ombrello, ma in cui comunque sorridi, riesci a rilassarti, a guardarti intorno, tra i tuoi affetti centrali, e dire: ok, qualcosa di bello, armonioso, tranquillo, positivo c’è.
Insomma, non vivere perennemente con il cuore in gola, in frustrazione, senza più una differenza tra il fatto che diagnostichino un problema serio di salute a qualcuno che ami e il fatto che sia finito lo zucchero.
Vivere come se ci fosse sempre qualcuno che ti fa BUH sbucando dietro la porta. E farsi le foto da soli.
Mi aveva colpito quello che avevi scritto delle foto.
Perché è una cosa che so.
Allo stesso tempo senza la cosa banale di dire: di oggi posso ricordare questa cosa bella.
O forse sì?
Perché quando tutto deve andare sempre come se fosse sempre impervio, storto e teso ad un certo punto ti concentri anche sul fatto che quel giorno è successa una cazzatina minuscola bella. Ma non è la stessa cosa che andare a dormire sereni, preparare con gioia la festa per il prossimo compleanno, fare la spesa con il sorriso dicendosi: cosa cucino oggi? – o pensare a com’è stato bello scappare insieme due giorni alle terme per rilassarsi.
Sai cos’è? che mentre lo scrivo non so neanche se riesco a farmi capire.
Cioè, sto parlando di cose così normali e banali che mi è difficile (certo, non a te, credo) far capire perché ad un certo punto banale e scontato può essere il non averle. Ma sei così impegnato a concentrarti a stare in equilibrio su quello che non va che puoi avere il carattere
più solare del mondo ma sempre è come se tu stessi camminando con la caviglia slogata.
Insomma c’è sempre un tarlo che ti rode.
Io non sono una persona che è scontenta tanto per.
E quando passai un anno a preoccuparmi tanto per la salute di una persona cara più che mai compresi il valore della serenità. Allo stesso modo quando, volens o nolens, stavo in un posto di lavoro in cui ero circondata da persone che se non erano negative e moleste, incazzate e fastidiose sembravano non conoscere altro modo in cui vivere e rapportarsi.
Allora mi dicevano che io ero impermeabile. Non è vero fino in fondo, perché mi stressava logicamente anche, però mi concentravo sul mio lavoro, che adoravo, sui rapporti con i colleghi degni di stima e positivi anche nelle difficoltà e cercavo di guardare con distacco il resto. Mi anche riusciva. Ma è diverso quando questa cosa ti accade in casa, e con una persona con cui appunto ti piacerebbe rilassarti, creare e coltivare la tua oasi di serenità. Peraltro lui era stato questo per me e con me, e io con lui e per lui. Certo, aveva anche i suoi difetti, ma mai e poi mai avrei pensato che sarebbero esplosi in quel modo. Perché seppure lui aveva vissuto sempre in tensione a casa dei suoi, perché sua madre era (ed è) una di quelle persone che amareggiano l’esistenza quotidiana propria e soprattutto degli altri (e allora vivi camminando sulle uova e stare a casa non equivale MAI a rilassarti) e se anch’io avevo le mie tensioni a casa, per altre ragioni, nel nostro rapporto lui aveva sempre trovato piuttosto lo spazio in cui vivere e costruire quella famosa oasi. Anche se era terrorizzato dalle discussioni, ma perché aveva vissuto tra i litigi in casa fin dalla tenera età. E, una banalità? sua madre era un tormento anche sul cibo.
Allora anche semplicemente dire: restiamo fuori a mangiare qualcosa? diventa una cosa normale, normale per tutti, ma per lui comunque non era scontata come per chi non si è sentito triturare i maroni ogni volta che c’è stato un pranzo o una cena (che fosse perché lei aveva le sue fissazioni o perché pranzo e cena erano le occasioni in cui insultare suo marito… naturalmente dopo aver fatto la preghiera).Hai presente una scena normale per cui a casa dei genitori di lui sua madre dice: ragazzi, che fate stasera?
Andiamo a mangiare una pizza.
E dove andate? divertitevi!
e i due escono a mangiare la pizza, sorridenti. Ed è solo mangiare una pizza, cosa anche piacevole, di per sé non eccezionale. Relax. No.
Partiva la smorfia di lei, la tiritera sul fatto che è ASSURDO andare a mangiare la pizza fuori, che si mangia fatta in casa. Conta il modo in cui lo diceva. Lui ha dovuto vivere in tensione, sempre, difendendosi come poteva. Il punto è che ad un certo punto quella tensione l’ha portata nella nostra vita, proprio quando era il momento di poter rilassarsi. Per certi versi è diventato sua madre. Al contempo scorgevo anche quel desiderio di vivere diversamente, senza ammetterlo e permetterselo
Ciao Aleba, ciao Luna
Eccomi di nuovo qua. Ho letto i vostri post con la morte nel cuore. In questi giorni che non ci siamo sentiti avvertendovi che sarei mancato alcuni giorni è venuto a mancare il mio papà.
Da più di una settimana ormai non è più con me. Piove sul bagnato si direbbe. Non lo so. Se prima mi sentivo vuoto oggi credo di non avere più nulla dentro. Nel giro di neanche due anni ho perso due degli affetti più cari. La mia vita si è completamente rovesciata. Da felice e serena si è trasformata in una vita sensa senso. Prima stavo male. Adesso sto malissimo. Mi sembra di giocare una partita di tennis. Dove il dolore è rappresentato dai due lati del campo. E la pallina una volta va di qua e una volta va di là. L’ho scritto qualche volta nei miei post: nella scala dei valori ci sono la morte, le malattie e i divorzi. Sono andato in crescendo. E’ morto il mio papa. Non me lo aspettavo non se lo aspettava nessuno. Era acciaccato, aveva i suoi problemi ma nessuno pensava che la morte fosse dietro l’angolo. Noi neanche c’eravamo perche stavamo fuori. Lo abbiamo trovato già morto dopo una corsa di chilometri per cercare di arrivare in tempo. Ci volevamo bene io e papà anche se spesso discutevamo animatamente. Avevamo caratteri con qualche similitudine. Ma con idee diverse. Mi portava in pianta di mano. E’ sempre stato orgoglioso di me. Ma a volte non ci capivamo. E a volte le ansie, i modi di pensare ci portavano a dirci cose che neanche pensavamo. Ho vissuto tanti lutti. Ma quella di un genitore è sempre diversa. Non sei mai pronto. Durante la mia vita ho sempre avuto il terrore di perderlo. E anche qua la mia logica, il mio modo di pensare, la mia razionalità, il mio conoscermi sapeva benissimo come avrei reagito. Lo sapeva da più di 30 anni. E così è stato. Ho il rimorso di non essergli stato vicino come avrei dovuto durante questi ultimi due anni. Tanto ero sconvolto dalla mia disavventura di cui soffriva anche lui. A volte sfogavo anche con lui il mio dolore. Quando invece avrebbe avuto bisogno di più comprensione, di coccole, carezze. Ma non ce l’ho fatta, non ce la facevo. Camuffavo tutto il girono il mio stato d’animo e una volta casa facevo fatica a sopportare le sue estreme ansie che si è portato dietro fin da giovane e che negli anni addietro erano la miccia per accendere qualsiasi discussione. Ma prima ero sereno fondamentalmente e la mia mente, la mia psiche, il mio fisico sopportavano ogni cosa. Adesso no. Tutto era messo a dura prova. Mi dicono ancora di essere forte, di andare avanti. Si vado avanti perchè…cammino. Ero un pugile al tappeto al quale è stato inferto un montante devastante mentre cercava a fatica di rialzarsi. Ora ho due lutti dentro di me. Due lutti diversi. Se pensi al primo automaticamente passi sul secondo e viceversa. E pensare che fino a due anni fa ero l’uomo più sereno e felice del mondo. E non perchè avessi i miliardi ma semplicemente perchè avevo la serenità di un uomo che non stava chiedendo….
…segue
…molto dalla vita. Lavori normali. Vita serena, amore vero per la propria donna che vedevo contraccambiato. Mai una lite. Semplicità. Stavo bene semplicemente cuocendo una bistecca alla brace. Sapevo che esisteva la morte, ne avevo il terrore ma cercavo di non pensarci e di vivere la mia vita in serenità con l’amore della mia vita. Continuo a chiedermi cosa ho fatto di male per arrivare a questo. Se un’ idea sbagliata doveva essere punita a questo modo. Un’idea che ero pronto a cambiare. Ho letto i vostri post e non riesco ad identifcarmi nelle vostre storie. Il compagno di Luna che pensava di essere abbandonato o il compagno di Aleba che esprimeva costantemente cattiveria e rabbia verso la propria compagna e figlia. Io vivevo cercando di sorridere. Cercando di apprezzare le cose belle della vita senza far del male a nessuno, almeno volontariamente. E mi ritrovo così pur amando chi mi stava vicino con dei rimorsi nei confronti di chiunque e di rimpianti nei confronti di me stesso. E mi domando ancora che se avessi formato una famiglia come tutti non starei così e nemmeno mio padre se ne sarebbe andato. Perchè per lui il dolore della mia separazione ha anticipato la sua dipartita. Aleba non c’era bisogno che mia moglie si chiudesse le tube. Bastava mi mettesse spalle al muro: “Voglio una famiglia con te, pensaci, altrimenti le nostre strade potrebbero dividersi”. Avremmo chiarito e di certo non l’avrei lasciata. E avrei fatto il padre vero e premuroso. Pochi giorni fa è venuto un mio cugino a casa parlando gli ho raccontato della mia separazione. Lui con molta tranquillità mi ha detto “cose che succedono”. Lui si è separato dopo 25 anni per raggiunta “routine” perchè “ad un certo punto è giusto cambiare quando non si ha più niente da dire”. L’ho guardato davvero come fosse un alieno. Ma che vuol dire ? Mia madre sta piangendo mio padre dopo quasi 50 anni di matrimonio e gli manca gli manca da morire. E non è abitudine. Ma Amore quello vero che nenanche le discussioni accese nel corse degli anni hanno scalfito. Se a mia madre parli di routine non sa nenache cosa significhi.
Ora non vado avanti ma cammino senza sapere dove andare. Non so cosa mi riserverà la vita. Di certo non cerco nulla. Perchè nulla mi sostituirà ciò che ho perso. E nessuno mi ridarà indietro papà. Al di là di tutte le congetture e seghe mentali che la gente si fa. Se si ama si ama. Non finisce pert qualsivoglia problema. Amavo papà nonostante le nostre discussione e fraintendimenti. Amo mia moglie senza mai a aver discusso. Due amori diversi genitore figlio, moglie marito. Ma Amori veri.
Leggendoti non ho potuto trattenere le lacrime. Se potessi ti prenderei sottobraccio e camminerei con te, ti aiuterei a reggere il peso di questi grandi dolori. Cammineremmo senza meta, vagando nei tuoi pensieri. Lascerei che le tue lacrime si confondessero con le mie, perché il pianto libera…fa scorrere il dolore gli rende onore. Se tu me lo permettessi, delicatamente ti asciugherei le guance e ti inviterei a sederti sull’erba, sul bordo del fiume. Guarda come scorre, Fuori dal Coro, che sia un rivolo o che sia un torrente in piena, che sia il Danubio, o il Nilo, o il Po’..tutto scorre, tutto sempre nella stessa direzione…verso l’immenso che accoglie pacifica. Se tu riuscissi a lasciarti andare, se ti immaginassi come acqua nel fiume capiresti che la vita è un viaggio, che sei acqua e non puoi rimanere aggrappato ad una roccia. Ora ti flagelli duramente per aver trascurato tuo papà mentre eri impegnato a coltivare il tuo dolore per la separazione, e lo capisco, si percepisce che il tuo cuore ora sanguina più che mai. Fuori dal Coro, non è colpa tua. NON E’ COLPA TUA. So che non accetti di poter essere sollevato dalle responsabilità gravose che ritieni di avere, so che stai cercando qualcuno che ti condanni alla peggiore delle pene per espiare. Non pensi di aver sofferto già tanto? Non pensi che sembra che il dolore viva attraverso te e non che tu stia vivendo il dolore? A me sembra che come fino a due anni fa eri sicuro che la tua vita fosse serena e felice e che lo sarebbe sempre stata, adesso sei convinto che la tua vita sia ferma e sarà sempre ferma nella sofferenza di rimpianti, rimorsi e lutti.
BACIO
Aleba
Mi guardo allo specchio e penso: “io non ho mai fatto del male a nessuno”. Ho sempre desiderato di avere una vita traquilla. In pace con tutti. Ho cercato di mettere in atto durante la mia vita questo mio desiderio. Ci ho provato con tutto me stesso. Non ce l’ho fatta. Perchè non ce l’ho fatta. Semplicemente perchè non sono stato capace di tenere a bada i caratteri delle persone. Compreso il mio. Caratteri in cui l’ansia, evidente o nascosta, la faceva da padrone e scatenava quello che nessuno di noi aveva dentro. Papà era un uomo meraviglioso, di animo nobile e pulito nell’animo. Un uomo che ha vissuto per la famiglia e che per la famiglia ha dato tutto. Però aveva dentro di se una fortissima ansia che lo portava a fare o dire cose che neanche pensava. Nella sua testa c’era sempre l’idea di aiutarti, di dirti le cose migliori. Perchè papà era un uomo intelligente, lo è sempre stato. E prevedeva gli eventi, difficilmente sbagliava. Però il suo modo, la sua ansia, faceva si che un discorso si scatenasse in una discussione accesa durante la quale potevano uscir fuori parole che neanche lontanamente si pensavano. Fino ai 30 anni sono stato capace di accettare questo suo modo di essere. Ma mi mancava il fatto di poter discutere con lui con serenità. Un po’ per colpa mia un po’ sua ciò non è stato possibile. Ma ben inteso, ciò non avveniva solo con me ma anche con mia madre e mia sorella. I caratteri di ognuno di noi prendevano il sopravvento e la serenità andava a farsi benedire. Ed è anche per questo che mi ripromettevo di trovare una donna con la quale ci fosse serenità e comprensione. E mi sembrava di esserci riuscito. Come ho scritto prima da sempre ho avuto il terrore di perdere papà. Con mamma non ho avuto la stessa sensazione anche se adesso morirei dietro lei se mi venisse a mancare. Durante questi due anni mi rendevo conto di non stargli vicino come avrei dovuto. Infatti ne parlavo costantemente con mamma. Sembrava quasi avessi una sorta di rabbia verso di lui. Ma non perchè mi avesse fatto qualcosa. Ma perchè mi rispecchiavo in lui. In pratica è come se vedessi in lui quella persona, che amavo al punto tale da avere il terrore di perderla, che mi aveva trasmesso parte del suo carattere che io non accettavo. L’ansia mi faceva paura fin da giovane e vedendo mio padre così ansioso ho cercato di vincerla e c’ero quasi riuscito. In pratica è come se fossi riuscito a tappare dei buchi nel mio corpo che rappresentevano l’ansia. Per cui dopo i 30 anni ho cominciato a prendere la vita in maniera diversa. Cercando di vivere le piccole cose, di vivere il presente senza curarmi troppo del futuro e dei problemi. Cercavo in pratica di risolvere i problemi quando si verificavano senza crearmeli quando non esistevano. E in questo modo ho iniziato ad avere conflitti con mio padre che invece di tutto si faceva un problema. Cercavo di parlarne con lui, di intavolare discorsi sereni e costruttivi. Ma un po’ per colpa mia un po’ per colpa sua non….
Aleba…segue
…ci si riusciva. E ripeto anche l’argomento più banale scatenava la lite. Questo non sempre sia ben chiaro. Mica stavamo sempre a litigare. Anzi, gli altri che ci vedavano ci dicevano, che ci stuzzicavamo sempre ma era evidente quando ci volevamo bene. Si vedeva proprio il bene che provevamo per entrambi. L’ansia purtroppo, quella di cui credevo di aver tappato tutti i buchi è uscita da qualche altro e si è manifestata ad esempio nella paura di avere un figlio, nella paura di sposarmi. Diciamo che in fondo la diferrenza sostanziale tra me e lui era che lui se la prendeva per cose banali mentre io per cose un po’ più importanti. E purtroppo tutto questo ha fatto si che a seguito della separazione mi capitava di sfogarmi con lui. Ma ben inteso non che lo accusassi di qualcosa. Anzi spesso gli ho detto in questi ultimi tempi che ho sbagliato a non aver seguito qualche suo consiglio. Solo che il nervosismo che avevo dentro mi portava a non sopportare l’estrema ansia che lui aveva in questo momento. Per carità Aleba, sapessi le volte che gli ho chiesto scusa. Più di un mese fa l’ho abbracciato stretto a me forte forte chiedendogli scusa per come mi stavo comportando. E questa fu una cosa bellissima. Però rimpiango il fatto di non essergli stato vicino come avrei dovuto, magari a parole, dedicandomi a lui. Insomma stavolta l’ansia per ciò che mi era successo aveva preso il sopravvento su di me. E mi impediva di avere quella calma che era necessaria per fronteggiare la situazione con il mio papà. Lui lo capiva ben inteso perchè tante volte gli ho chiesto scusa. Ma ciò che mi fa più rabbia è che io, non essendo un tipo così e che per tanti anni si è comportato in una determinata maniera senza dare problemi alcuni sta pagando un dazio troppo grande per un’idea sbagliata. Perchè a mio parere tutto parte da lì. Dal non aver formato una famiglia. Ne sono convinto.