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Lettera pubblicata il 26 Settembre 2011. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore aleba.
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Chiedo scusa, avevo riscritto il post, ma lo ha pubblicato prima di salvare la modifica. Concludo dicendo:
le dinamiche moleste hanno avuto un peso, un peso importante, perché erano assurde. Ma comunque non c’erano solo quelle. Non sto sottovalutando il peso che hanno, sto dicendo che però se le avesse agite da subito io avrei girato i tacchi. E avrei girato i tacchi anche se non lo avessi amato. Anche se avessi firmato tutte le promesse del mondo. Ma poiché era la persona che amavo, per la vita, ho retto la sua crisi sia per ciò che questo significava per me nella visione dell’affrontare le cose insieme, sia perché, è ovvio, non volevo perdere la persona che amavo. E non nel senso di trattenere chi se ne vuole andare, ma nel senso “perderti mentre mi ami, ma sei andato in tilt, e non riesci a vedere che sei andato in tilt no. Perché se io andassi in tilt, ma ti amassi, vorrei che tu venissi a prendermi nel posto in cui sono finita”. Ma, se scrivo su questo forum, è anche perché mi rendo conto del perché, pur amando una persona, non possiamo andare oltre il nostro limite neanche nel cercare di aiutarla, e di altre cose. So che ho fatto quello che potevo per chi sono. E a suo modo avrà fatto quello che poteva per chi è. In determinate contingenze e stati emotivi. E questo vale per entrambi. Le tue risposte le troverai per te, Fuori dal Coro. Forse (dico forse, non mi permetto di parlare per te) ti renderai conto che per rielaborare dovrai anche aprirti al fatto che potresti dover smantellare alcuni tuoi schemi, che in questo momento non sono un alveo, ma una prigione. (e TUE risposte, mi ripeto, non teorie o risposte di altri). Per ricominciare a vivere. E che le risposte non sono per esempio AMORE VERO versus l’AMORE VERO NON ESISTE, oggi qui domani là.
Nè negare di aver scelto, amato tua moglie, o di essere stato felice con lei quando con lei eri felice. Quando dico che ho 37 anni e la mia vita non finisce qui (se Dio vuole) non intendo dire che il mio amore non è stato vero, ha valso poco, che siamo tutti facilmente sostituibili o che vuoi che sia LA storia di 17 anni che finisce. Nè che ho cambiato idea rispetto all’importanza di affrontare i problemi quando si presentano e possibilmente nel verso più funzionale.
Guarda, Fuori dal Coro, conosco varie persone che hanno amato molto, veramente, pensando fosse per sempre, con serietà di sentimenti e intenti, e che hanno visto il loro mondo esplodere e il cuore saltare sul soffitto. Le ho viste soffrire veramente, immensamente, pensare che andare avanti non avesse senso. E quando le vedo tornare a vivere, piano piano, superare il lutto, andare avanti e non per inerzia, ma veramente, non sopravvivere, ma vivere non penso che allora il loro non era vero amore. Scusate la quantità :SSSSSS baci
@Marquito: vete fatto caso al rancore che tanta gente concepisce per il proprio partner nel momento stesso in cui viene abbandonata ? Queste persone hanno sempre affermato di provare un grande Amore; come è possibile che dall’Amore scaturisca di colpo tutto questo odio ? — Io odio il mio ex, odio me stessa per aver amato in quel modo. Non riesco a rinnegare l’amore che ci ho messo e odio lui per non aver accolto, per non aver preso atto della mia insindacabile presenza. Odio i suoi giochi perversi per dimostrare che gli altri, io per prima, valgono meno di niente e lui è l’unico Dio in terra. Odio le volte che ho parlato con il cuore in mano, apertamente e lui ha “capito” ma dopo poche ore e aver fatto l’amore tornava tutto come prima. Odio aver provato a coltivare comunque me stessa e odio i contrasti che ho provato quando lui diceva che lo “destabilizzavo” perchè dopo cena e dopo aver sistemato la cucina, prima di mettere a letto la bimba, stavo 10 minuti con i gatti e i cani in giardino. Odio aver accettato di valutarmi attraverso i suoi occhi. Odio il suo modo subdolo di sabotare ogni mio progetto pensato e messo in pratica con amore verso di lui, verso la casa. Odio averlo lasciato così, senza che abbia capito che in realtà chi è pieno di limiti è lui…che lui ha posizionato le barriere oltre le quali non mi ha mai lasciata entrare veramente. Odio che lui pensi che per me è finito tutto dall’oggi al domani, perchè le mie parole, i miei scritti negli anni sono sempre caduti nel vuoto. Ma questo mio odio è una specie di difesa, mantiene vigile la consapevolezza di quanta sofferenza ho dovuto attraversare per vivere con lui. Lui mi odia, mi ha sempre odiata e ora mi odia al punto da considerarmi morta. Il suo è un rancore atavico, verso il mondo intero. E’ quel rancore verso tutto e tutti che gli ha rovinato il modo di porsi nella vita, nelle relazioni e in particolare con me,perchè alla fine io sono quella che gli è stata più vicina di tutti. Sua madre se lui ha un problema lo scansa, non vuole seccature lei. Non l’ho mai vista abbracciarlo sinceramente, da mamma.
Marquito, io non avrei odiato il mio ex se mi avesse detto “è finita, non voglio andare avanti con te, troviamo una soluzione basta che te ne vai perchè questa è casa mia”. Erano anni e anni che mi disprezzava apertamente anche in pubblico e di fronte a mia figlia. Eppure pretendeva che io fossi la sua compagna. Lo odio per il suo bisogno di odiare chi lo ama.
La differenza tra me e lui sta nel fatto che io la mia rabbia voglio affrontarla, capirla e superarla per andare avanti, per perdonare e archiviare…mentre lui si alimenta del suo odio, è una prelibatezza per lui, lo ha sempre fatto con tutti..ha trascorso anni con il tarlo della vendetta contro questo o quello, e poi magari c’è anche riuscito a vendicarsi, solo che la persona interessata magari non si ricordava neppure dell’inezia accaduta anni prima con il mio ex.
Baci a tutti, GRAZIE LUNA perchè condividi !!!
Cara aleba, io stavo parlando di una situazione completamente differente. Mi riferivo a coloro che nel momento stesso in cui vengono lasciati vengono colti da un odio e da un livore assolutamente irrefrenabili. In questi casi, secondo me, è lecito nutrire qualche dubbio sul fatto che queste persone fossero veramente innamorate perché un mutamento così repentino, che non lascia trasparire la minima traccia di amore, mi fa pensare che ci troviamo in presenza di una ferita narcisistica. Mi spiego meglio. Se queste persone provassero un mix di sentimenti contrastanti, e sperimentassero al contempo Amore e rabbia verso il partner che se n’è andato, allora nella loro reazione non ci sarebbe assolutamente niente di sospetto. Ma se fino al giorno prima esaltavo l’intensità del mio Amore, e non appena vengo abbandonato riverso sulla mia ex un carico di odio, di insulti e di improperi, fino al punto che il desiderio di vendetta si impadronisce completante della mia mente e non lascia più posto nemmeno al dolore, probabilmente dovrei farmi un bell’esame di coscienza e riflettere meglio sulla vera natura dei miei sentimenti.
Mi riallaccio al post precedente e porto anch’io due esempi tratti dalla mia esperienza personale.
Prima di conoscere la mia attuale compagna (il regalo più inatteso e più splendido che mi abbia fatto la vita), ci sono stati due casi in cui ho seriamente progetttato di farmi una famiglia e di costruire un futuro in comune insieme ad una donna. Queste due storie sono così diverse, e sotto molti aspetti così antitetiche, che si prestano straordinariamente bene a illustrare il mio pensiero.
Nel primo caso ero veramente innamorato, talmente innamorato che avrei seguito la mia donna fino in capo al mondo. Lei mi abbandonò in modo brutale senza spiegarmene il motivo, cambiando il numero di cellulare e rendendosi improvvisamente del tutto irreperibile (ovviamente mi sono fatto una mia opinione sui motivi che la indussero a comportarsi in modo così spietato sebbene contraccambiasse appieno i miei sentimenti). La mia reazione fu la tipica reazione di un uomo innamorato. Non provai il benché minimo rancore; non provai né rabbia né odio; non provai nessunissimo desiderio di vendetta. In me non c’era spazio per nessun altro sentimento che non fosse il dolore. Rimasi come pietrificato; non riuscivo a capacitarmi che una cosa così orribile fosse capitata proprio a me. Ed in effetti, per moltissimi anni, non feci altro che pensare a lei e cercare disperatamente una donna che le somigliasse.
La seconda storia è la storia di un amore fasullo, di un sentimento inautentico; di una relazione portata avanti unicamente per sfuggire alla solitudine. Io e la mia donna non avevamo assolutamente niente in comune. Nessuna affinità caratteriale, nessuna passione, nessuna attrazione fisica o mentale … l’unico collante che ci teneva uniti era la nostra paura di restare soli … Quando scoprii che lei era un’imbrogliona, e che mi aveva raccontato un sacco di bugie, la abbandonai immediatamente al suo destino senza provare il minimo rimpianto. E siccome non ne ero mai stato innamorato, provai tutti i sentimenti tipici di chi ha subito “solamente” una ferita narcisistica: rabbia, rancore, livore e un intenso desiderio di fargliela pagare …
Sia chiaro che non pretendo di formulare delle leggi universali valide per tutti. Porto la mia personale esperienza ed esprimo delle opinioni che possono essere condivise ma anche rigettate.
Ciao Marquito, ho capito adesso. Io di esperienze personali ho solo quella con il mio ex. L’odio che provavo quattro mesi fa era molto più intenso. Ci pensavo tutti i giorni e a volte guidando parlavo da sola, come una matta, come se lui potesse sentirmi. Non metto in primo piano il mio odio nel rapporto con lui, non trasmetto odio per il padre a mia figlia e il mio lavoro in questi mesi è volto a superare questa fase, a sentirmi libera di non odiarlo più. Inoltre in questi mesi ho avuto anche dei pensieri di tenerezza nei suoi confronti, ma li ho subito bloccati pronunciando ad alta voce la parola “ladro”. Già, perchè lui si è comportato da ladro con me, portandosi via ogni singolo grammo di emotività, di trasporto, di tenerezza. Se sentimenti del genere germogliano nel mio cuore, devo indirizzarli verso mia figlia, verso me stessa…non verso di lui perchè lui non li recepisce.
Lui mi odia apertamente e cerca di farmi arrivare il suo odio anche attraverso nostra figlia, quando la tiene con sè. Di solito questo lo fanno le ex mogli arpie.
Buona giornata, bacioni
Ciao a tutti 🙂 buona settimana 🙂
Marquito, Aleba: la rabbia e l’odio sono la stessa cosa? Penso che esista anche una sorta di rabbia “funzionale”, per esempio, e non veramente distruttiva. O comunque non gettata contro l’esterno.
Mi sembra che la rabbia di Aleba possa rientrare in questo concetto, anche se, ovviamente, nelle emozioni forse non si gira mai per compartimenti stagni. Mi riferisco ai concetti rabbia/funzionale – odio/distruttivo, estremo, con possibili sfumature intermedie, forse, non sto dicendo che Aleba abbia anche una rabbia disfunzionale. Se l’avesse pure se la gestisce, direi.
Anche in presenza di una ferita narcisistica (in fondo questa persona l’ha sicuramente ferita ad “ampio raggio”) c’è una struttura di reazione funzionale in Aleba che riesce a gestire, mi pare, meglio i conflitti, verso un’armonia e un'”utilità”, nè in modo distruttivo verso l’interno, nè verso l’esterno. Scusa, Aleba, non volevo “analizzarti”, ovviamente non ne sono capace, e non è assolutamente corretto. Sai tu, era per spiegare meglio il mio concetto espresso nelle righe sopra riguardo i “compartimenti”. Sto riflettendo, anche, se il concetto sia amore- non amore, rispetto alla reazione. Di base sono d’accordo con Marquito. Anche perché lui cita come esempio se stesso, quindi la stessa persona in due situazioni diverse. Mi domando però, se all’al di là del sentimento (certo, bisognerebbe capire cosa le varie persone chiamano “amore”) non entrino in gioco anche altri fattori, per esempio appunto quando una persona è sensibile ad una ferita vissuta (pure inconsapevolmente che sia) come narcisistica, quanto, anche per la propria esperienza personale, sia capace di gestire il concetto di “abbandono” in modo funzionale e in generale i conflitti della vita, e persino quanto diventi preponderante una modalità appresa di reazione al conflitto (o alla ferita, o all’abbandono) vissuta come “unica possibile”.
In questo caso penso al mio compagno: mi ha amato? Sì, penso proprio di sì, ho avuto anche ampie dimostrazioni del fatto che mi ha amato. Poi, forse, in ciascuno di noi, il confine tra quando si fanno delle cose per sè o per gli altri, cioè anche per l’immagine di se stessi, o anche per i propri equilibri e concetti, forse ha sfumature non sempre così facili da individuare (e in rapporti più equilibrati e funzionali forse non si sta neanche lì a pensare a questi confini).
Centra sicuramente, in generale, il carattere, ma per esempio lui ha vissuto immerso nella visione quotidiana di un reiterato abbandono e di una reazione “narcisistica” (se, Marquito, uso correttamente il termine, dimmi tu) ad una ferita, fosse pure emotiva. Non so le reali ragioni per cui sua madre odi suo padre. E non conosco ovviamente le ragioni (molteplici, sicuramente) che hanno spinto sua madre, tra sciogliere un conflitto (“fare pace”) o superarlo (dividersi effettivamente) a scegliere invece di vivere in perenne distacco e conflitto, reiterando costantemente la ferita. Della
serie: resto qui con te, ma dormiamo in stanze separate e ogni giorno ti ricorderò, attraverso determinati atteggiamenti, che non ti amo, che non ti perdono, che a malapena ti tollero, ma che non dimentico e tu non devi dimenticare di avere fatto qualcosa che io considero imperdonabile. Naturalmente questa è una mia visione della cosa, esterna, per il suo atteggiamento. Quello che però mi ha sempre colpito era questa reiterazione costante del conflitto vissuta non come una lesione anche personale, cioè rivolta verso sè (a me pare che sia così,no?) ma in questo senso il “punire l’altro” diventa così preponderante da non rendersene conto, non rendersi conto dei costi anche personali e più estesi. Tipo: chi rompe paga, ah no, io non perdono, non dimentico, a me non la si fa…
Va detto che la questione iniziale secondo me può essere davvero anche un trauma emotivo molto forte. Il problema sta secondo me però nel modo di gestirlo. Non credo cioè che per forza solo una ferita narcisistica possa scatenare una reazione “narcisistica”. Di certo mia suocera ha una personalità di un certo tipo che si evidenzia anche nel fatto di parlarti del pollo fritto. Ha in sostanza quello che, usando un francesismo, potremmo chiamare carattere di m… e prevaricante (poiché io non ho mai gradito, e da ciò mi sono sempre spostata, non cercando nè di fare un testa a testa, nè di blandirla, è ovvio che non mi abbia mai vista di ottimo occhio, già solo per questo).
Io so che lui (carattere a parte, quali i confini? sono tre fratelli, diversi, lui però è anche il piccolo, e anche il rapporto con la madre non è stato identico pur vivendo la stessa situazione) per esempio ha una soglia bassa rispetto alla frustrazione, al punto da temere l’energia di una discussione, non riuscendo ad arrivare al concetto “una discussione può sciogliere un conflitto” (non ha mai visto in casa sua avvenire questo, tra i suoi le discussioni sono sempre state reiterazioni di un conflitto, in cui si soffriva sia a vedere uno soccombere che entrambi tenersi testa), un pessimismo di base, una forte paura dell’abbandono ecc. – Parlando di me, io ho in generale buoni rapporti con i miei ex. Non ho mai pensato di rigare la macchina a nessuno. Di fronte al conflitto ho sempre pensato piuttosto: spostiamoci. E il tempo ha stemperato i lati negativi non cadendo nel buonismo ma portando in primo piano piuttosto “non eravamo fatti per stare insieme, ma ci siamo dati queste buone cose”. E’ chiaro che, se posso avere questi rapporti, è perché ho di fronte persone in grado di ragionare e sentire a loro volta in questo modo. Per buoni intendo sia rapporti di affetto che comunque rimangono sia sereno buongiornobuonasera e sono contenta per te se ti va dritta la vita (e anche che non c’entra con la mia :P) per chi stimo meno.
Ciò non significa che io non possa anche avere provato rabbia o fastidio al momento in cui un conflitto c’era. Non volevo dire che sono buona buonella. Va anche detto (continua)
che, a parte carattere e visione della vita, e l’idea che penso che il rancore corrode chi lo prova, io ho anche un certo tipo di carattere per cui detesto un tipo di modalità come quello di mia suocera, musi, conflitto reiterato, rinfacciamento gnegnegnè. Ciò non significa che io ne sia assolutamente immune. Ma avendo una madre che era capace di tenermi il muso per mesi (ora è migliorata), anche quando scelsi un lavoro mentre voleva che ne facessi un altro, o di dirmi “tu ai tempi del klondike hai fatto così e colà, quindi tu sei così” io per reazione, forse, anche, detesto questo tipo di modalità, che non comprendo e mi fa soffrire. E sin da piccola sono portata piuttosto a spostarmi o a cercare di fare pace, per un mio bisogno di armonia.
A onor del vero devo anche dire che io sono capace di incazzature contingenti impetuose, non sto dicendo che sono un agnellino o un bel carattere. E’ chiaro che la nostra frustrazione/tensione in un rapporto di coppia può manifestarsi anche in modo inconsapevole (dimenticanze, disinteresse, fare qualcosa che ti dà fastidio, non apposta). Ciò che non sono capace di fare è di portare avanti una tensione di incazzo fatta di musi e “vendetta” per giorni, settimane, mesi, anni o andare a parlare male di qualcuno che mi ha fatto un torto, dicendomi che è un’ottima idea e c’è un guadagno. Capisco chi, tradito, dice che soffre del fatto di buttare in piatto al compagno o alla compagna ogni giorno la sua “colpa”.
Possiamo provare rabbia (anche se per qualcuno il concetto è inacettabile) anche durante un lutto, perché una persona che amavamo, e ci amava, ci ha, pur involontariamente abbandonato. Una rabbia contro il destino, una rabbia nostra di non poter vivere una realtà diversa a causa di qualcosa più grande di noi come la morte. Un senso di ingiustizia e dolore che va al di là della razionalità. Quando mi è morta una persona cara e un’altra si è ammalata, quando un amico, nello stesso periodo è morto in un incidente, quando lui, la persona che amavo, si è dimostrato lontano, “inadeguato”, non empatico in quel periodo, anzi era pure sgarbato, e quando il fatto che ci sia stato un conflitto il giorno del funerale e che lui non abbia capito che peso traumatico, anche nelle contingenze emotive, ciò ha avuto per me io ho provato rabbia. Per quanto io abbia cercato di convertire in armonia ed veicolare l’energia in positivo. Non una rabbia che voleva vendicarsi di qualcosa o qualcuno, ma non solo dolore, tristezza, anche rabbia. Non una rabbia violenta, una sensazione però che mi corrodeva. Che mi implodeva. Infatti mi ammalavo. La chiamo rabbia e credo sia questo il termine corretto. Qualcosa che mi faceva ricordare, innanzitutto tra me e me, determinati momenti come fossero l’altroieri. Traumi da rielaborare. Non figli dell’odio e non tendenti alla vendetta, ma con sensazioni mie intense. Non ce l’avevo con il mondo, però sentivo che al mondo io così arrabbiata e addolorata, dentro, non ero mai stata prima.
Ciao LUNA. Immagino che il tuo ultimo post sia incompleto; nel frattempo cerco di rispondere a quello che ho già letto. Fai benissimo a sottolineare che stiamo parlando di un problema estremamente complesso e che non esiste una spiegazione univoca di tutto ciò che accade. I fattori che entrano in gioco sono veramente tantissimi e quelli che hai citato sono sicuramente fra i più importanti. In effetti, quando parlavo della rabbia, mi riferivo alla rabbia distruttiva e etero-diretta, quella che cristallizzandosi nel tempo può generare un odio e un rancore assolutamente inestinguibili. Ho sempre sotto gli occhi l’esempio dei miei genitori, che a distanza di vent’anni dalla separazione continuano a recriminare, a insultarsi e a diffamarsi a vicenda, con un astio che lascia tutti sbalorditi perché sembra quasi che il distacco si sia verificato appena il giorno prima. Ma per loro, probabilmente, è come se tutto fosse veramente avvenuto il giorno prima …
Mi rendo conto che la svalutazione può rappresentare un utile meccanismo difensivo; non di meno, per quello che può valere la mia opinione, esistono dei casi in cui è abbastanza evidente che ci troviamo di fronte ad una grave ferita narcisistica. Mi riferisco a coloro avevano investito nella relazione una cospicua fetta della propria autostima e che se ne erano serviti per consolidare la propria immagine… Per queste persone il vero dramma non è la delusione sentimentale, ma è proprio il danno di immagine che hanno subito di fronte agli altri e di fronte a sé stesse. Ci sono dei casi in cui l’autostima è legata quasi interamente al buon esito della relazione. L’abbandono fa vacillare la struttura narcisistica del partner abbandonato e provoca delle reazioni di inaudita violenza, volte principalmente a difendere e a puntellare questa struttura pericolante. Ed è qui che molta gente spreca irrimediabilmente una grandissima occasione. L’abbandono rappresenta una formidabile occasione per interrogarci su noi stessi, sui nostri reali sentimenti, sul significato che quella persona e quella relazione avevano per noi … Se questo lavoro non viene neppure intrapreso, si può innescare quel meccanismo perverso che porta il narcisista a diventare scettico, cinico e misogino, oppure a trasformarsi in uno sciupafemmine, in un playboy da strapazzo, in un Don Giovanni vendicativo e rancoroso che seduce ed abbandona le donne unicamente per vendetta.
Come vedi sto ritornando lentamente al punto da cui ero partito: è pericoloso avviare una relazione sentimentale quando non si è ancora capaci di stare bene anche da soli.
e’ molto vero, marquito, ciò che dici sul ‘lavoro’ post abbandono. A volte ad alcune persone ciò sembra una ‘bestemmia’: è tutta colpa sua, io son stato solo troppo buono, è successo perché il mondo è dei furbi, le donne son tutte z., gli uomini son tutti s. e bugiardi. IO non ho proprio niente da domandarmi su me stesso/a… No, ok, però ti autolimiti di convinzioni generali e magari vai pure dagli altri a fare il venditore di ideologie (‘ad aprire gli occhi’) dicendoti che chi te la cazza te. Mentre trasudi rancore, frustrazione, paura da tutti i pori. Capisco cosa intendi, invece, e penso sia utile SEMPRE, anche quando l’ingiustizia subita può essere stra-palese. Anzi, forse pure di più. – anche una persona che sta bene con sè può soffrire per amore e l’innamoramento ha sempre anche un suo affascinante lato misterioso, però un po’ di consapevolezza in più non guasta.