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Lettera pubblicata il 26 Settembre 2011. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore aleba.
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ALEBA
Aleba Forse mia moglie, come molte donne, ha pensato di cambiarmi. Tanto poi lo cambio. Questo è il pensiero che credo si sia fatto nella mente quanto io dicevo che non volevo figli.
E fin qui tutto può avere un senso. Ciò che non torna Aleba è il fatto che comunque io ho fatto un passo indietro. Mi sono cioè detto disposto a fare un figlio con lei. E non per accontentarla, ma perchè avevo capito l’importanza di avere un figlio, perchè ho capito quello che prima non riuscivo a capire. Ho cominciato a vedere la parte positiva di avere un figlio e non solo quella negativa. E poi fatto importante ho compreso che l’equilibrio si poteva rompere anche senza figli.
Quindi, perchè non darmi una possibilità ? C’è comunque di fondo una sua “falsità”. Lei secondo te si è fatta la domanda dopo l’intervento chirurgico dicendo: “ma come è possibile che io abbia rinunciato alla maternità per vivere con lui ?”. Io rispondo come è possibile che io invece amavo mia moglie senza un bambino, con un bambino e dopo che mi ha fatto soffrire ?
Perchè io sono disposto a perdonare tutti i suoi “casini mentali” e il suop “probabile tradimento” ? Mentre lei non è in grado di perdonare un’idea che io avevo e che non le ho mai nascosto.
Allora non era vero Amore quello che provava per me. ma solo infatuazione. Finche mi va bene ok. Nel momento in cui vedo le brutte non lotto me ne cerco un altro (che forse già c’era e me ne vado). E io “povero imbecille” che ho fatto tutto per amore, sempre e comunque ? Me la prendo in quel posto. Tanto lei ha tutto dalla sua parte. Io ero quello che non voleva figli. Sono io “l’anormale”. Non la persona seria che non bluffava. Anzi sono il mostro che l’ho costretta a rinunciare alla maternità. E quindi il fatto di essersene trovato un altro avvalora l’ipotesi. Bè visto che lui non ne voleva, ho trovato qualcuno che me ne darà. Allora chu è il vero egoista ? Io o lei ?
Io mi sto dannando alla ricerca dell’Amore vero per mia moglie, dell’ammissione di una colpa, della possibilità di rimediare. Di tutte queste pippe mentali che poi pippe mentali non sono. E magari lei si è fatta tutti i suoi conti, sbagliati e non per poi decidere di farsi gli affari suoi ? Alla faccia mia. Abbandonandomi senza scrupoli ? E se così fosse. Cosa dovrei pensare ?
Ciao Aleba Baci
Fuori dal coro, ciao. Tu dici ad Aleba che puoi aiutare una persona nel momento in cui te lo permette, se non erro le parole erano queste. Comprendo che non capisci come si faccia a sopportare delle situazioni così pesanti, tuttavia tornando a quella frase, in fondo, anche tu eri disposto ad aiutare, e saresti, hai amato (come dici tu anche nella crisi venuta a galla di colpo e proseguita in un clima di chiusura da parte sua e di autoaccusa molto forte da parte tua) ma non ti viene data la possibilità.
Dici: mi ha rinfacciato di non averle mai chiesto se era felice.
Io ti dico: lei ti ha mai detto che non lo era?
Perché, sai, una differenza sostanziale credo che ci sia tra il pensare che una persona sia felice perché sorride, domandarle come stai (e non ci credo che per anni non lo hai mai fatto) e sentirsi dire:
bene
e se ha il viso un po’ ombroso, ammesso che lo abbia, sentirsi dire comunque bene o sentirsi dire “ho il mal di testa” o “sono stanco/a” o sentirsi dire: no, sai, non sto bene, e c’è una cosa di cui vorrei parlare con te.
Inoltre tu stai lì a tormentarti per aver negato un figlio alla donna che amavi. Ok. I tuoi tempi non hanno perfettamente conciso con i suoi.
Ma in seguito? In seguito lei non ha negato un figlio a te quando tu eri disposto ad averlo? Quando tu piangi per i passeggini?
Perché questo bambino lo hai negato solo tu a qualcuno?
Perché lei è rimasta così scioccata dalla tua risposta non immediata da andare in crisi. Quindi la sua volontà di non avere un figlio è rispettabile.
Invece quando tu hai avuto dei tempi diversi dai suoi no.
Io non sto dicendo che la sua ferita non possa essere vera, la sua crisi, le sue considerazioni. Il fatto è però che appunto tu non le hai mentito dicendole che avreste avuto un figlio un giorno o sei stato possibilista.
Mi pare che tu le abbia sempre detto che non volevi un figlio.
E lei, mi dici, ti ha fatto credere che non fosse un problema.
Allora o non è stata onesta con te prima, o non lo è stata mentre stava maturando una diversa presa di coscienza e posizione fino ad esplodere (ma parlo di tempi lunghi… e un cambio di idea su una cosa così importante non è qualcosa che una persona deve/può intuire… tanto meno se non ne è stata consapevole manco lei se il processo è stato più lungo. Come può uno da fuori intuire una cosa così se non la capisci manco tu?) o veramente la cosa è stata legata alla malattia, ad una sua crisi… e tu puoi non essere stato pronto a gestire nell’immediato una rinegoziazione di una posizione così importante… ma, mi permetto di dire, rimane sempre il fatto che si trattava di una rinegoziazione non da poco visto che per anni e anni le posizioni di entrambi sembravano coincidere.
Io sono stata 17 anni con una persona e non abbiamo mai parlato di figli. Può sembrare una cosa pazzesca e forse chissà vuol dire anche qualcosa, però neppure oggi io mi sento di dare a lui una colpa per una mia mancata maternità durante la nostra storia. Anch’io evidentemente avevo un mio percorso da fare, dentro di me, con naturalezza, anche per rispondere a delle mie domande, idee.
Non ho mai escluso la maternità dalla mia vita come concetto, ma non ho neppure passato la vita a dire che era una mia priorità o a sentirla come una priorità. E non sono una persona egoista, non sono una persona priva di valori nè che ha uno scarso senso dei sentimenti e della famiglia. Anzi. Se vuoi saperlo uno dei miei freni può essere stato piuttosto l’idea che volevo offrire a un figlio una me più risolta, anche se certamente mai perfetta, e il timore forse di non saper gestire l’idea che una creatura tanto vicina a me potesse soffrire nella vita senza che io potessi fare abbastanza o di compiere errori. Te lo dico oggi, che ho risolto anche dei miei “dilemmi” riguardo il mio rapporto con i miei genitori e me stessa.
Se fosse stata una mia priorità probabilmente mi sarei messa con qualcuno che stava con me, sin dai primi anni, a guardare le stelle immaginando i nomi dei nostri figli o come li avremmo educati.
Invece non è stato così. Ma non ho dato solo del tempo a lui, l’ho dato anche a me, e con spontaneità, anche senza rendermene conto.
Per il resto in lui (perché al di là di quei sette anni orrendi può sembrare pazzesco ma è vero) per 10 anni ho visto una serie di valori che mi piacevano, che erano assolutamente condivisi, per cui comunque lui, per quei valori, era colui con cui, avrei potuto avere ed educare un figlio. Paradosso? No, perché anche se oggi mi faccio sicuramente delle domande su altri valori io ho comunque per 10 anni una brava persona. Una persona però che ha delle paure (anche per le sofferenze patite da lui da bambino) e una sua scarsa soglia di resistenza alla frustrazione e un suo terrore dell’abbandono e altre cose per cui non si concede la paternità. Non se la concede però penso proprio perché conosce alcuni suoi limiti e lo spaventano.
Comunque sia, siamo andati a convivere a ho pensato che avevamo fatto, come altri passi, un passo importante nella nostra vita che non era fatta di schemi ma di cose sentite. Forse non riesco a spiegarti il concetto, che era in realtà di apertura. Poi sono successi una serie di casini che ci hanno letteralmente bloccati nella crescita personale e di coppia per 7 anni. Molto probabilmente se così non fosse stato (ma è stato) ad un certo punto in modo naturale ci saremmo anche sposati o avremmo avuto un figlio. O forse no. Lui mi ha messa in discussione su molte cose, e ciò può aver inciso su un mio percorso, ma non è detto. Intendo dire che senza quelle messe in discussione comunque io non posso affermare che avrei detto prima che volevo un figlio. Perché, ripeto, il percorso mio è stato comunque
anche personale in tal senso. E’ possibile che se noi avessimo costruito davvero un nido sereno ci saremmo guardati negli occhi e avremmo detto: facciamo un bambino?
quel nido sereno non c’è stato e quindi questo non lo so.
è possibile che in un nido sereno io avrei maturato quel desiderio, perché comunque ci sono stati dei passaggi nella MIA vita che ho sentito. E che non hanno nulla a che vedere però con l’orologio biologico o il fatto “temo di pentirmene se non lo faccio ora”.
Semmai è stato perché io ho conosciuto parti nuove di me, attraverso delle esperienze come l’insegnare a dei ragazzini, la malattia e la morte di mia nonna…
ma oggi comunque non mi sento di dire che sono stata con una persona che ha castrato un mio desiderio di maternità. posso accusarlo di avermi fatto perdere del tempo per delle sue dinamiche, posso accusarlo di avermi/ci comunque bloccato e avvelenato degli anni in cui la vita può regalare moltissime cose, anche attraverso le piccole scoperte e gioie di ogni giorno. E quegli anni hanno coinciso troppo con i miei enta. Tuttavia questo discorso, sul fatto che non valga la pena di avvelenarsi, avvelenare la vita varrebbe anche per gli enti, anta e ento. Posso dire che se non mi fossi trovata in quel casino, di colpo, e a lungo, avrei fatto alcune scelte che non ho fatto perché il fatto di vivere in una situazione di tensione mi impediva di fare dei programmi a lungo termine riguardo il lavoro e lo studio. Posso dire che mi è mancato un nido sereno, comunque. Posso dire che ha detto un sacco di cazzate sulla mia personalità. Però credo che se io avessi desiderato un figlio, veramente, visceralmente, per come sono fatta, me ne sarei andata molto prima, e gliene avrei parlato molto prima. E diretto. Perché comunque io le ho sempre dette le cose, e non ho pensato che dovesse intuirle.
Io non ho mai pensato che le persone si “convincono” a fare passi come il matrimonio e i figli. Anche perché nessuno avrebbe potuto “convincere” me in base ad uno schema su queste cose.
Quindi io non sono andata a vivere con lui pensando: è fatto così, ma lo cambierò, non su questi punti. Ho pensato una cosa diversa, ho pensato che lui si sarebbe liberato di certe paure, di certi pessimismi ma per il fatto che in 10 anni lo avevo visto fare veramente dei passi, e io avevo fatto i miei. Li avevamo fatti insieme. Poi è scoppiata la bomba, anche “grazie” all’ingerenza di sua madre, che è guarda caso la persona per cui lui prova insieme amore, paura, rabbia, fastidio, tenerezza, consapevolezza di proteggersi, voglia di essere accettato e accudito, rancore. Non è mai stato un mammone per 10 anni, e neanche in seguito. Ma come ha iniziato a liberarsi di certe paure lei ha stretto le maglie. Il senso di colpa è potentissimo, e credo che lui ne abbia molto. Insieme a molta rabbia. Che lo fa sentire in colpa. E non ne esce. E tanto terrore sia della vicinanza che dell’abbandono. E’ più complicato di così, ma nel suo caso è anche così.
@LUNA sono pietrificata, potremmo parlarne per ore…o capirci senza parlare.
FUORI DAL CORO, scrivi: “Se racconti achiunque il comportamento del tuo ex compagno nessuno potrebbe dargli un minimo di comprensione o appoggio.” Difficilmente chi non ci si trova impantanato fino alle orecchie riesce a capire ciò che ho vissuto io e difficilmente qualcuno potrebbe capire dai racconti. Passo per stupida io che ho sopportato e me ne rendo conto pienamente. Però io non sono stupida.
Poi scrivi: “Quindi la domanda che mi faccio è come hai fatto a sopportarlo.” Sopportarlo? Non so, ho cercato di capirlo, di entrare nella sua anima, ho cercato invano la lunghezza d’onda sulla quale ragionava. Ho vagato per anni provando e riprovando a creare un contatto con lui. A volte credevo pure di esserci riuscita e il rapporto filava liscio senza aggressioni da parte sua per qualche mese, poi improvvisamente esplodeva per questioni stupide come ad esempio un parcheggio introvabile e allora dovevo ricominciare tutto daccapo. Chiedere spiegazioni su spiegazioni e ottenere solo porte in faccia.
Poi dici: ” Ma ripeto evidentemente ho un concetto diverso dell’amore. Amore è una cosa “bella, piacevole” non “brutta e spiacevole” ” AMORE io penso debba essere bello l’amore. L’amore ti fa stare vicino a chi ami nel bene e nel male, nella ricchezza e nella povertà. Si vede che non era amore, no. Forse è nato come un germoglio d’amore, ma crescendo è diventato qualcosa di aberrante per tutto il nutrimento inquinato che gli è stato fornito. Inquinato da odio, rancore, rabbia per fatti accaduti quando io ancora non ero neppure nella sua città. Un mix esplosivo che lui non ha mai affrontato a viso aperto e che lo ha portato ad avere comportamenti e pensieri psicotici che hanno pesantemente influenzato in modo negativo il suo rapportarsi con l’amore e con me.
Ciao
ALEBA: bacino 🙂
FUORI DAL CORO E ALEBA: sì, è vero, da fuori sembrano cose assurde e peraltro lo sono. Ma sembra proprio assurdo il concetto di essere stati dentro quelle cose, non essere scappati a gambe levate alla prima avvisaglia, aver accettato la prima parola cattiva o il primo spintone, la prima ingiustizia, il primo senso di inadeguatezza…
Posso dirti, FdC, che sì, colgo l’assurdità che può generare anche solo un millesimo della visione della storia quando viene raccontata.
Al contempo, ti parlo per me, posso assicurarti che il senso di assurdo lo provo anch’io.
E al contempo come Aleba forse, anche quando mi dico: che stupida, avrei dovuto fare così e non colà, avrei dovuto dire così o cosà sono anche perfettamente consapevole di non essere una persona stupida.
Non lo dico per dire “guarda quanto sono intelligente”.
Però so di non essere stupida. Peraltro, poiché oggi sappiamo che le intelligenze sono tante, e anche per questo spesso i bimbi che crescono meglio sono quelli che possono seguire le inclinazioni della loro prevalente intelligenza, non posso neanche dirti che possiedo un’intelligenza matematica (zero, a dire il vero :P) ma ho sempre diffettato dalla più tenera età di un’intelligenza emotiva o sociale.
Inoltre non sono masochista.
Quindi è anche per questo che, pur considerando che sia assolutamente necessario andare a cercare i propri perché (senza violentarsi però, i propri perché vanno cercati per farsi del bene, non del male… e non sono i propri perché che ti chiedi e ti rispondi quando sei nell’occhio del ciclone), e la propria responsabilità (sempre in senso sano, costruttivo per se stessi, non passivo intendo, pure se queste situazioni sono all’insegna di una grande passività…) non posso affermare in senso assoluto che queste cose non accadano anche ai masochisti, a quelli che se la cercano proprio, non posso in senso assoluto, ma poiché mi conosco e conosco altre persone a cui queste situazioni sono capitate nella vita, per breve o lungo periodo, posso affermare che non capitano solo ai masochisti, a persone con scarsissima stima di sè, persone per forza dipendenti dal rapporto di coppia o che pensano che i rapporti di coppia siano belli sono se sono litigaroni o che il massimo della vita sia mettere le dita nella presa della corrente…
no.
Il senso di assurdo, in realtà, parlo per me, una persona ce l’ha anche mentre le vive queste cose.
Ed è paradossalmente anche e proprio il senso di assurdo che può tenerti lì invece di farti andare. C’è un libro che cito spesso, Molestie morali, che spiega molto bene le varie fasi. Anche quella di “paralizzazione”.
Non so cosa sia capitato ad altri, ma non è che il molestatore morale si presenta tirandoti una padella in testa, offendendoti e mancandoti di rispetto. Cioè, per carità, può pure accadere, ma di solito le persone non girano con un cartellone. Tuttavia, se guardi indietro, qualche stonatura, con il senno di poi, puoi anche coglierla.
Ma due sono le
ragioni per esempio possibili per cui puoi non cogliere dei segnali:
1) nessuna famigliarità con la molestia morale (dunque il sottovalutare determinati aspetti, ripeto, in fase non eclatante. Se ami qualcuno ami i suoi difetti. Puoi non cogliere quanto quei difetti siano il micro di un macro… poi quando cominci a vedere che qualcosa non torna ti sembra impossibile… inoltre il molestatore morale ti disorienta… anche se vedi hai le traveggole, se ti arrabbi sei tu l’isterico. Inoltre se sei una persona portata a metterti in discussione di fronte ad una persona normonevrotica magari ci si mette in discussione in due e nasce un bel dialogo costruttivo… se si mette in discussione solo A e B mette in discussione solo A, sempre di A di tratta…
2) una famigliarità con la molestia morale, senza aver avuto modo però di identificarla. Cioè, anche tuo padre, tua madre, il tuo patrigno o tua zia Pina si comportavano in un certo modo. Nessuno ti ha mai detto cosa fosse. Hai imparato a sentirti in colpa e al contempo a nasconderti, o schivare, comunque a convivere già con certe dinamiche (male, perché con queste dinamiche bene non si vive), hai imparato però magari che la cosa in ambito famigliare fosse costantemente accettata, non vista, negata, o hai imparato a fare da risolutore o da caprio espiatorio. La zia Pina non si è incazzata perché è fatta lei così, ma perché se tu sposti il tostapane o vai male a scuola o piove è chiaro che la zia Pina non può che scoppiare. Allora neanche ti accorgi che eviti di toccare il tostapane o che speri che non piova mai. Magari fuori da casa, poi, respiri. O pensi che arriveranno tempi migliori, o prendi sempre 10 e lode per cercare di riequilibrare, un malessere tuo o famigliare, o vai in giro tutto il giorno perché a casa così non si può studiare o perché l’autostima vacilla o buh o che…
comunque sia un giorno magari incontri lui o lei.
se ha delle caratteristiche della zia Pina non le vedi proprio per quanto ti sono famigliari, le hai respirate già.
oppure lui è lei ti piace ma è anche un animo fragile e insieme tormentato. Azzo, tu sai cosa vuol dire sentirsi così.
Meno male che adesso in due si potrà avere una vita migliore…
Oppure cerchi di aiutarlo/la perché hai sempre sognato quando stavi male tu che qualcuno lo facesse per te, che qualcuno capisse che eri fragile e tormentato, senza giudicarti. Ecco, tu infatti non giudichi, tu accogli, tu dai una possibilità…
quello che voglio dire è che non serve essere particolarmente fuori di capoccia per non riconoscere, più ancora che per andarsi a cercare, qualcuno che potrà rivelarsi un grosso guaio. Con ciò non voglio dire che possa capitare a tutti tutti nè che non ci sia veramente modo di difendersi. tra l’altro una persona che conosce la molestia morale, che l’ha riconosciuta, non dimentica i segnali, stavolta no. Il problema è che per un certo periodo può avere bisogno di ritarare il suo sistema di difesa. Prima non è bastato un missile sparato
quando il mondo sembrava solo il posto in cui si possono mangiare anche le fragole per azionare del tutto un sistema di allarme (e le ragioni, mi ripeto, sono molteplici), poi se uno alza la voce o ha certi atteggiamenti il sistema di allarme scatta eccome. prima mi difendo e poi penso se è il caso. Mentre prima era: prima penso se è il caso, mi domando se è colpa mia o ho le traveggole, e poi mi difendo (forse…se riesco a realizzare che veramente mi devo difendere da una persona che amo o che ho amato… e non è bello pensarlo…).
Questa fase passa ed è probabilmente anche necessaria. Necessaria al trauma (se dici carciofo io mi ricordo una piantagione di carciofi o di melanzane… non è che sono pazzo, è che solo la parola carciofo mi può scatenare una reazione di stress fisico…) e necessaria a ritatare le difese. Il problema è che non è facile far capire perché una persona non è “matta” se scatta per un carciofo. Prova a chiudere un cane dentro uno sgabuzzino per 10 anni… poi prova a tentare di farlo entrare in una porta che non sa a cosa conduce…
lo dico perché un giorno ho trovato un cane. Si fidava di me in quella notte che abbiamo passato insieme, anche se tutti e due dormivamo con un occhio aperto. D’altra parte io ero un’umana sconosciuta e lui era un cane che con un morso poteva staccarmi una mano. Al mattino io sono andata in bagno e lui era stressatissimo all’idea che io lo stessi abbandonando. Quando sono uscita dal bagno gli ho fatto vedere che quello era solo un bagno, non una porta che mi avrebbe portata via lasciandolo solo. Allora ha mosso la coda, e ho potuto aprire e chiudere le porte senza che avesse timore.
Ecco, a chi ha subito certe cose a volte bisogna mostrare cosa c’è dietro la porta e non dire: ma daaaaai, è solo una porta!
che pare:
sei fuori?
sei scemo?
sei così scassato?
No. Ho le mie, ma se mi mostri che dietro la porta non c’è un mostro io ti dirò con sollievo: che bello, è solo una porta.
E passerò ad uno step successivo probabilmente. Probabilmente non dimenticherò mai più che dietro una porta c’era solo una porta e che una persona ha capito e mi ha mostrato cosa c’era.
Sono cose che una persona fa da sola, intendiamoci.
Passa un periodo ad aprire le porte, tipo quelli dei film polizieschi quando vanno a vedere se dietro c’è la banda di mafiosi… è faticoso, ma lo fa. E non perché sia paranoico, ma perché ha voglia, una voglia immensa che le porte siano solo porte.
Però intendevo dire che, se qualcuno vuole starti vicino in questa fase dell’avventura, deve anche rispettare il fatto che c’è una ragione per cui puoi farti domande che, prima, non ti saresti mai fatto. E’ importantissima l’autonomia, secondo me. Cioè non cadere nella cosa del: ho bisogno che tu mi dica che, perché sennò io non so dirmelo da solo.
Ma riconoscere la vera gentilezza di qualcuno può far bene.
Lo scambio, equo, di per sè non è dipendenza.
Mentre mi rafforzo, mi trovo, comunque sia anch’io mi rendo conto anche
delle mie risorse e di ciò che io posso dare agli altri. In modo diverso. Non più quello di prima, ma non in senso negativo. Intendo dire più equo e reciproco.
L’esperienza della violenza psicologica è talmente devastante che di solito chi l’ha conosciuta/riconosciuta cerca la strada per liberarsene davvero. Dentro di sè, da un terapeuta (e quindi comunque dentro di sè), modificando delle proprie false idee, che fossero congenite o nate e strutturatesi durante la violenza psicologica o una relazione non funzionale. Dare fuori tutta la responsabilità e cercare il principe sul cavallo bianco che verrà a rimettere tutto a posto invece può essere pericoloso. “Ridammi il valore che mi è stato negato/tolto” è diverso da “io ho valore, tu hai valore, partendo da questo presupposto, con rispetto, ci possiamo interfacciare”. Lo dico perché se non mi preoccupo quando leggo che chi ha avuto un’esperienza di violenza per un po’ non ce la fa e non vuole proprio saperne di relazioni, mi preoccupa di più quando leggo di un bisogno esterno per ridarsi valore. E’ chiaro che l’esperienza di una frequentazione positiva può fare bene, è chiaro che rientrare nel mondo è fondamentale, risperimentarsi in una normale anche banale quotidianità, restituirsi il negato e rinnegato, restituirsi della parti di sè… ma se c’è una cosa che penso sempre più è che nessuno salva nessuno… ognuno si salva da sè… che non è l’equivalente di “nessuno caga gli altri”, bensì è una cosa positiva, la scintilla che scatta dentro x cui comunque riesci a riconoscere il bene, ti concedi il bene. Allora anche il consiglio, lo sprone, il sorriso sincero, l’esperienza positiva entrano. E’ chiaro che sei sei steso su un letto e non ce la fai ad alzarti qualcuno che ti dica alzati, dai, fuori c’è il sole è utile… ma sei tu che ti alzi, e tu che decidi di andare a vedere se c’è il sole, anche se pensi “chissenefrega”. Esserne consapevoli secondo me è importante.
Consapevoli di ogni traguardo, e indulgenti con le ricadute. E’ un lungo viaggio.
Tu dici assurdo e io comprendo. Eppure tu stesso (e credimi non lo dico tipo gnegnegnè pensa per te!!!) sei divorato da sensi di colpa, tenerezza e delusione, disorientamento e senso di irrealtà, timori anche che prendere delle consapevolezze possa far crollare TE non veramente l’immagine che ti sei fatto di un’altra persona. Se tu non sei ciò che credevo tu fossi, se mi sono sbagliato/a così tanto ecc allora che ne è delle mie certezze?
Sono incrollabili certezze usate male, insieme all’empatia, anche (ho detto anche, non solo) a far restare in quelle assurdità. E il dolore devastante di dire: ho davvero amato qualcuno che mi era nemico?
devo davvero sostituire l’amore con l’odio? Sembra facile da fuori dire: beh, ora sai, non fai una festa? Anche. Ma c’è una fase durissima.
Sorrido per 1 mio lapsus che non posso modificare:
@ho sempre diffettato dalla più tenera età di un’intelligenza emotiva e sociale
so e volevo scrivere il contrario, però…