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Lettera pubblicata il 26 Settembre 2011. L'autore ha condiviso 2 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore aleba.
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Fuori dal Coro, tua moglie pensa di averti amato solo lei? Perché? Forse perché per anni ti ha detto con calore e affetto che gradiva mangiare le patate bollite, mentre in realtà le voleva fritte…ma per non urtare i tuoi sentimenti ha scelto di ingoiare tappandosi il naso ogni singolo pezzo di patata bollita? Poi d’un tratto, presa dalla nausea ti ha rinfacciato di non aver mai capito che se mangiava le tue patate bollite era solo perché ti amava alla follia…e tu poverino sei caduto dalle nuvole! Hai provato pure a spiegarle che tu in dispensa avevi la friggitrice e olio per friggere in abbondanza, ma lei non ha voluto sentire ragioni. Ti ha accusato di averla rimpinzata di patate bollite, tu dovevi capire che le detestava, dovevi scorgere dietro ai suoi sorrisi i conati di vomito che si sforzava di frenare. Dovevi leggere nei suoi occhi il rifiuto totale, piuttosto che sentirti felice per il benessere che esprimevano. Quindi tu, “cuoco”dei miei stivali, che non hai saputo per niente capire i gusti della tua donna, non hai diritto di sentirti tradito se ad un certo punto quella donna ha deciso di farsi cucinare le patate fritte da un altro uomo. A quell’uomo lei avrà sicuramente detto “sono stufa delle patate bollite, le odio…io le voglio fritte ma lui non capisce”. Vieni, le ha risposto lui, le patate fritte si fa presto a farle, ci penso io a te. Magari erano le patate fritte peggiori che lei avesse mai assaggiato, ma non voleva più le tue patate e non gliene fregava più niente di quanto buone sarebbero state le tue patate fritte…se solo te le avesse chieste!!
Vedi Fuori dal Coro, questo è quanto!
Io ho ripetutamente chiesto al mio e “Cosa devo fare per renderti felice?”. La sua risposta era “Devi essere la mia compagna”. Cosa significa?? Io ero la sua Compagna e mi sono comportata meglio di tante mogli ufficiali. Ma richieste precise MAI, certo in quel modo io ero costretta a dannarmi in ogni modo, mentre lui poteva sempre dire che ciò che facevo non era adeguato alle sue aspettative. Il contrario non è mai successo. Mai una volta mi ha chiesto “come posso renderti felice, Aleba?”.
Lui avrebbe potuto essere un uomo buono, ma ha preferito il rancore e la rabbia. Si è lasciato corrodere dall’invidia verso coloro che non hanno patito le sue stesse pene. Eppure, da un certo punto in poi nella sua vita ci sono stata io a fare da airbag negli eventi drammatici, da contenitore per le frustrazioni, da filtro per le seccature. Peccato che io ero diventata la sua più grande seccatura, troppo vicina per essere tollerata, troppo pericoloso darmi spazio. Ha progettato tutto fin dall’inizio e finalmente ho sancito la sua ragione. L’ho abbandonato. Io non soffro perchè vorrei essere con lui, come soffri tu.. io soffro perchè lui non ha tolto i muri, non ha rischiato tutto nel nostro rapporto. Aveva ragione a non rischiare con me? Attualmente ne sarà convinto, visto che io l’ho lasciato. No non aveva ragione, io non aspettavo altro che un riconoscimento
un riconoscimento da parte sua del fatto che fosse felice e fiero di avermi al suo fianco, e nel contempo una volontà di cambiare modo di amare, anche mediante il ricorso ad una terapia individuale e/o di coppia. Lui non ha mai voluto. Solo prima che me ne andassi ha cominciato a dirmi che mi amava e che mi aveva sempre amata. Amore? Non è amore quello che ho vissuto!! Ogni mia debolezza l’ha sempre sfruttata per ingigantire la mia inadeguatezza, ha rigirato con crudeltà il coltello nelle mie ferite. Io a lui l’ho sempre protetto dalle ferite, ho sempre sminuito le sue debolezze, l’ho difeso di fronte agli altri. Poi ho cominciato a scuoterlo, a volere la sua attenzione su certi argomenti scomodi, ma lui mi piantava in asso come una scema. Sai volte che ho pensato di prendere mia figlia piccolissima e andare in albergo, visto che lui girava i tacchi e rientrava a notte fonda pur di non chiarire, pur di non dover riconoscere che i suoi argomenti erano FUTILI che io ero degna di essere la sua compagna.
Tu dici che non riesci a colpevolizzarla, in pratica la proteggi, proteggi il ricordo che hai di lei per non dover rinnegare gli anni passati credendo che lei fosse felice quanto te. In realtà tu stai proteggendo te stesso in questo modo, hai paura di scoprire che non avevi amore tra le mani, ma un surrogato, un’imitazione ben fatta. Io ho dovuto mettere tutto a nudo per capire che l’amore che avevo vissuto era stato manipolato con abilità machiavellica. Ho sofferto per questo e ne soffrirò per molto tempo ancora. Per questo non smetto di scrivere, non sono in pace. Ma non è così che risolvi Fuori dal Coro, continuando a mettere il tuo amore per lei di fronte a tutto, di fronte alle sue responsabilità che sicuramente ci sono. Amare vuol dire anche saper perdonare, ma il primo che devi amare, il primo che devi perdonare sei tu, te stesso. Certo, ognuno ha i suoi tempi e nessuno può costringerti a uscire dalla disperazione per la perdita della vita come la conoscevi, nessuno può tirarti fuori dal fango dove arranchi cercando di farti aprire la famosa porta. Però posso dirti che succederà e che è compito tuo farlo succedere. Armiamoci di coraggio e guardiamo oltre, siamo caduti in basso, abbiamo sguazzato sul fondo ponendoci mille domande sulle cause della nostra caduta, abbiamo poche risposte e pensiamo che a mille domande servano mille risposte. Invece, Fuori dal Coro, basta una risposta determinante per far tacere tutte le domande di colpo. Quella risposta ci costringe a raccogliere le forze e a cominciare a salire. Quella risposta è la nostra arma per contrastare i subdoli ganci che vorrebbero trattenerci sul fondo a disperarci. Allora avverrà il distacco, non la negazione del passato, il distacco da esso. L’ammissione delle proprie responsabilità e la scelta di vivere nonostante e anche in virtù del fallimento, della chiusura. Le ferite si saneranno e conserveremo le cicatrici come maestre di vita sagge.
Ti sono vicina, Fuori dal Coro.
Aleba
Per Fuori dal Coro.
Non riesco a trattenere le lacrime leggendo la tua risposta a Luna, piango per il Natale, piango per le tue lacrime versate a testa bassa, piango per come sei Uomo..
No Maria, il mio ex non è un diavolo. Ha una personalità gravata da carenze affettive e forti contrasti vissuti durante l’infanzia.
Ho sofferto immensamente nel dover riconoscere che io non potevo aiutarlo. Aveva, ha! bisogno di un aiuto specialistico. Ha bisogno di svuotarsi di tutta la melma che ha accumulato negli anni, di scendere dal piedistallo che si è costruito e confrontarsi con il suo malessere faccia a faccia, disarmato. Accettare il suo passato, farci pace e finalmente vivere ciò che la vita gli offre. C’è stato un tempo in cui pensavo che lo stesse per fare, che fossimo fianco a fianco. Ma era pura illusione. Non ne esci se non ti fai aiutare, non puoi disintossicarti se non cerchi aiuto, se non hai un pozzo a tenuta stagna dove sputare tutto quello che ti ha avvelenato e continui a pensare che chi ti ama in realtà sta cercando di rovinarti. Io non potevo più fare da pozzo, capisci? Il suo veleno ha contaminato anche me. Sono dovuta diventare madre per capire che non ero più una persona ma una vasca di liquami…I bambini non possono scegliersi i genitori, mentre noi abbiamo il dovere di scegliere che tipo di genitori vogliamo essere e io non voglio essere come ero con lui. Basta, basta così fa un tale male pensarci…e mi auguro che gli anni passino in fretta e che facciano il loro lavoro mentre io faccio il mio.
LUNA…segue
(continuo dal mio post n. 249)
Scusa Luna se non sono riuscito a terminare ieri le mie risposte.
…Si lo so, hai ragione. Dovrei pensare più a me stesso. Ma ci provo, ci sto provando. Esco, vedo gente, amici, amiche, cerco di svagarmi come e quanto sia più possibile. Ma è una fatica enorme. Perchè non è una frase detta così. Ma in ogni posto vedo lei. Vedo lei con me in atteggiamenti sereni. Non riesco a ricordarmi un posto dove abbiamo avuto un diverbio. Lo so che sto facendo male alla mia salute. Ho il viso segnato, lo vedo. Anch’io come te MAI e poi MAI avrei pensato che la mia storia finisse. E anch’io come te non vedevo ostacoli insormontabili. Si è vero c’era quella famosa questione: il figlio. Ma stavo lottando appunto per superare “l’ostacolo”.
Ieri sera sono uscito, sono entrato in una libreria. Ho letto pochi libri in vita mia. Mia moglie invece era una divoratrice di libri. Spesso mi diceva di farlo. Io non le davo retta. Ma non perchè lo ritenessi inutile. Solo perchè durante la giornata ero preso da altri interessi. Te l’ho detto la passione per la fotografia per i filmini, la musica. Ieri in libreria così’ come mi è capitato altre volte ho capito che aveva ragione. Dovevo leggere di più. Dovevo soffermarmi nella lettura di qualche libro. Che oggi vedo e apprezzo. Forse avrei capito qualcosa. Avrei riflettuto su qualche racconto di vita a cui prima forse non facevo caso. Ieri sfogliando alcuni libri, così come altre volte, c’erano frasi che mi colpivano al cuore. Frecciate dolorosissime. Un libro in particolare “Quattro meno tre” (non ricordo l’autrice). La storia vera della scrittrice che in un incidente automobilistico perde in un batter d’occhio marito e tre figli che adorava. La vita le cambia in un attimo. Ho sfogliato qualche pagina, ho letto alcune frasi. Mazzate tremende. Magari una lettura di un libro del genere qualche anno fa mi avrebbe aperto gli occhi su tante cose. Su come la vita possa cambiare in un attimo. Non che non ci pensassi prima. Anzi cercavo di vivere il presente cercando di coglierne il meglio. Ma forse non lo facevo abbastanza perchè magari mi lasciavo prendere dagli eventi negativi quotidiani. Se avessi la possibilità di tornare indietro non farei più errori del genere. Chi se ne frega del traffico. Chi se ne frega se ho fatto tardi in ufficio, chi se ne frega della fila in banca o alla posta, chi se ne frega della tv…oggi parlo 4 ore di seguito con mia moglie.
Ecco…tutto questo non mi da’ tregua nel cuore e nel cervello. Non ho fatto niente di trascendentale. Non mi sento un mostro. Sono stato sempre sincero nei sentimenti e in tutte le altre cose. Però è come se avessi commesso un omicidio. Si perchè in fondo ho ucciso l’Amore. Non esprimendo cose che invece fanno parte di me stesso. Ieri mi è bastato vedere un portachiavi con Babbo Natale su un libro per farmi struggere. L’albero “il nostro albero” che addobbavamo insieme e il presepe che io volevo fare sempre in anticipo….
Luna…segue
…perchè “così durava di più”. Si anch’io come te pensavo che potessero essere naturali tante cose. Anche un litigio, seppur non l’abbiamo mai fatto. Per me come te era logico invecchiare insieme. Eravamo entrati ognuno dentro l’altra. Almeno così pensavo. E onestamente non lo pensavo solo io ma anche chi ci conosceva. Io mi comportavo con lei come con mia madre: leale.
Ok Luna dovrei riconoscere che è avvenuto un cambiamento. In effetti c’è esiste. Mia moglie non è più con me. Il problema è che non riesco a comprendere che cambiamento sia avvenuto in lei. Aleba mi ha fatto l’esempio delle patate lesse e delle patate fritte. Calza a pennello. Ma non comprendo. Come si può forzarsi per anni a mangiare patate lesse se queste proprio non ti piacciono. E’ impossibile secondo me. Per me le “patate lesse” le piacevano.
Luna, anch’io come Aleba ti chiedo di scrivere. E’ un piacere leggerti…forse più di un libro.
MARIA: Si lo so è tutto vero quello che dici. Probabilmente il mio cervello non ne può più. Comunque non sto sempre l’ a menargliela e a dirle che è tutto bello. Ormai è un bel po’ che non la sento. Ho finito le cartucce. Non posso più sparare.
Si sono stato da uno psicologo. Una psicologa per la precisione. L’ho scelta donna per poter capire meglio lei, mia moglie e l’universo femminile. Non so se mi sta aiutando. Ma sto facendo anche questo. Sta scavando in profondità. Ma finora non ha visto niente di strano se non una estrema coerenza nel mio modo di essere. Mi ha fatto notare che tra i suoi pazienti esistono molte persone affermate sul lavoro e nella vita ma che alla fine non sanno quello che vogliono. Problemi nel mio “io” finora non me li ha trovati. Se non una certa rigidità sulle proprie idee. Ma questo lo sapevo già. Mi sto aprendo a tutto. Mi sto mettendo in discussione su tutto. Sto provando…sto provando.
Concordo con te Maria. A volte penso che il marito di Aleba sia il diavolo in persona. Ma lei ci ha risposto e forse ha ragione, almeno in parte, o probabilente in tutta acendolo lei conosciuto. Forse ha davvero dei seri problemi dovuti alla sua infanzia. Certo che è un uomo fuori dalla norma in senso negativo…ma molto negativo.
ALEBA: “Non riesco a trattenere le lacrime leggendo la tua risposta a Luna, piango per il Natale, piango per le tue lacrime versate a testa bassa, piango per come sei Uomo..”
Grazie per queste belle parole Aleba, soprattutto per ultime…Grazie davvero!
Ciao Luna, Ciao Aleba, Ciao Maria. Grazie a tutte. Vi aspetto sempre!
Un bacio affettuoso ad ognuna di voi.
Fuori dal Coro, anche io ho scavato nella mia vita con lo psicologo. Io l’ho scelto perchè svolge i colloqui con il suo cane in studio. Già il fatto di avere quel muso bagnatino appoggiato sulle ginocchia, scioglie la tensione e le parole scorrono senza intoppi. A distanza di un anno il mio analista mi ha detto che secondo lui non ero io che dovevo andare in analisi, bensì lui. Ma a me è servito tanto, per tranciare uno ad uno con un colpo di mannaia ben assestato, i grossi cavi di acciaio e sangue che mi tenevano legata a lui. Dio come vorrei aver avuto un Uomo da amare che mi amasse a sua volta… semplicemente. Non l’inferno psichico che ho attraversato. Luna, so che tu capisci bene. Le difficoltà che la vita ci ha sbattuto davanti non mi hanno mai spaventata, e di tragedie ne abbiamo dovute affrontare diverse. Ma vedi, Fuori dal Coro, la casa dovrebbe essere quel luogo dove puoi allentare la tensione, dove puoi far scorrere le emozioni, nutrire la tua anima e quella di coloro che ami. No la casa non è un luogo dove ad un certo punto ti accorgi che devi imparare a guardarti le spalle, a riconoscere le trappole prima di caderci dentro.
P
Ciao cari 😀
FUORI DAL CORO: anch’io mi commuovo leggendovi, perché siete belli e perché siete “tanti”, nel senso del tanto che c’è dentro di voi.
Ti sei messo in discussione, Fuori dal Coro, pure troppo, forse, per l’eccesso di responsabilità che ti dai, però al contempo, come mi pare sia proprio del tuo carattere, lo hai fatto con coraggio e in modo costruttivo. Hai voluto conoscerti meglio, e questo secondo me non è mai un errore, quando sentiamo la spinta a farlo, dentro di noi, è un segnale che non possiamo fingere di non cogliere. Non tutti sentono quella spinta, forse, e non tutti la colgono. Il mio ex una delle volte che pensava di avermi perso (dopo aver fatto di tutto per perdermi e farmi sentire perduta, come è proprio di quei meccanismi che io e Aleba conosciamo) si è comprato dei libri per guardare dentro se stesso e ha fatto due sedute dalla mia psicologa. Ma c’era, nel suo modo di fare, anche una punta di ricatto: lo faccio se tu ci sei. Non importa se erano passati anni e anni, se ero io adesso ad essere in confusione, a stare male, se potevo avere io sfiducia in lui, se potevo essere io allo stremo, rincitrullita, confusa, in pericolo di fare qualche cazzata, e se io glielo avevo in fondo sempre permesso, a lui, di essere così…
io DOVEVO essere comunque, in 5 secondi netti, pronta a dire: oh che bello, ecchite ca’. Mi dici che forse ci vorranno altri 45 anni prima che tu ritrovi te stesso, che non puoi darmi alcuna garanzia per il futuro, che comunque devo andare a vivere da sola (ma attenzione in modo assolutamente monastico… per inciso per anni io gli avevo detto: troviamo una soluzione per separarci in sicurezza, e lui mi diceva: non ti amo, non mi frega, è finita, ciao ciao, salvo poi cambiare idea ogni volta che andavo via e dirmi che lui era innamorato perso, ma stava male. Quando lo dicevo io però ero una povera deficiente. Anche se mi hai fatto praticamente impazzire dal dolore e dall’ansia ora io mi stabilizzo in trenta secondi e ti rassicuro. Non ne sono stata capace, lui non me lo ha perdonato ed è scoppiato più di prima. Sapessi quante e quante volte IO mi sono rimproverata, no anzi, non è il termine esatto, mi sono flagellata dentro dicendomi: IO dovevo essere capace.
Negando il fatto che se io non ero stata in grado in quel momento era perché avevo sul groppone anni e anni in cui lui aveva avuto la sua crisi al 3000 per cento e ogni volta che andavo in crisi io (e per crisi non intendo sui sentimenti, ma crisi interiore mia, devastante) non era possibile. era colpa mia. Oppure se cercava di recuperare però poi mi rinfacciava che come mi ero comportata IO quando ero stata in crisi era insanabile, perché lui non poteva dimenticare. Perché io avevo rovinato il rapporto (che, quando a lui faceva comodo, o comunque per i suoi buchi neri, non esisteva).
(avevo scritto kilometri di cose, entrando più nel dettaglio, ma mi incasino e basta, e incasinerei anche chi legge, dunque riassumo il concetto in oggetto…):
anch’io ho fatto errori, Fuori dal Coro, e anch’io penso che le reazioni a catena, dovute a quella guerra che lui mi ha dichiarato all’improvviso dopo 10 anni, hanno fatto soffrire anche lui. Non dubito di questo. Però quello che voglio dire è questo: quando lui ha preso quei libri o è andato due volte dalla psicologa la sua spinta a guardarsi dentro non era reale. Perché non l’ha mai fatto sul serio. E quando ti dico che la sua modalità non era solo di sostegno, ma di pretesa, di ricatto, purtroppo è vero. Credimi che non era solo una questione di sostegno, FUORI DAL CORO, quello da parte mia, se avesse voluto guardarsi dentro, affrontare dei fantasmi, dei nodi, lo HA SEMPRE AVUTO. Lo avrebbe anche tra cent’anni, come amica. Se non dico “da compagna” è perché non è possibile. Lui lo ha reso impossibile. Non puoi volere bene ad una persona, visceralmente bene che ti commuovi solo pensando alla sua foto all’asilo, ed essere trattata sempre come una nemica. Non puoi soffrire perché lui ha lasciato te, in realtà, ed essere anche trattata come chi lascia perché se ne frega. Non puoi vivere una vita senza amore, sapendo e volendo amare, e sentirti dire che è colpa tua, perché tu sei poco seria ma non sei riuscita a fregarlo. Non puoi cercare di sostenere qualcuno, quel qualcuno ti affossa e ti dice pure che te lo meriti. Io ho vissuto una vita non vita per anni, questa è la verità. Una vita non vita che era la fotocopia di quella dei suoi genitori. La cosa più distante dal mio modo di essere che riesco a immaginare. Io quando vedevo come sua madre trattava suo padre avevo i crampi allo stomaco. E lui mi diceva: non ne posso più di vedere quelle scene.
Io so che per dieci anni lui è stato anche bene, molto bene con me, come io con lui. Lui stesso mi diceva: ho fatto tanti passi avanti. (passi avanti rispetto al suo pessimismo cronico, passi avanti rispetto alla paura delle relazioni, passi avanti rispetto al suo non reggere una discussione, le frustrazioni, un dialogo di una certa durata che vertesse su temi più personali e intimi). Lui stesso ha sorretto me, e non lo nego, perché anch’io avevo le mie. Mi ha amato e ne sono certa. Perché per lui era difficile dire ti amo, ma me lo dimostrava. Ma non sono io che dopo 10 anni gli ho voltato le spalle. Lui ha voltato le spalle a me e a se stesso, anche se come individualismo lui, come il compagno di Aleba, si è costruito delle cose materiali per sè. Ma ha voltato le spalle a se stesso perché se uno ti fa una guerra come quella che lui ha fatto a me, a noi, del bene non si fa.
Come Aleba, mentre lei cercava di aiutare e sostenere il suo compagno, ho attraversato tutta una serie di crisi, mie, di sensazioni di spaesamento, di ansia, di tristezza che ho dovuto sempre e comunque vincere da sola. Nessuna cosa andava bene, che lo amassi o che pensasse che lo amassi di meno. Avevo colpa nella vicinanza e nel distacco.
Questa è una cosa che chi non prova non può capire. E meno male.
Quando ho avuto un anno che era difficile per altre cose veramente dure lui non ha cambiato linea. Non riuscendo a provare una vera empatia non si è reso conto di quanto io stessi davvero male, di quanto io non potessi veramente reggere quelle sue modalità. Che quella volta ero io, seriamente, a rischiare di andare in depressione. Lui ha sempre e comunque visto ogni mia reazione come un’azione fatta contro di lui. E guarda, Fuori dal coro, che io le cose gliele ho sempre dette, spiegate. Ma non è servito a NIENTE.
Io ho parlato con uno dei suoi fratelli davanti a lui, non alle sue spalle, di come andavano le cose. Non per mettere in mezzo agli altri, ma perché speravo che lui si/ci vedesse. Perché lo aiutasse, ti giuro, indipendentemente da me. Io parlavo con suo fratello e lui stava zitto. Suo fratello gli ha detto: ma cosa stai facendo? Ho passato anni a sperare che lui non soffrisse, che affrontasse le sue cose, con me o non con me. Ma perché era assurdo il tunnel in cui era finito. Non è sindrome da crocerossina. II risultato è che l’altro suo fratello invece preferisce credere che io sia un mostro che ha messo in crisi una persona che di per sè non avrebbe problemi,che fosse la relazione il problema. Tolta quella lui sarà un fiore di campo. Glielo auguro. Non si spiega però perché mi odi. E sua madre (ma è ovvio) è riuscita a dirmi, una volta che ho tentato di parlare con lei, dopo che lui non reggendo una discussione (mentre lui di numeri ne ha fatti e quanti) era andato a dormire da lei, e non perché io fossi un mostro, ma perché non reggeva se stesso: “Mio figlio non è così. E la prossima volta che TU COSTRINGI MIO FIGLIO ad andarsene da casa SUA per le TUE urla vengo lì e ti caccio io”. Al che io, con calma, le ho detto: signora, stiamo divorziando, ma pur sempre siamo stati insieme 17 anni…”. E lei: non state divorziando, perché non siete mai stati sposati.
Ah be’, allora…
Tutti nella vita commettiamo degli errori, e io di certo ne ho commessi. E non mi sono risparmiata di flagellarmi, per quelli verso di lui e verso me. Il problema, nelle situazioni come quelle che abbiamo vissuto io e Aleba, è che un errore non è mai solo un errore, che sia piccolo o grande o considerato tale. E come una bomba. E sembra che sia su una persona sola che ricadano sempre le responsabilità, nel rapporto azione/reazione, anzi le colpe. Non so dirti se la sofferenza cada su una persona sola. Credo cada su entrambe, ma in modo diverso. Io non volevo soffrire, anche se può sembrare paradossale, e comunque combattevo per non soffrire, semmai per portarci entrambi fuori dal tunnel. Perché è più facile accettare che una persona ti dica “non ti amo, non mi interessi” che non capire mai se una persona ti sta chiedendo aiuto o ti sta respingendo realmente. Provi insieme rabbia e senso di colpa. Sempre un senso di fallimento. Posso dirti però che ad un certo punto non fa differenza quando non puoi proprio farci nulla, e tu comunque soffri ugualmente come una persona respinta, e in più pure colpevolizzata, e in più però è come se tanto tu fossi sempre abbastanza forte da non romperti mai, perché anche quando stavi schiattando sei riuscita a prenderti per il coppino e salvarti, e al contempo come se tu fossi sempre così inadeguato da non meritare una cippa dalla vita. E se hai qualcosa è perché hai imbrogliato, o perché sei cinico e dei sentimenti non te ne frega niente. In sintesi: se crepo di fronte alla tua anafettività sono deficiente, se sorrido di fronte un affetto è perché sono un essere frivolo e profittatore e faccio un torto alla tua sensibilità…
Quando leggo che queste cose capitano ai masochisti mi permetto di dissentire in ogni modo. Io non sono mai stata masochista. Mi sono trovata però ad affrontare qualcosa di sconosciuto e più grande di me. E per niente, perché, alla fine, sono pure LA STRONZA.
Va bene, sono la stronza, non parliamone più. A volte penso persino che se questa versione lo fa stare in pace con se stesso va bene così. Io cerco la mia pace.
Scusa, Fuori dal Coro, tornando a bolla:
hai scritto, e mi ha commosso, se non sbaglio le parole esatte: IO dovevo capire, io ero più grande.
E’ una cosa tenerissima, però siete due adulti, comunque. E puoi proteggere solo chi è in grado di lasciartelo fare e chi comunque si ricorda che la protezione è reciproca.
Per il libri: io adoro leggere, e, a parte nella mia fase più down, divoro i libri. Tuttavia non mi ha mai scomposto per nulla il fatto di avere compagni che non leggessero tanto. Ognuno ha i suoi interessi.
E’ vero che dopo una disgrazia o un tumulto ci ritroviamo a riflettere su tante cose e possiamo anche aprezzare di più le piccole cose. Ma non possiamo vivere in stato di quiete pensando già a come saremmo dopo un tumulto. A me sembra che tu vivessi in modo normale, prima, da quello che scrivi, te lo dico onestamente.
Ciao!