Alcuni giorni fa mi sono soffermato sul concetto di disonestà intellettuale e ovviamente su quello speculare di onestà intellettuale. Anche se a livello epidermico penso che ciascuno abbia seppur una vaga idea di questo concetto, ho cercato in quel frangente una sorta di definizione, ma non ho trovato nulla che potesse sintetizzare un concetto che si presta ad essere analizzato su diversi piani: filosofico, morale, giuridico, pragmatico. Quest’ultima categoria è quella che più mi interessa e che sento più urgente delineare. D’altra parte sono ragionevolmente convinto che in letteratura e in rete non manchino pagine e pagine con cui è possibile costituire voluminosi tomi sull’argomento. Conscio di ciò, ho quasi desistito da soddisfare questa mia curiosità (intellettuale anch’essa).
Secondo il dizionario Garzanti il disonesto manca di onestà e di integrità morale. La disonestà intellettuale in cosa differisce quindi dalla disonestà sic et simpliciter ? Quale delle due è più grave? Quale quella più insopportabile? Il mio parere è che innanzitutto questi concetti non sono così distanti, o meglio sono confusi, commisti; abbiamo bisogno di fare riferimento ad altri concetti per meglio definire l’oggetto del nostro studio, e quindi parlare di sincerità e della già citata integrità morale. La questione può sembrare di poco conto, o viceversa di importanza fondamentale, o ancora di tutte le sfumature possibili e immaginabili tra il sano disinteresse e l’eccessiva pignoleria.
In questo senso io ne faccio una questione di luoghi e situazioni. L’acquaiolo offre acqua fresca ai viandanti. Il politico promette di risolvere o mitigare un problema. Un fedifrago acquista un costoso gioiello alla moglie. Il prete pedofilo addita i fedeli dall’altare. Il giudice disonesto chiude un’occhio. Il commerciante lasciato solo non denuncia il racket.
Cari lettori, la disonestà intellettuale è tra noi, fa parte di noi, siamo noi. Si sarà capito a questo punto che io guardo con estremo interesse, ma anche con un senso di profonda arrendevolezza, questo fenomeno universale.
Ognuno è custode e protagonista di un mondo percettivo e sensoriale unico. Non mi interessa in questa sede giungere ad una definizione univoca oppure individuare dei criteri tassonomici di questo così esteso fenomeno umano. Mi preme dire che l’onestà intellettuale come antitesi della disonestà intellettuale esige innanzitutto una certa integrità morale che si compone di maturità, responsabilità, coerenza, sensibilità, empatia, equanimità. Per dirla in soldoni, non si può predicare bene e razzolare male, fare il processo alle intenzioni, e usare i filtri colorati per guardare il paesaggio, usare due pesi e due misure. Disonesta intellettualmente è la volpe di Esopo, per la quale l’ uva è acerba. Disonesto intellettualmente è Pilato che si lava le mani. Disonesto intellettualmente è l’impiegato fannullone della pubblica amministrazione. Disonesto anche intellettualmente è il professionista che lucra oltremodo sulla quantità e qualità del suo lavoro o il medico che cura l’incurabile. Ho in mente ulteriori forme di disonestà, una in particolare, ma è soddisfatto il mio bisogno di disquisire sull’argomento.
La disonestà intellettuale non dovrebbe esistere fra persone che si amano.
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Categorie: - Riflessioni
Io penso che ogni persona, a suo modo, tenda naturalmente ad essere onesta con sé stessa e magari anche egoista. La cosa non ci dovrebbe interessare. Le divisioni purtroppo nascono dal fatto che pretendiamo di arrivare a Dio attraverso il prossimo, e questo in un certo senso è giusto, ma quando sappiamo che esistono delle regole che non sono il Vangelo, perché la verità sta in cielo (le nostre opere sono l’espressione potenziale della nostra volontà… ragion per cui i divorziati e risposati, tra gli altri, non hanno ragioni per sentirsi esclusi), ma ci garantiscono, queste regole, di avere quella serenità d’animo che ci predispone a giungere alla perfezione spirituale, magari su altre strade. Quando tutte le tue aspettative sono riposte sul prossimo passerai la vita a sbattere contro un muro d’indifferenza. Almeno questa sarà la sensazione. La ragione mi porta a cercare dei modelli che mi consentono di accogliere dentro di me l’esperienza d’amore senza farmi dominare dal desiderio di cambiare partner. Questo desiderio è legittimo. Io non lo consanno. Dico semplicemente che questa strada ci rende liberi quando è sostenuta da convinzioni religiose o politiche. In entrambi i casi riusciremo a muoverci sulla scena pubblica senza vivere ogni persona come il pretesto per elevarsi spiritualmente o per portare avanti quel processo di costante miglioramento di sé.
Scendere al livello degli altri, nei limiti del possibile, quando viene messa in discussione la nostra libertà, non è la fine del mondo. Quando il matrimonio ti viene presentato nel suo risvolto terreno tenderai a vivere la cortesia come una virtù interiore e morale. Invece sapere che a certi livelli il matrimonio dovrebbe sviluppare i presupposti teorici dello stilnovismo ti aiuta a vivere la vita con sempre più realismo. Al cor gentil rempaira sempre amore (Gudo Guinizelli) spiega perché l’altro viene concepito da noi come un motivo di autoperfezionamento. In questa poesia viene celebrato il carattere divino, ai limiti del blasfemo, dell’amore. Si tratta di un modo per tenere uniti i pezzi della civiltà. Non si può discutere di un qualcosa che semplicemente non esiste, ma che proprio per questa ragione invita ad essere meno attaccati alle apparenze e a convivere in maniera pacifica.
Confesso che sono riuscito a seguiti solo fino a un certo punto. Hai fornito però importanti spunti di riflessione. Le convinzioni religiose o politiche possono essere fonte di disonestà intellettuale. Credo che però l’ aggettivo politico vada inteso nell’ accezione propria di esercizio del potere, per cui sempre in quella innominata città si dice che il pesce puzza dalla testa, oppure si ordina di fare ciò che la fonte autorevole dice ma non di imitare il suo comportamento.
L’ipocrisia è la miglior sintesi per definire la disonestà intellettuale. Il punto è che è uno stile molto diffuso che addirittura si confonde con le buone maniere. Basti pensare a quando ci presentano uno sconosciuto e rispondiamo “piacere”, senza sapere ancora se sarà realmente un piacere approfondirne la conoscenza che è duro a morire.
È un retaggio “benpensante” della piccola e provinciale borghesia di stampo cattolico.
Il provincialismo è una condizione dell’animo.
Devo dire che di primo acchito la sintesi di Golem mi sembrava appunto “sintetica”.
In realtà come fai notare l’ ipocrisia può divenire uno stile di vita, una sorta di forma mentis o di modus operandi per la quale la disonestà intellettuale diventa uno schema fisso dove non è in discussione la sua liceità se non supera un determinato livello. Condivisibile il retaggio di cui parli ma poi penso che nel 2017 chi vuol essere ipocrita nei modi specificati dovrebbe anche capire che tutto il mondo è paese.
Stavo andando a nanna per il raduno di domani. Comunque sì, la disonestà intellettuale è uno stile di vita che ormai è nel nostro DNA occidentale, presente soprattutto nella cultura di impronta cristiana, spaziando dalla chiesa cattolica a quella calvinista. Fingere per compiacere l’altro e dare l’impressione di essere quello che lui desidera vedere si sia, è il primo passo di una “recita” sociale che serve solo a creare “immagini” e non realtà. Una “recita” reciproca. Il risultato è quello magnificamente mostrato ne “La favola delle api”, un poemetto satirico dell’olandese Bernard de Mandeville.http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46302
P.S. Però adesso mi devi dire (anche se è poco) cos’hai capito del post di Rossella. Non è che senza volerlo stai “fingendo” anche tu mentre ti interroghi sull’onestà intellettuale? Sarebbe la dimostrazione di quanto sia ormai di default quello “stile” di cui si parlava.
Nitenite.
@ Golem
Rossella in pratica dice che ognuno di noi cura il proprio orticello. Il problema nasce quando per mancanza di empatia e appunto di onestà intellettuale indulgiamo a qualsiasi mezzo per ottenere i nostri scopi, salvo poi criticare gli altri per come pensano e/o si comportano.
Disonestà intellettuale non è sinonimo di ipocrisia. Nel primo caso ci si riferisce a ragionamenti deliberatamente fraudolenti al fine di avere semplicemente ragione o per ottenere vantaggi vari ed eventuali. Direi che esiste anche una forma di disonestà intellettuale non del tutto consapevole, ma nella maggioranza dei casi si distorce intenzionalmente il concetto di obiettività utilizzandolo solo a proprio uso e consumo. Disonesto intellettualmente è anche chi manipola i discorsi altrui travisandoli, deturpandoli, ridicolizzandoli.
L’ipocrisia riguarda più una questione di immagine sociale, ma è meno subdola e fastidiosa della disonestà intellettuale, anche perché facilmente smascherabile.
Plastico, in amore però il discorso si complica…
Plastico, mi hanno cancellato la risposta sulla esegesi che hai fatto su Rossye, ma puoi immaginarne il contenuto.
L’ipocrisia è una “finzione” tout court, sia che che si tratti dello strumentale ragionamento fraudolento che dell’immagine sociale che si vuol dare di sè. Si tratta in entrambe i casi di “disonestà”. È vero che può essere inconsapevole tanto è “normale” in certi ambienti, ne abbiamo frequenti esempi. Il poemetto di Mandeville spiega il perché.
Onesta intellettuale – Non fare agli altri cio’ che non vuoi sia fatto a te e fai agli altri cio’ che vuoi sia fatto a te. Come dice mia moglie sostituisci “a te” con ” a tuo figlio” e’ sara’ ancora piu’ chiaro. Al di fuori di cio’ si e’ disonesti intellettuali? P.s. Cerco di fare cosi’ tutti i giorni pur sapendo che non ci riesco fino in fondo e consapevole del fatto che per un paio di cose probabilmente non riuscirei ad applicare “la regola”.