Certo, uno che fa lo stesso lavoro può essere un partner migliore, capisce le tue esigenze, e puoi sempre puntare sul lavoro come elemento di unione di scambio, di convenienza.
Puoi derogare anche a tutti quei presupposti morali, ai quei dogmi, a quelle etichette di un rapporto vero sano.
Perché tu non vuoi un rapporto sano.
E se c’è qualcosa di sano devi farlo marcire. Complimenti. Ce l’ hai fatta.
E a proposito di ricorrenze, ci siamo quasi. Ricorrenza mancata, ovviamente.
Giustamente ti ho insegnato io a non pretendere niente. Perché ci siamo conosciuti 18enni, vero? Ti ho detto io di rinunciare a un lavoro “tuo’, a una laurea, ad essere indipendente mentalmente, a non buttarti in relazioni in cui non si capisce il senso. Eppure forse qualche attimo di lucidità te l ho regalato, io cosi taccagno, quando addirittura dicevi che il nostro era il primo rapporto vero che vivevi.
Complimenti vivissimi, tu e chi ti sta intorno l avete smontato, calpestato, sporcato, mercificato, e infine distrutto.
Ora dovrei sentirmi in colpa per la tua salute? No. Io mi sento solo preoccupato e impotente per il male che ancora ti farai e che ancora ti farà chi ti sta vicino.
Per quanto mi riguarda ho vissuto diverse perdite e perdite diverse e mi sto abituando sempre più a vivere nella mancanza di abbondanza. Ma guardo la gente negli occhi senza vergogna e senza falsi pudori. Tu sei capace di farlo?
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Categorie: - Me stesso
Sai, la vita è fatta di fasi. A 18 anni in maniera imperativa (considerata la confidenza)ti potrei dire: -lascia questo lavoro perché non mi sento pronta a restare da sola a casa la notte!- Beh, penso che potrei farlo. Non sarebbe una cosa del tutto irragionevole. A 28 anni al massimo ti domanderei che lavoro fai e quindi ti congederei (sbagliando… ma purtroppo questa è la mia natura); quando prendo atto che non mi posso più rivolgere a te in tono imperativo, considerando che sono una persona modesta, comincio a dubitare del fato che tra di noi ci potrà mai essere l’intimità che cerco in un rapporto. Quando prendo atto che te ne fai una ragione mi convinco del fatto di aver evitato un fosso. Perché, guarda, io potrei anche trovare nel nostro rapporto quella sicurezza che da sola basterebbe a darmi la forza per dormire sola la notte, ma la mancanza di un’intimità ti porterebbe ad allontanarti. E faresti bene. Avresti la mia stima, perché ti puoi consegnare ad una donna che ti stira la camicia e ti fa trovare il pranzo pronto, ma difficilmente riusciresti a concepire i doveri coniugali come un luogo di alienazione mentale. All’esterno troveresti almeno il piacere mentale. Io sarei inibita sessualmente nella vita in generale e il nostro rapporto non sarebbe casto. Per me accogliere significa anche prendere e imparare a gestire il possesso in maniera casta. La parte naturale non si può abolire. Parli del lavoro. Certamente lo stesso lavoro può aiutare. Ma non è sempre detto.
Dipende dal posto che occupiamo. In molti casi per rispettare l’ordine (e conservare le regole che troviamo) bisogna collocarsi all’esterno della vita di quel gruppo sociale, ritirandosi in solitudine. Oggi anche il rapporto tra genitori e figli è cambiato. Ti trovi davanti a due individui che hanno tra di loro una complicità che potrebbe metterti all’angolo. Non c’è uguaglianza. Allora, un conto è prenderne atto e gestire la cosa con intelligenza (guardando il lato positivo del progresso) e un conto è vivere sulla propria pelle il dramma dell’umanesimo ateo, magari contestando il matrimonio come prima si contestavano i padri.
PS Ovviamente la cosa dovrebbe essere reciproca. Con l’unica differenza che l’uomo quando fa prevalere il buon senso si eleva e diventa capace di amare. La donna al contrario sperimenta una sorta di mortificazione che comunque non le toglie la speranza.