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Come l’Islam radicale recluta e converte i giovani europei

di francoazzurro

Caro direttore,

Mi pare utile proporre all’opinione pubblica la strategia di reclutamento e di conversione all’Islam fondamentalista che sta avvenendo da qualche tempo in Europa, e credo tra non molto in Italia. Dovremo partire dallo studio del fenomeno francese che è estremamente dettagliato. Fra i tanti, prendo le mosse da uno dei più acuti osservatori di quella società, Piotr Smolar, molto seguito dall’opinione pubblica francese ed abbastanza ascoltato nell’ambito della politica, che in un recentissimo articolo apparso su “Le Monde”, descrive minuziosamente il fascino che l’Islam esercita su una parte dei giovani francesi. Innanzitutto Piotr ci dimostra come il modello sociale francese, circa l’accoglienza e l’integrazione, “fa acqua da tutte le parti”, smascherando l’assenza di un progetto di largo respiro, centrato unicamente sulla concessione del diritto di voto agli immigrati.

Paradossalmente le conversioni dopo l’11 settembre 2001, sostiene il sociologo, sono aumentate grazie ad un risveglio del proselitismo attinto fra le masse delinquenziali. I legami con elementi del radicalismo islamico, secondo un recente dettagliato rapporto della Polizia di Stato, sono cresciuti vertiginosamente attestandosi nelle periferie cittadine: le famose banlieues che tutti conosciamo. Il reclutamento maggiore e quindi la “conversione-alla-nuova-fede-ortodossa-islamica” avviene in carcere, dove questi piccoli delinquenti si associano ai più scaltri, magari più istruiti, per ottenere dei privilegi, come ad esempio “l’allestimento di una sala di preghiera, la preferenza di pasti halal o di altre facilitazioni che per delibera centrale, vengono concessi solo ai musulmani”. (in Italia esiste una indagine così accurata?!)Una volta in libertà, una parte di questi convertiti vengono integrati nelle strutture di sostegno logistico dei gruppi islamici o magari avviati “in posti altamente sensibili come aeroporti, centralini telefonici e quant’altro”. Oppure attraverso la ricerca di un lavoro tramite gli internet-point: un mezzo che in Francia è molto diffuso. Difatti molti di essi trovano lavoro in punti vendita “halal”, il cui commercio “permette spesso di ripulire il denaro sporco, come la mafia utilizza le catene di pizzerie”. Gran parte delle “prede” francesi che si “inchinano”davanti alle blandizie che ricevono da questi “benefattori”, riferisce l’inchiesta, provengono dai suburbi dove il più delle volte vivono a contatto con le comunità delle ex colonie di magrebini, che, col pretesto dell’offerta di un facile guadagno o di un posto di lavoro, abboccano. E’ la zona mediterranea dove è più spiccata la tecnica della dissimulazione, ossia delle persone senza scrupoli che, avendo vissuto una vita di espedienti, sanno camuffare bene le loro intenzioni presentandosi come persone per bene in grado di venirti incontro.

Questo atteggiamento è tipico del movimento “salafita” che per un emigrante di seconda o di terza generazione, non viene percepito come francese dai francesi ma nemmeno come arabo dagli arabi: la sua identità rimane incerta, indefinita. Il Salafismo, di ispirazione fondamentalmente atea che predica l’internazionalismo integralista (da cui prende le mosse l’attuale wahabismo, vicino ai “Fratelli Musulmani”), invece offre loro un’identità decontestualizzata nel tempo e nello spazio. Un salafista, sostiene il prof. D’atri , vive in una specie di patria ideale senza confini, “non ha tradizioni nè patria nè tempo”. E’ quindi un’ identità particolarmente adatta per chi non riesce più a riconoscersi in nessuna patria e in nessuna tradizione. Insomma un coacervo di devianza che sfocia in rivolte contro l’ordine costituito. Così nella precarietà sociale delle immigrazioni successive l’Islam fondamentalista riesce ad attinge il suo alimento per rafforzarsi e per destabilizzare le istituzioni. E’ questo a cui allude il presidente della Consulta islamica presso il Viminale, Nur Dachan per accelerare l’avvento della sharia i Italia in sintonia con il seminario promosso a Napoli dal titolo “Dare voce ai democratici musulmani per garantire democrazia e pace nel Mediterraneo” il prossimo mese a Napoli? Udite a tal proposito cosa ha detto pochi giorni fa in un’audizione parlamentare questo “religioso:”…a tutt’oggi, abbiamo espresso un volume impressionante di attività culturali, di mediazione istituzionale e di solidarietà nei confronti dei più deboli tra i nostri confratelli e consorelle. Chiediamo la libertà come prima strada per l’intesa, poiché siamo cittadini come gli altri ed amiamo profondamente la nostra nazione (l’Italia), che siamo orgogliosi di rappresentare nel mondo…”

Al di là d’ogni polemica, credo che ‘Islam d’oggi, non avendo elaborato modelli culturali alternativi, deve necessariamente appropriarsi dei modelli occidentali ormai globalmente prevalenti. Nonostante alcuni tentativi modernizzanti che stanno avvenendo in alcuni Paesi, specie in quelli della fascia magrebina (come il divieto della poligamia, del “velo”, la liberalizzazione della donna nel sociale, ecc.), l’Occidente attrae. Affascina perché è qui che si può ottenere il pieno godimento dei diritti umani. Tuttavia, questa attrazione che porta allo sradicamento delle proprie origini, se non ben metabolizzata e ragionata, porta al rigetto e quindi all’abbraccio con filosofie di vita nichiliste, che patrocinano gente alla Dachan, con le conseguenze che ben conosciamo.

La rappresentazione del fenomeno sociologico studiato in Francia testimonia la sconfitta morale di una certa sinistra presente negli organismi che contano, proni alle mistificazioni di questi novelli farisei che stanno gestendo la complessa problematica dell’immigrazione europea. La comunità internazionale, se vuole resistere a queste farneticanti ideologie, dovrebbe a mio avviso, puntare ad una strategia che coinvolga a pieno titolo i musulmani modernisti con un adeguato programma: che invece pare stia riuscendo agli estremisti islamici. La strategia vincente, in prima battuta, poterebbe consistere in un controllo maggiore sul territorio, più che di natura miliare, di natura politica. Quella militare, chiarisce Magdi Allam, è una concezione desueta della sicurezza, perchè, nell’era del terrorismo islamico globalizzato, la vera arma non sono le bombe ma “il lavaggio del cervello che traforma le persone in robot della morte”.

Francesco Pugliarello

Lettera pubblicata il 23 Gennaio 2007. L'autore ha condiviso 15 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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