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Lettera pubblicata il 14 Gennaio 2015. L'autore, LAD, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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@Massimo.
Veramente dei paletti sulle patenti sono già stati messi, la patente è difficile prenderla ma allo stesso tempo è facilissimo perderla.
Informati bene, pensa che nel 2015 le assicurazioni hanno l’obbligo di regresso, questo vuole dire che chi ha causato un incidente per colpa grave, sonno, abuso di alcol e di sostanze stupefacenti, deve dare in dietro all’assicurazione quello che l’assicurazione ha speso per il proprio incidente. Contento? Basta questo per capire che non si scherza quando si vuole prendere la patente.
Ritornare ai tempi dei cavalli e le carrozze, ma che film hai visto? La montagna che partorisce un topolino, prossimamente al cinema, con il green pass xò.
Trader,
concordo sul post 12599 e sull’affermazione di Suzanne: ”Mi ha fatto molto riflettere su quanto non ci serva a nulla un’intelligenza smisurata, senza al contempo avere la stessa maturità emotiva e una reale, genuina, apertura verso gli affetti.”
l’intelligenza si caratterizza per l’uso a cui la si applica. il suo inevitabile substrato consiste sia nell’indole che nel più o meno capace dominio degli istinti. inclusa l’aggressività verbale, spesso ingiustificata e sempre più frequente specialmente sui social.
suggerisco Freud: “Il disagio della civiltà”, che riporta l’uomo alla sua origine animale, che potrà ulteriormente modificarsi ma mai estinguersi del tutto nei suoi aspetti fondanti (conservazione di sé e conservazione della specie). detto alla Schiller: “fame e amore”, come ingranaggio del nostro mondo.
Mah, “comprendere e gestire le altrui emozioni” lo trovo un azzardo. Proprio perché gli altri possono fingere, ma nella maggior parte dei casi soprattutto con se stessi, risulta praticamente impossibile comprendere e gestire qualcosa che sfugge agli stessi diretti interessati. Comunque, la mia riflessione era più legata al fatto che in un certo senso più si sviluppa consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda, più ci si porranno enormi dubbi e patemi esistenziali. Se questa puó essere definita “malattia mentale”, allora basterebbe ridurre il nostro pensiero al contesto pratico e logico-matematico, riducendoci a calcolatori in carne e ossa. Da qui il paradosso di questo stupendo libro : il protagonista giarisce dalla sua malattia mentale per ammalarsi di una malattia dell’anima causata dalla troppa consapevolezza di sé e del mondo. Quale soluzione allora?
Suzy, la nostra vita è caratterizzata dal continuo sforzo di “stare bene”, trovare cioè un equilibrio tra noi e il mondo. È quasi inevitabile, quindi, che parametriamo le nostre azioni in quella direzione sulla base di istanze e dotazioni -in parte innate e in parte acquisite- che acquisiamo vivendo. Tra queste vi sono le cognizioni teoriche apprese dalla cultura personale oltre a quelle che ci vengono dalle interazioni interpersonali, ed è la somma di questi e altri fattori che ci fa quelli che siamo. Se osservassimo la biografia di noti filosofi noteremo che la maggioranza di questi tendono ad apparire piuttosto misantropi, o comunque tendenti ad un pessimismo spesso cinico riguardo la “media” della natura umana, e questo non può che essere frutto delle loro riflessioni su quest’ultima. Tu stessa hai citato più volte la Arendt e la sua “banalità” del male, io mi ritrovo moltissimo in Shopenauer, Leonardo si lamentava della stupidità dei suoi simili, che io nel mio piccolo constato quotidianamente. Anche oggi》
》stesso, quando, dopo aver trovato un posto tranquillo in spiaggia, malgrado lo spazio ancora a disposizione è arrivato un gruppo di adulti che ha piazzato gli ombrelloni a 2 metri dai nostri. Insomma, con altri 30 metri liberi, per avere la loro e rispettare l’altrui privacy, hanno preferito venire a “rompere” la nostra e a “farci sapere” gli affari loro grazie alle chiacchiere che si scambiavano senza tregua. Erano insegnanti, pensa, non tamarri con tanto di radiona che spara 110 decibel di rap. Ora, ammettiamo di applicare a questo comportamento (indicativo ovviamente di un più ampio ventaglio di comportamenti analoghi) l’intelligenza emotiva che tu sembri vedere in termini ottimistici, quali conclusioni trarresti? Io, “empaticamente”, volevo spostarmi, Sally ha desistito, ma intanto la MIA “consapevolezza” si incrementava, e con essa la SOFFERENZA di vivere certe realtà di palese stupidità umana.
《“Sei un uomo amaro”, disse Candido.
“Questo perché ho vissuto”, disse Martin》
La soluzione Suzy? Il cinismo. (Dialogo tratto dal “Candido” di Voltaire)
MASSIMO, speriamo che il filmato che hai linkato serva a far riflettere sulla necessità di moderare la velocità alla guida.
Qualche giorno fa ho usato un’auto elettrica. Si tratta di quei veicoli che usano sui campi da golf. Oltre a non inquinare, è molto silenziosa.
GOLEM, certo, l’intelligenza riconosce la falsità, ma quale intelligenza? Quella emotiva o quella logica?
Rossana, secondo me agire troppo istintivamente non è segno di maturità. Essere aggressivi non credo sia segno di stupidità, o solo di un carattere aggressivo. In altre parole, si può essere intelligenti e aggressivi allo stesso tempo.
SUZANNE, forse la soluzione è nel mezzo.
Leggendo la trama del libro che citi, mi è venuto in mente che anni fa un conoscente, che ora fa lo scrittore, disse scherzando che sarebbe bello essere stupidi, perché si vivrebbe sempre felici tutta la vita.
L’intelligenza e basta Trad. Non credo che vi siano compartimenti stagni nella nostra mente. Quella emotiva è un lato del tutto che emerge in determinate condizioni, ma che è più condizionabile però, risentendo di fattori istintuali non controllabili dalla logica. Non è che si decide di usare quella emotiva o quella razionale come fossero strumenti diversi, sono le condizioni del momento che ne fanno prevalere l’una o l’altra. Naturalmente esistono predisposizioni soggettive, io, per dire, credo di avere una frequenza d’uso tra razionale e emotiva di 80% e 20%, e mi trovo bene così. La “finzione” in linea di massima prima la si “sente” con quella emotiva, poi la si “dimostra” con quella razionale. Almeno, a me succede così.
GOLEM, giustamente dici che i filosofi hanno un pessimismo spesso cinico riguardo la “media” della natura umana. Leonardo si lamentava della stupidità dei suoi simili, che tu noti quotidianamente. Anch’io ho notato che ci sono tante persone messe male. La media della natura umana è bassa, non l’ho detto solo io, bensì i filosofi. E non siamo i soli ad esserci accorti che la stupidità è molto diffusa. È nota la famosa frase, attribuita ad Einstein (forse non l’ha detta lui, ma non ha importanza): due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima.
La stupidità umana è una conseguenza del libero arbitrio, che è una conseguenza della volontà consapevole, caratteristica questa SOLO umana. Ma una scelta, di qualunque genere essa sia, sottintende un’analisi della situazione che richiede appunto l’uso dell’intelligenza e della capacità di valutazione dei fatti, oltre che delle proprie capacità e dotazioni. Questo ultimo aspetto però è spesso condizionato da presunzioni o semplicemente da supposizioni che inficiano la decisione, e a quel punto il risultato sarà solo l’errore, la “stupidaggine” insomma. Ma questa esperienza dà il vantaggio di poter imparare dall’errore, e quindi arricchire il bagaglio di conoscenze che l’intelligenza (inter legare, legare tra loro) se c’è, saprà far fruttare. Il punto è che l’intelligenza media è scarsa, il mondo è sempre più complesso e se ci aggiungi la scarsa cultura circolante, capisci perchè Einstein è arrivato a quelle conclusioni, che io ho sintetizzato nella figura del “tubo digerente”. Chi cioè “decide” con la pancia non avendo “testa”.
La cosa che fa ridere, è che tutti ci sentiamo parte di quel 10% di non stupidi. Sarebbe interessante capire allora chi appartiene al restante, irrisorio, 90%…
Il mio discorso, ancora una volta, non era sulla stupidità umana in senso assoluto (che poi bisognerebbe mettersi d’accordo anche sul significato di questo termine), ma era una riflessione più legata ad una consapevolezza che conduce molto spesso a pensieri negativi e disincantati sul mondo e sulla stessa natura umana, compresa ahimé la propria. Il protagonista del libro sviluppa talmente tanto la propria intelligenza da sentirsi costantemente inappagato e inadeguato rispetto alla vastità del sapere e della comprensione umana. C’è chi invece, come Odifreddi, si sente un Dio onnisciente che tutto può comprendere sempre attraverso quattro concetti logico-matematici. Questione di approcci.
Comunque, il libro è una chicca di una poesia e una raffinatezza intellettiva uniche, privo di luoghi comuni e pateticume commiserativo.