Caro Direttore,
siamo noi, il popolo del rumore, il popolo di quelli “senza più santi ne eroi”, siamo quelli liberi, quelli che s’incontrano per divertirsi, per salutarsi, per condividere nuove emozioni.
Siamo quelli dall’animo fragile, gli amici di sempre, che pur sconosciuti ci conosciamo tutti, perché siamo noi, uguali e maturi, forti e gentili, quelli che da tribù della musica e del rock, si muovono e come tribù difendono il proprio onore, perché portiamo rispetto per ricevere rispetto.
Siamo quelli che chiedono permesso, sperando che in educazione ci venga ricambiato il favore.
Siamo quelli che insieme facciamo le “ole” e ripudiamo il termine violenza; siamo quelli che fanno tremare gli stadi dalla gioia e con un battito di cuore comune amano la musica, e non ci riuniamo premeditatamente per spaccare le teste, ribaltare macchine od offendere o peggio ammazzare chi vuole l’ordine civile.
Siamo i disordinati dell’ordine, quelli che allo stadio portano canzoni ed amore, i ghettizzati dal quartiere di una “silenziosa città”, non spranghe od offese, siamo quelli allontanati e scrutati, odiati e ghettizzati, siamo uniti per la gioia e la musica, siamo quelli che, e ci scuserete, a San Siro porteremo la voce, per raggiungere all’unisono i 120 decibel di cori e canzoni… ma come faranno ad abbassarci la voce?
Rispettoso e fiero, Marco Musso.