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Lettera pubblicata il 22 Gennaio 2017. L'autore ha condiviso 16 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Suzanne.
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Acqua,
credo si possa trattare d’impostazione soggettiva di fondo, acquisita non so come né quando. nel mio caso, ad esempio, sono lentissima nella riflessione mentale, nell’adeguamento pratico e nel superare un certo tipo di dolore, mentre non ho mai minimamente risentito l’evolversi dei cambiamenti, sia interiori che esteriori, sia imposti che desiderati.
ho sempre avuto la sensazione che tutto avveniva perché così doveva essere nel mio percorso esistenziale. era come se non avesse alcun senso cercare di resistervi o di opporvisi. un fluire a volte anche molto doloroso ma sempre necessario…
Acqua, hai delineato perfettamente una sensazione che ho fin dall’adolescenza; non mi sono mai sentita al passo con la realtà che mi circondava e, spesso, non volevo esserlo. Così come ogni tanto ho la netta impressione di essere nell’epoca sbagliata, non mi ci ritrovo per nulla, anche se utilizzo e apprezzo le comodità e gli immensi vantaggi di cui possiamo godere. Però vorrei un tempo più blando, cadenzato dal ritmo delle stagioni e dal nostro orologio bio-psichico. E poi, adoro il silenzio, inteso come spazio “riempito” dal pensiero, che sta lentamente e inesorabilmente svanendo.
Acqua, la metafora del treno è eccellente, almeno nel mio caso. Riflette perfettamente lo stato d’ animo e le sensazioni che spesso accompagnano i miei pensieri e le mie azioni. Anch’ io sono stata a lungo “fuori dal tempo” rispetto alla mia epoca, ma più che altro perchè in essa non coglievo elementi e spunti particolarmente interessanti, almeno per me. Poi ho fatto alcune “scoperte”, diciamo così, e mi sono resa conto che – volendo – anche il tempo e lo spazio in cui vivo avrebbero molto da offrire, se si è in grado di guardare OLTRE.
Sai che c’è? Noi siamo ancora “resettati” secondo un modus vivendi e “pensandi” che si richiama ai decenni passati, e che oggi non vale più, almeno per la maggior parte dei suoi dettami. Adattarsi agli attuali mutamenti, in tutti i campi, secondo me non significa necessariamente andare incontro a un peggioramento in termini generali. Tutto dipende dalla prospettiva con la quale si guardano le cose. Per molti ad esempio è un male perdere un lavoro fisso e “sicuro”, ma se valutiamo questa cosa da un altro punto di vista, quello potrebbe essere il punto di partenza per iniziare qualcosa di più stimolante, creativo e gratificante rispetto a ciò che abbiamo sempre svolto. Ovviamente non è sempre così, e non per tutti. Ma spesso lo è..
Se critico l’ immigrazione incontrollata di massa, è perchè questa non è quasi mai accompagnata da un’ adeguato adattamento – in termini strutturali – da parte delle comunità ospitanti, e perchè ritengo che bisognerebbe attuare sopratutto politiche che consentano ai popoli del mondo di star bene e di vivere serenamente e prosperosamente NEI LORO territori di appartenenza. Concetto utopistico o banale, forse. Ma la vedo così.
Rossana, a mio parere non tutto cio’ che avviene e’ parte di un percorso esistenziale predefinito ed inesorabile. Ci sono dei momenti in cui si dovrebbe prendere la palla al balzo e cogliere l’attimo , insomma fare un salto sul treno che sta passando. Non tutti ci riescono e non tutti riconoscono il momento giusto. E’ piu’ facile sedersi ad aspettare… ma chissa’ quando passera’ il prossimo.
Maria Grazia, hai ragione, si tratta piu’ di un cambio di prospettiva che di una varizione effettiva dello stile di vita. Comunque forse siamo collegati mentalmente ad un’epoca passata che apparentemente sembra migliore per molti aspetti. In particolare quello che disturba del presente e’ questa frenesia, questo ritmo imposto dall’esterno che non ci lascia tempo per pensare e per vivere.
(Suzy non rispondo al tuo post perche’ potrei averlo scritto io ).
Mary G, relativamente all’immigrazione il tuo concetto di base e’ corretto: peccato che sulle modalita’ concrete con cui portarlo avanti, nessuno abbia trovato una soluzione efficace. Gli interessi economici e politici purtroppo governano ogni tipo di azione che quindi risulta apparentemente collettiva, ma in realta’ e’ il riflesso di interessi individuali o collegati a ristrette lobby di potere. Ogni essere umano ha comunque il diritto di vivere un’ esistenza dignitosa e non si puo ‘ negare a chi e’ partito sfavorito di raggiungere comunque il traguardo e crearsi un suo spazio, anche se questo va ad interferire con il nostro.
Pensare alla metafora del treno mi fa
venire in mente una cosa: Il treno non aspetta!
Sei tu che devi essere lì in tempo
altrimenti quello è perso e devi aspettare
il successivo.
Nella vita invece perso un treno,
potrebbe non ripassare mai più.
Ogni persona è diversa, unica e se la perdi
puoi trovarne un’altra certo, ma non la stessa!
E così anche l’occasione che ti passa vicino, devi allungare la mano, ma se esiti,
la tua occasione la prenderà qualcun altro.
Acqua, nessuno ha trovato una maniera efficace per gestire l’ immigrazione perchè NON LA SI VUOLE TROVARE, perchè dietro ci sono troppi interessi – sopratutto economici – in ballo. Tu hai centrato il punto: lobby e politica, è tutta lì la questione. Lo ha ammesso anche Massimo Carminati: il traffico di immigrati frutta più dello spaccio di droga. Insomma… più chiaro di così! Non si tratta di essere “razzisti” ma di essere OBIETTIVI. Certo che ogni essere umano di questo mondo avrebbe diritto a un’ esistenza dignitosa e ad ambire alla realizzazione dei suoi sogni. Ma questo non può andare a discapito di chi ha già raggiunto una certa stabilità dopo decenni e decenni di lotte per far emergere i propri diritti. E’ come se io domani andassi da uno che guida il Ferrari e gli dicessi: “Senti, tu hai una bella macchina io invece guido una caffettiera. Non è giusto! Dammi la tua macchina oppure vendila e facciamo a metà così siamo pari!”. Non è un discorso sensato, lo capisci? Quello magari ha la Ferrari perchè nella sua vita ha lavorato sodo, si è dato da fare, si è impegnato per creare qualcosa di imponente o perchè ha delle capacità e dei meriti che io non ho. Per cui o imparo da lui e agisco di conseguenza o devo rassegnarmi a guidare una caffettiera.. Capisci? Non dimentichiamo che certi popoli del mondo non progrediscono a livello economico e civile anche perchè hanno dei limiti proprio intrinsechi al loro essere, alla loro cultura e mentalità, e oggettivamente noi non possiamo molto per loro, se loro stessi “non si muovono” in quel senso. Nel migliore dei casi, questi soggetti verranno destinati a nutrire un sistema economico che si basa sullo sfruttamento della manodopera ( anche infantile ) a bassissimo costo, se non gratis..
.. il mettere un individuo nell’ incapacità – sopratutto psicologica – di ribellarsi alle sopraffazioni, è equiparabile allo sterminio che un tempo si metteva in atto nei campi di concentramento. Le due modalità differiscono solo nei tempi e nei metodi, ma il fine è il medesimo: sfruttare il soggetto socialmente più debole di tutta la catena per poi alla fine liberarsene quando non serve più. Senza contare che la maggior parte degli immigrati che vengono da noi saranno destinati anche in terra nostrana a vivere un’ esistenza tutt’ altro che dignitosa, con l’ aggravante che saranno anche lontani dalla loro patria, dalle loro tradizioni e dai loro affetti.
Tutto questo vi sembra umano e “accogliente”? a me no.
io comunque preferisco la Lamborghini.
Maria Grazia, che ci piaccia o no, nell’era della globalizzazione, dei liberi mercati, dello sfruttamento di tutte le risorse possibili ( soprattutto quelle umane a basso costo) non esiste più “casa nostra” e “casa vostra”. Possiamo erigere chilometri di muri, barricarci nella nostra tanto “superiore” Patria ( che ridere), ma gli invasori arriveranno sempre. Per fortuna, perché siamo stati, e torneremo ad essere, ospiti sgraditi anche noi.
In un mondo senza confini, ogni essere umano ha pari dignità, che sia indigeno o migrante. Non è buonismo, ma semplice lettura della contemporaneità.
Acqua,
è vero: anche per me c’è stato un momento, del tutto inatteso, in cui ho colto una palla al balzo. ma… non ho esitato quasi per niente: anche allora mi è parso impensabile che non volessi afferrarla.
non ne faccio una questione di inesorabile predestinazione. PER ME, si tratta di necessità interiori, che, se abbastanza forti, cercano e trovano la via con cui concretizzarsi, spingendoci in aspetti e situazioni da esplorare nell’ottica di aiutarci a migliorare o a completare crescite interiori, professionali o emotive.
Suzanne, tu continui a porre la questione in termini “etici” e idealistici, io invece ne colgo gli aspetti concreti, con tutti gli inevitabili limiti. E’ palese che CHIUNQUE a questo mondo avrebbe il sacrosanto diritto che gli venga riconosciuta la sua dignità di essere umano in tutti i campi, e ci mancherebbe altro. Nessuno contesta questo. Io facevo un discorso diverso: e cioè che la globalizzazione, così come anche l’ immigrazione di massa, si sarebbero dovute gestire diversamente perchè tutti potessero trarne profitto, stranieri compresi. O quantomeno per far sì che ne limitassero i “danni”. Se ci fermiamo sempre ai luoghi comuni e al politically correct non si va da nessuna parte.