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Lettera pubblicata il 22 Gennaio 2017. L'autore ha condiviso 16 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Suzanne.
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Il fatto è che la nostalgia del “non vissuto” finisce poi per non far vivere il vivibile che offre il futuro. È così si finisce per vivere solo di “non vissuto”.
Il navigante che teme i rischi della traversata non lascerà mai il porto.
Ciao Acqua, io quando parlo di scelte “obbligate”, mi riferisco non necessariamente a cambiamenti forzati, ma anche solo a mutamenti che non sono strettamente obbligatori ma che sarebbe meglio affrontare per uscire da una situazione di stallo ( sia essa sentimentale, lavorativa, materiale, ecc.. ), e da quello che vedo intorno a me, le persone ( di qualunque età o estrazione sociale ) fanno una fatica incredibile ( sopratutto a livello psicologico ) ad affrontare anche il più piccolo cambiamento. E anche se la situazione contingente lo imporrebbe per “sopravvivere” al meglio secondo le teorie “darwiniane”. E’ difficile stabilire con matematica certezza fino a che punto un dato cambiamento sia pienamente e autonomamente cercato piuttosto che dettato dalle circostanze. E’ giocoforza che i fattori esterni intorno a noi concorrano anche solo in minima parte nelle nostre decisioni, è inevitabile. Anche perchè sconvolgere e modificare una situazione nella quale ci sentiamo completamente a nostro agio e a tutti i livelli, non avrebbe molto senso.
Credo che ci sia radicata profondamente nelle persone comuni ( che sono anche quelle spiritualmente meno evolute ) proprio una paura dell’ ignoto per cui si rimane assurdamente aggrappati ai propri schemi abituali e alle proprie blande certezze persino davanti al fatto che queste non possono più esistere, o non nella misura in cui esistevano prima. E non c’è nessun tentativo denigratorio in queste mie osservazioni, ma solo la constatazione di un dato di fatto.
Uno dei grandi scogli che l’ umanità deve superare, oltre all’ incapacità di ASCOLTARE, alle inclinazioni moralistiche e agli stereotipi, è anche questo: la paura del cambiamento. E lo vedo tutti i giorni in ogni ambito: da quello prettamente affettivo o familiare a quello economico/sociale..
..E, per rispondere anche a Vic, è normale che molti cambiamenti, sopratutto all’ inizio, comportino aspetti sgradevoli o quelle che lì per lì ci sembrano perdite. E’ nel naturale ordine delle cose. Quindi è consequenziale che potremo valutare la bontà di un cambiamento nel suo insieme solo posticipatamente, dopo un certo lasso di tempo.
Io ribadisco che tutte le volte che ho fatto dei cambiamenti e ho stravolto precedenti schemi stagnanti, ho fatto la cosa giusta, quand’ anche quel cambiamento non mi ha condotta ai risultati sperati/voluti. Perchè mi ha comunque permesso di uscire da situazioni limitanti, di fare nuove esperienze ( che sono SEMPRE utili ) e di apprendere nuove cognizioni. Sono d’ accordo con Golem quando dice che la vita stessa è un “continuo cambiamento”. Non potrebbe essere altrimenti, diversamente saremmo “morti”. E infatti chi si ferma “muore”. Lo vedo tutti i giorni.
Acqua, non è questione di opporsi ai cambiamenti ma, come dice Vic, sapersi adattare al meglio. É questo il problema; non sempre siamo così reattivi e versatili da reinventarci in un modo proficuo. Ciò che più mi dà noia è rimanere imprigionata in una “me” che non mi rappresenta più, oppure che non risulta più in armonia con il mondo.
Vero, questi cambiamenti
superano a volte una situazione stagnante
e ho notato nella mia esperienza personale
che a volte proprio fatti esterni ci danno
la spinta a farlo questo cambiamento.
Capiamo che sono proprio l’occasione che aspettavamo
per cambiare e uscire dall’impasse.
La paura del cambiamento è presente
in tutta la società oltre agli stereotipi
e al modo di pensare che ci viene imposto
dalla società e dai mass media sempre pronti a paventare disastri e a spargere paure
su minacce.
Se pensate alla Brexit ,al No a Renzi a Trump,
a sentir loro
avrebbe dovuto succedere un cataclisma , una
catastrofe a partire dall’economia e dalle borse.
Beh…queste hanno reagito diversamente sono sui massimi.
Ma d’altronde è da secoli che gli stati governano
diffondendo paura e facendo capire che solo loro potrebbero proteggerci, cosa fra l’altro falsa.
Peraltro poi è nel nostro vissuto intimo
questa avversione iniziale al cambiamento.
Perchè cambiamento non significa necessariamente
in meglio.
Come recita il “Rasoio di Okkam”, la verità a parità
di condizioni tende sempre ad essere la più semplice.
Vic, interessante riflessione. Il cambiamento fa paura anche e soprattutto alle masse, e questo istinto conservativo viene sfruttato abilmente dal Potere. Ne è un esempio la propaganda al terrore portata avanti da diverse trasmissioni sui flussi migratori.
Suzy.. terrorismo mediatico?? hahahahaha certo che voi sinistrini siete incredibili!:D Ma guarda che i danni portati dall’ attuale immigrazione selvaggia, SONO UN FATTO e sono sotto gli occhi di tutti, non si tratta di bieca propaganda fascista. Chi lo nega fa solo dell’ inutile buonismo e della demagogia. Qui poi si parlava di cambiamenti a livello individuale, non di grandi stravolgimenti epocali. In quest’ ultimo caso è tutt’ un altro paio di maniche e se i mutamenti non sono accompagnati da un’ abile gestione e da un’ adeguata struttura sociale, sono dolori! E lo vediamo tutti i giorni.
Marie, ho ripreso una riflessione calzante di Vic. Ma le hai mai viste quelle comiche trasmissioni su rete4? Tra l’altro sono spesso ospiti le tue mentori Mussolini e Santanché, esempi di genere femminile illuminato ( e mi vien voglia di spegnere la luce!).
Non ci si può opporre nemmeno ai grandi cambiamenti storici, oltre che a quelli delle singole esistenze.
La Santanchè e la Mussolini?? Diamine no! Mi fai così grossolana! 😀 Per carità. No guarda Suzy ti sbagli, mi rifaccio a ben altri modelli, tra i quali – senti senti – compare anche il Che Guevara ( anche se come metodologia mi è più congeniale quella di Julian Assange ). Mentirei però se ti dicessi che parteggio per Angela Merkel o Gad Lerner, o che sono contrariata dalle politiche di Trump in tema immigrazione.
Comunque non guardo quasi mai i canali mediaset, anzi nella casa in cui vivo da sola non ho nemmeno la televisione, figuriamoci!
I cambiamenti storici non si possono evitare, certo. Ma in una società meglio organizzata della nostra, avverrebbero con molte meno perdite e molti meno traumi per tutti.
Per tornare al tema del cambiamento e dell’adattamento, MaryG è vero che se non spinti da circostanze esterne fastidiose, si tende a radicarsi e a resistere, pur maturando la consapevolezza che con una svolta, la situazione potrebbe essere migliore … Suzy, comprendo la difficoltà di reinventarsi: credo ci sia un meccanismo di inerzia interiore, in alcune persone , che rende difficoltoso il conformarsi con il contesto esterno in costante mutazione. Spesso, nella mia vita, ho avuto la sensazione di essere “fuori luogo” o “fuori tempo” e di raggiungere gli stadi progressivi di adattamento interiore (o di crescita) in ritardo rispetto alla scansione temporale esterna che si rivela,non solo rapida, ma in continua accelerazione. È come rincorrere un treno che hai perso… alle fermate ci arrivi lo stesso con i tuoi mezzi, non sei mai “in carrozza” e quindi hai la tentazione di sostare un po’ più’ a lungo nel passato per riprendere fiato. Tra l’altro i cambiamenti sociali che stanno avvenendo non sembrano essere “in meglio”.