I cambiamenti spaventano un po’ tutti, questo è indubbio, ma come fare quando determinano una perdita di continuità nella propria identità?
Da piccola fantasticavo ad occhi aperti di poter vagare nello spazio con una sorta di casa-navicella in cui erano riunite tutte le persone a cui volevo bene. L’estrema rappresentazione dell’immobilità e del controllo totale sulla realtà che mi circondava. Ben presto mi accorsi di quanto effimera risultasse la pretesa di avere effettivo potere sulla mia esistenza. Sono passati parecchi anni e, sebbene in qualche modo ora sappia gestire il mio essere nel mondo, provo ancora quella profondissima sensazione di smarrimento di fronte ad ogni cambiamento, sia esso concernente la mia vita, che quella delle persone a me care.
Ricoeur parla della differenza tra identità-idem e identità-ipse, ovvero il passaggio dall’essere sempre uguali all’essere se stessi, riconoscendo le fratture nella continuità del nostro io, pur riuscendo a collegarle tra loro in un continuum narrativo.
Ogni cambiamento comporta necessariamente una perdita: non siamo mai gli stessi attimo dopo attimo,immersi in un fluire continuo di realtà che muta incessantemente. Ci sono però degli istanti in cui questa nozione razionale diviene percezione emotiva, lasciandoci smarriti e spaventati, alla ricerca di un nuovo equilibrio. É come se ci trovassimo alle prese con la costruzione di un puzzle, le cui parti vengono rimescolate continuamente, qualche pezzo si smarrisce e altri si aggiungono. La difficoltà sta nel reinventarsi ogni volta nuovi scenari, in cui ritrovare un’armonia con un mondo sempre diverso. É il passaggio dallo stato di crisalide a quello di farfalla: una piccola morte, per rinascere più forti e coraggiosi.
La mia domanda è: come riuscire ad imparare a volare ma al contempo portare dentro di sé ancora la nostra condizione di “larva”? Possiamo essere allo stesso tempo ciò che siamo stati fino a ieri ma anche qualcosa di diverso? Possiamo sottrarre al cambiamento i nostri “paradisi perduti”, costituiti da emozioni e ricordi di un mondo che in realtà non c’è più?
La paura di lasciarsi andare fa parte della donna. In alcune circostanze si supera in maniera naturale, ma ti posso dire che un tempo era consuetudine che i fidanzati, dopo essersi presentati in famiglia, portavano le fidanzate a fare una passeggiata. Anche i mariti avevano la stessa abitudine. Si trattava di un modo per stemperare o per esorcizzare questa paura. Quando vivi in profondità l’esperienza del lutto cominci ad essere naturalmente un po’ distaccata. A me è accaduto quando è morta mia nonna, ma mentirei se ti dicessi che la vita di coppia si presenta ai miei occhi come una passeggiata di salute. Avverto delle resistenze diverse che non ti saprei neanche spiegare. L’uomo tendenzialmente preferisce delegare e/o lamentarsi, quando non ha un temperamento irascibile. Poi ci sono casi (ma casi rarissimi) in cui prevale la paternità del capofamiglia, ma anche in quel caso non bisognerebbe arrivare a dare per sconta la vita di coppia perché la stabilità dipende dall’unione. Nella coppia non conta la liberalità, quando i caratteri si separano potrebbe cominciare una sorta di regressione che passa anche dalla rimozione della dottrina della conoscenza. Ognuno ragiona a modo suo e si va avanti perché c’è una base d’amore. L’amore non si capisce, questo è quello che molte persone non riescono a capire. Anche una persona che ti vuole bene potrebbe arrivare a voltarti la faccia perché la sua testa in quel momento gli dice così. Ma non ha problemi di natura psichica, non riesce a comunicare amore. Magari avrà commesso i suoi sbagli (come tutti)ma è difficile superare questo blocco se prima non si viene amati di un amore grande quanto quello che separa dal resto del mondo. Quanta angoscia mi danno queste situazioni, umanamente mi sembra impossibile trovare un rimedio perché più persone possono avere la stessa esigenza, ma non possono fare altro che dividersi sul passato. Non bisogna perdersi d’animo. Non si può capire sempre tutto. Buona serata 🙂
Ma infatti non siamo noi a cambiare ma cio che ci circonda,il casino è doversi riadattare ogni volta a cercare di riprendere il controllo della situazione.per il resto arriviamo pressoche intatti alla nostra meta malgrado ci si illuda di non essere piu gli stessi
Non “lasciamo” niente del passato nei passaggi della vita, siamo “fatti” di quello che è stato. Crescendo e maturando lo vediamo semplicemente nella luce più corretta. O almeno questo è quello che dovrebbe accadere, perchè non tutti gradiscono voler maturare. Ma la vita è “divenire” e non “staticità”, per questo ripropongo il famoso detto di Lao Tse. “Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla”.
Sì, dovrebbe essere così. Io invece mi sento morire ogni volta debbo affrontare un cambiamento ( anche quelli cercati consapevolmente), per poi ricostruirmi in un tentativo di continuità con ciò che ero prima. Insomma, una farfalla che rimane attaccata al ramo con timore perché si crede ancora bruco ( o in qualche modo vorrebbe esserlo).
Ma sei la solita Suzanne?
Comunque a parte le illuminazioni che puö averti dato Rossella la Sibilla, la tua è paura, è ovvio. Hai fifa di te vista nel futuro. Perchè? Starà a te capirlo. Io da un pezzo sono il contrario per esempio, ma per quanto possa apparirti strano, sono stato così anch’io nella prima gioventù. Sono cambiato dopo la morte di Carmen.
Basta col passato, bisogna vivere, è un dovere, e c’è solo il futuro che mi aspetta, ogni mattina, e se non lo prendo al volo lui non aspetta me. Diventa subito passato quello stronzo. Ho imparato che se la vita mi volta le spalle io le tocco il culo. Carmen non tornava se stavo a crogiolarmi per anni nel vittimismo di chi si sente offeso dalla vita. La vera vittima era lei, non io.
Pensa che sono più di 25 anni che non faccio una foto e ne facevo a migliaia, ne ero appassionato. Ho regalato tutta l’attrezzatura a mia figlia. Me le fanno le foto, ma io non voglio ricordi che inneschino struggenti nostalgie autolesioniste.
Sono strano? Forse, ma vivo bene. E da quando lo ha capito anche l’inglesa sta bene pure lei. Purtroppo domani devo fare le foto per rinnovare il passaporto. A maggio andiamo in Marocco a vederci qualche città imperiale e ci godiamo le mollezze dei riad beduini e degli annessi hammam. Chissenefrega. “Chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza. Ed è questa “incertezza” l’unica certezza con la quale possiamo fare i conti. Io li faccio con quei fattori, e mi tornano sempre.
La vita è divenire. Le donne divengono, e invecchiano. Certe vecchie non si rassegnano proprio alla loro sorte. “La rovina di casa Usher”.
Yog, non è un problema di invecchiamento, né tantomeno è legato al mio essere donna. É semplicemente un modo di abitare il mondo, in cui lo sguardo è sempre perso nella reinterpretazione del passato o nella nebulosa del futuro, mentre non si riesce mai a far presa sul fluire incessante degli attimi presenti. Anzi, l’idea di essere vecchia è rasserenante, perché equivarrebbe ad essere ormai spettatrice dei giochi, sperando di raccogliere i frutti delle precedenti scelte, mie e di altri. Invece mi ritrovo proprio nella fase di vita “decisionista”, quando per me ogni scelta rappresenta in primis tutte quelle possibilità che vengono scartate. Ad ogni cambiamento si perde un “ruolo”: essere figlia accudita, studentessa, fidanzata di x; non è un perdere anche ogni volta un po’se stessi?
Golem, è vero che la morte rappresenta l’estremo cambiamento, quello che la nostra mente limitata non riesce a concepire, ma se ci pensi ogni cambiamento è un po’ un morire. Un po’ tragica messa così, ma è per rendere l’idea. Sì, sono la solita Suzanne, ma vengo in pace, augh!
Ogni volta che cambi stanza e superi la simbolica soglia lasci delle cose e ne trovi altre. R’ nella natura delle cose.
Suzy, io la penso come il mio filosofo guida, quando scriveva le sue epistole a Meneceo: Epicuro. “La morte non mi riguarda, quando ci sono io non c’è lei, e quando ci sarà lei non ci sarò io”. Il divenire è insito solo nel concetto di vita, vita che prevede l’abbandono di diverse “crisalidi” del nostro Io nel suo fluire. Sono solo i “passaggi” che danno senso all’esistenza umana, non solo fisica. Sono quelli che scandiscono la vita nella sua mortale inevitabilità. Insomma, la vita ha senso proprio perchè è “finita” ed è costellata da tante piccole “morti” che allo stesso modo hanno dato senso a quelle piccole “vite” che alla fine lo avranno dato a quella con la V maiuscola. La nostra umanità si manifesta solo nel riconoscimento di questa realtà ineluttabile. La mente cerca scopi per “sè” che non esistono in assoluto, e pone quindi domande che non avranno mai risposta. È il motivo della nostra continua “ricerca”. La Natura le risposte le dà tutte. Ma la mente non è “più” Natura, infatti cerca costantemente le “sue” ragioni, il suo “scopo” nell’amore, la religione, la filosofia, le ossessioni, le illusioni. E non le trova mai, non può: ogni eventuale risposta pone altre domande, all’infinito. Ma paradossalmente anche quell’angoscia è un “fluire”, è vivere, ed è l’unico modo di vivere dell’animale diventato uomo e della sua eterna insoddisfazione che è la “carne” dell’intelligenza. È quella che ci fa scalare le montagne, volare sulla Luna, impazzire per conquistare un amore impossibile. Lo sappiamo da quasi tre millenni, col mito di Prometeo, che vuole rubare il segreto del fuoco agli dei pagandone il prezzo per l’eternità.
Se oggi io mi sento “appagato” è perchè ho accettato serenamente che tutto DEVE finire, è questo limite che dà “valore” alle cose, vita compresa. Che vita sarebbe se tutto fosse infinito. Una vita senza “valore” non credi?
Cià
Peraltro non è che la vita di una donna finisce perchè “invecchia”. Forse per alcuni uomini sarà sconvolgente scoprire quanto segue, ma vi informo che le donne anche superati i 40/50 anni continuano a fare sesso, ad avere un lavoro e degli interessi, ad avere una vita sociale/familiare. Insomma ad avere UNA VITA.
Poi non credo nemmeno che certi impulsi si attenuino con l’ avanzare degli anni. Mia madre ha più di 70 anni ma è perennemente scontenta perchè non può fare le cose che vorrebbe fare ( cioè vivere da ventenne, divertirsi, girare il mondo, frequentare posti alla moda ). Altro che accontentarsi di vivere di ricordi!..
Suzy, l’ augh finale è uno spettacolo 🙂