E’ una domanda semplice, banale, che ormai è nella testa di tutti gli sportivi. E’ difficile, se non impossibile, al giorno d’oggi negare che lo sport più bello del mondo è stato ridotto ad un colossale contenitore di denaro, dove chi la fa da padrone sono sempre i soliti “furbi” che lo usano a proprio piacimento. Prova ne è che in Italia sono sempre le solite squadre a vincere i campionati (Inter, Juve e Milan) con qualche sporadica assegnazione a squadre secondarie tanto per non dare troppo nell’occhio e per far sembrare che si vince sul campo e non sulla carta. Lo scandalo Calciopoli non è bastato per decidersi a ridisegnare le regole con piccoli accorgimenti che favoriscano la trasparenza in ogni circostanza di gioco. Perché la Pallacanestro, la Pallavolo, il Tennis e altre discipline hanno cambiato nel corso del tempo alcune delle loro fondamentali norme di gioco adeguandole alla naturale evoluzione di chi le pratica, mentre invece solo il Calcio è rimasto quasi immutato ed ancora oggi è vincolato ad una mentalità medievale? Mi riferisco non soltanto alla regola del fuorigioco, che andrebbe rivista nei suoi aspetti essenziali, ma anche e soprattutto al cronico rifiuto di supportare l’operato arbitrale con mezzi tecnologici o, semplicemente, con il contributo di altro personale preposto a giudicare le situazioni di gioco più delicate. Se non si vuole la moviola in campo, cosa si aspetta a mettere un paio di giudici dietro ad ogni porta per dirimere i dubbi sul gol-non gol? Perché un guardalinee che alza la bandierina per segnalare un evidente fuorigioco viene ignorato dall’arbitro, che convalida il gol? Insomma, perché UN SOLO ARBITRO può decidere le sorti di un incontro favorendo o penalizzando una squadra? Perché il lavoro dei giocatori, degli allenatori e dei presidenti delle squadre meno protette devono sempre soccombere di fronte alle macroscopiche ingiustizie? Il calcio, proprio per le sue implicazioni con vorticosi affari commerciali, deve assolutamente rivedere le proprie regole per recuperare credibilità. Non rassegniamoci.
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Categorie: - Attualità
mi sembra giusto, ma io proporrei di estendere questo discorso a tutti i milionari televisivi.
Mi spiego: rendiamo uno sport così seguito, come il calcio, un lavoro come tutti gli altri, pagato magari 1200 euro al mese ed estendiamo questa cifra a tutti i lavoratori che ci mandano in onda in tv. Presentatori, opinionisti, consulenti, psichiatri di grido e per ultimo, appunto, calciatori e grandi nomi dello sport.
Non solo, forse, potremmo contare su una maggiore meritocrazia (perché con quella cifra si può vivere, non certo arricchirsi, e così si stimola la vera passione), ma eviteremmo un divario che grida vendetta, fra il troppo buono fruitore e questi VIP.
Pensiamola così ed eliminamo quest’assurda cultura del vippismo, fondato su non si sa cosa… probabilmente dal numero degli zeri immeritatamente depositati sugli assegni.