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Lettera pubblicata il 13 Aprile 2023. L'autore, lory1208, ha condiviso solo questo testo sul nostro sito.
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Ovviamente, nei limiti del possibile penso sia auspicabile che ci si comporti in modo lineare, restando fedeli alle nostre idee e alle persone che a vario titolo si fidano di noi. Ma penso che quando questo non avviene, un osservatore esterno non debba trarre conclusioni affrettate e tranciare giudizi senza appello. Una donna che prima è stata con qualcuno, non va per questo accusata di dissolutezza e per questo catalogata come irrimediabilmente contaminata e perduta. E una coppia che divorzia non va automaticamente considerata come irresponsabile, incostante e egoista così come i due che ne facevano parte, se si ricostruiscono una vita non vanno giudicati come dei dissoluti adulterini, come fa la dottrina cattolica che li dichiara sol per questo dei peccatori mortali destinati all’inferno. I motivi per cui le cose succedono sono i più svariati e le persone ci soffrono loro per prime, pagando prezzi altissimi, come è capitato a mio padre, a me e, soprattutto, a mia madre. Medita, Itto.
Max, è ammirevole la tua storia, a tratti commovente. La sorte non ti è stata favorevole, ma il vivere esperienze molto pesanti ti ha però permesso di sviluppare una profondità e una sensibilità particolari, che non sono comuni a molti maschi. Questo perché la maggior parte di loro cresce nella bambagia, vengono viziati dalla famiglia e soprattutto dalla mamma, e tutto ciò li porta poi ad essere, da adulti, poco inclini a comprendere gli altri, in particolar modo chi ha avuto esistenze complicate. E non è un caso che molti figli di papà diventino poi giudici o avvocati, perché in virtù del loro background sono appunto portati a giudicare, a sentenziare. Si tratta di quel tipo di uomini che vogliono la donna illibata all’altare ( anche se magari loro di nascosto fanno le peggio porcherie, vanno nei night, ecc… ).
Cosa consigliare alle donne? È difficile, perché non c’è una ricetta universale che vada bene per tutte e ognuna dovrà trovarsi la SUA soluzione.
Quello che da parte mia posso dire è di non focalizzarsi sul fatto di dover avere una relazione “a tutti i costi”, perché la serenità e l’equilibrio dobbiamo trovarli dentro di noi e non cercarli in situazioni o persone esterne, la nostra felicità deve provenire dai nostri progetti ( se ne abbiamo ), dalle nostre passioni, dal nostro stesso essere vive ed esistenti. E non dal fatto di avere un uomo accanto.
L’amore è un bellissimo sentimento ma non deve mai trasformarsi in una dipendenza. Solo così si è libere dal condizionamento e dal giudizio altrui.
Maria Grazia, anzitutto ti ringrazio per gli apprezzamenti e la comprensione verso di me. Quanto alla necessità di saper trovare in sé stessi la forza per andare avanti, in linea generale la condivido, ma con qualche riserva. Non mi invento io il fatto che ciascuno di noi ha, più o meno, bisogno di qualcun altro per completarsi. Già Aristotele parlava dell’uomo come di un animale sociale e gli studi psicologici più recenti parlano di bisogno di riconoscimento e di appartenenza che, in grado maggiore o minore, è presente in tutti noi. Io in particolar modo riscontro che degli altri ho bisogno non solo per evidenti ragioni pratiche, ma anche perché essi costituiscono per me un elemento di confronto e di apertura verso il mondo che da solo, non riuscirei ad avere in modo completo. E anche i bisogni più profondi, di affetto, di calore fisico e sessuale, nonostante Amanda Lear che cantava: “Ho fatto l’amore con me, mi sono amata da me, per stare senza di te” ecc…
Ebbene, tali bisogni si soddisfano in modo costruttivo e arricchente se si espletano non da soli, ma fra due persone, in un dare e avere fatto di reciproco riconoscimento e di affetto. Certo, il bisogno di legame e di appartenenza non dovrebbe trasformarsi in dipendenza o in sudditanza ma si dovrebbe riuscire a salvaguardare quel delicatissimo equilibrio fra il creare un legame e, nel medesimo tempo, il conservare l’impalcatura fondamentale della propria personalità, facendosi arricchire dall’altro senza però farsi destrutturare o sottomettere. È un equilibrio assai difficile da raggiungere, ma quando ci si riesce dà risultati di grande soddisfazione e arricchimento per le parti coinvolte. Perdonami – e perdonatemi tutti – il tono forse un po’ trattatistico, ma nonostante l’esposizione ordinata e razionale, queste idee che ho espresso le sento profondamente e in esse credo con sincerità.
Max, ovviamente ho molto rispetto della tua persona e del tuo vissuto non semplice. Ora però farò un’osservazione che risulterà antipatica ma è per far capire il concetto, e cioè: c’è proprio bisogno di vivere esperienze tragiche o di avere limiti fisici molto invalidanti per riuscire a capire certe cose? Non mi riferisco a te nello specifico sia chiaro, probabilmente a certe conclusioni ci saresti arrivato lo stesso. Ma non posso negare che questa tua capacità di mettersi nei panni altrui la vedo sempre e solo in chi come te ha sofferto moltissimo. Ecco..mi piacerebbe che anche chi ha avuto una vita facile riuscisse a fare quel passo evolutivo che gli permetterebbe di guardare OLTRE la superficie e di non liquidare gli altri sempre e solo con il metro dei luoghi comuni. Ma forse è chiedere troppo..
Non credo che la capacità di comprendere le persone e di guardare le cose in prospettiva più ampia sia prerogativa solo di chi soffre. Anzi, vi sono casi in cui la sofferenza ha esacerbato gli animi e a reso le persone ancora più aggressive e intolleranti. Credo che la cosa davvero importante sia la cultura, intesa in senso ampio come maturazione personale e capacità di riflettere su ciò che capita a noi e/o agli altri, imparando a interpretarlo e a valutarlo al di là di come ci appaia in superficie, a un primo sguardo. Io ho sempre cercato di tenere sotto controllo il prorompere delle emozioni negative e di mantenere il controllo su me stesso e sulla mia percezione dell’ambiente che mi circondava. L’ho fatto leggendo, riflettendo, ascoltando buona musica e imponendomi di fare tutto questo anche nei momenti in cui la depressione poteva avere il sopravvento. E questo mi ha aiutato e ancora adesso mi aiuta a mantenere un certo grado di equilibrio interiore e di equità di giudizio.
Io Max credo che più di aver bisogno di UNA persona in particolare, abbiamo bisogno di confrontarci con gli altri e con il mondo in termini generali, abbiamo bisogno di uscire dalla nostra zona di confort, di fare esperienze che ci fanno crescere come individui, ma dal mio punto di vista non ci si realizza necessariamente stando in coppia o almeno non è questa la mia esperienza. Soprattutto in un’ epoca individualista come la nostra, nella quale il desiderio di avere qualcuno a fianco si esplica più come esigenza di controllo e di possesso dell’altro ( compreso il suo passato ) che non come espressione di un sentimento puro e sincero. Molto spesso insomma veniamo presi in considerazione per un rapporto di coppia solo se in qualche modo rappresentiamo un trofeo da esibire, e questo lo trovo molto triste.
La cultura e la passione per l’arte secondo me possono arricchire e far maturare quelle personalità già in qualche modo predisposte di loro a una certa sensibilità..
.. altrimenti, temo, c’è ben poco da fare.
I trogloditi e i soggetti abietti restano tali Max, anche se gli metti davanti la più bella ed elevata delle opere.
Maria Grazia, ovviamente ciascuno valuta queste cose in base alla propria esperienza e in base al proprio sentire e sia ciò che affermo io come ciò che dici tu sono egualmente attendibili e rispettabili e, oso dire, si completano a vicenda. Credo che, qualunque cosa si faccia, l’importante sia la buona fede e il rispetto verso chi ci sta vicino. Io cerco, per quanto possibile, di informare il mio agire a questi criteri e da come ti esprimi, percepisco che tu hai a cuore di fare altrettanto e questa, a mio avviso, è la cosa più importante.