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Basta piagnistei! Il lavoro non è un diritto, è un mercato!

di white knight
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Lettera pubblicata il 4 Aprile 2023. L'autore ha condiviso 18 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore .
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La lettera ha ricevuto finora 173 commenti

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  1. 141
    white knight -

    @ Trader 140: rispondo molto volentieri e mi scuso se non l’ho fatto prima, ma mi era sfuggita la tua domanda.
    Ebbene:
    1) non esiste un “unico” lavoro che so fare, perché ne so fare diversi;
    2) se fossi un pirla che sa fare soltanto un solo lavoro e lo perdessi, non sarei così pirla da perseverare nell’errore e mi reinventerei/riadatterei al meglio delle mie possibilità. Molti impenitenti sindacalisti parlano di “diritto al lavoro” quando in realtà, da stronzi, intendono “diritto al POSTO di lavoro” (come se fosse qualcosa a loro dovuto per grazia divina).
    3) se nel 2023 esistono ancora persone monovalenti o aziende monoprodotto o monoclientelari… affari loro se schiattano…

  2. 142
    Trader -

    WK, premetto di essere convinto che il lavoro NON sia un diritto, perché il lavoro è un dare e avere, si dà una prestazione lavorativa in cambio di danaro. Se il lavoro spettasse di diritto, chi non sa o non ha voglia di fare niente riceverebbe ugualmente lo stipendio.
    Come trader lavoro in proprio, quindi non ho un contratto che mi assicura lo stipendio. Ma non tutti possono fare come me. Per fare la mia professione bisogna avere testa, fegato e cuore, cioè intelligenza, coraggio e passione. Il mio non è un lavoro che possono fare tutti. Non so quanti mestieri sai fare, ma non si può cambiare professione come si cambiano le mutande, ne va della professionalità. Un impiegato non può svegliarsi la mattina e andare a fare il piastrellista o viceversa. Soprattutto se non si ha più vent’anni. Un quarantenne con famiglia a carico, che viene licenziato, non viene più assunto da nessuno e comunque non può andare a fare l’apprendista gratuitamente da un artigiano

  3. 143
    Trader -

    per imparare un mestiere.
    Nemmeno iscriversi all’università per diventare medico o ingegnere. Nemmeno ha la possibilità di spostarsi, se trovasse un lavoro in un’altra città.
    Ho vaste conoscenze in campi diversi e sarei adatto a fare qualunque cosa, sia lavori di concetto che lavori ripetitivi e stupidi; sia lavori intellettuali che manuali. Ma sono anche sportivo e fisicamente prestante, avrei potuto benissimo fare il muratore. Avrei potuto fare qualunque cosa. Ma se mi impedissero di fare il mio lavoro (anzi, i miei due lavori, visto che ho un secondo lavoro come ASPP di una grossa azienda), sono convinto che avrei grosse difficoltà a trovarne un altro. Conoscevo un tipo che si adattava a fare un po’ di tutto, lavorando in nero, imparando sul momento: un periodo faceva giardini, poi il saldatore. Ma sono lavoretti, che vita è?
    La precarietà giova all’imprenditore, ma è una piaga sociale in un paese dove il lavoro scarseggia.
    Non lo trovo nemmeno meritocratico, perché anche nel settore privato ci sono tante assunzioni per conoscenze.

  4. 144
    maria grazia -

    È inutile raccontarsi cavolate. Le tutele sono necessarie, non solo nell’ ambito del lavoro dipendente ma anche in quello del lavoro in proprio.

    Se esistono regolamentazioni ad esempio per avviare un’attività, per iscriversi a una categoria o per registrarsi in camera di commercio, ci saranno dei motivi, no?

    Un qualsiasi libero professionista, fosse pure il più bravo del mondo, non avrebbe più clienti se tutti gli altri si mettessero a fare il suo stesso lavoro. In qualsiasi settore.

    Se nessun lavoratore dipendente avesse uno stipendio dignitoso e continuativo quasi nessuno avrebbe più potere d’acquisto e quindi non girerebbe più l’economia.

    E infatti da quando i lavoratori hanno perso molti dei loro diritti anche il mondo del commercio e dell’ imprenditoria annaspano.

    Non si può pensare di ricreare una specie di far west dove uno se ne sbatte completamente degli altri perché alla fine certe manovre ricadono su tutta la collettività.

  5. 145
    maria grazia -

    Meritocrazia non significa poter fare da un giorno all’altro il bello e il cattivo tempo.

  6. 146
    white knight -

    MG 144 e 145: condivido pienamente. Per me la regolamentazione (che individuavo in un commento precendente con l’intervento dello stato) è sufficiente al 30%…
    Però sul discorso sulla meritocrazia non sono d’accordo… può degenerare nella guerra dei poveri però non per questo la di può stigmatizzare come tale…

  7. 147
    Golem -

    Non so all estero, ma la meritocrazia in Italia corrisponde alla fedeltà al “sistema” che vige in quella certa struttura. Come ebbi modo di dire qualche giorno fa, pur essendo arrivato primo ad un test psicoattitudinale, questo risultato non diede nessun esito, perchè non “soddisfacevo altri requisiti.
    Bill Gates disse che se si fosse messo in gioco inOtalia con le sue idee che lo hanno portato a creare la Apple non ci sarebbe mai riuscito come ha fatto negli USA. Direi che pur essendo americani ma conoscendo vome imprenditore, e che imprenditore, il mercato internazionale ha visto giusto.

  8. 148
    white knight -

    @ Golem: piccola precisazione, Bill Gates ha fondato Microsoft, non Apple.
    Diciamo che in diversi ambienti la “fedeltà” ad un certo sistema può diventare molesta, al punto poi da comprometterne le prestazioni poiché le persone vengono selezionate più sulla base di suddetta fedeltà che delle reali capacità. Però non è necessariamente te un male, nel senso che comunque le organizzazioni si basano anche su principi come la lealtà al sistema, la coesione del team e il rispetto delle gerarchie. Talvolta questo può (purtroppo) sfociare in una specie di feudalesimo aziendale. Altre volte invece fa funzionare le organizzazioni, le salva dall’anarchia, e/o dalla “tirannia dell’ultimo arrivato”. Come nel calcio, meglio la “squadretta” senza campioni ma dove ognuno corre e sta alle direttive dell’allenatore piuttosto che lo squadrone con tanti campioni che corrono per i fatti loro e che non stanno alle direttive del mister (e che chiedono aumenti di stipendio ogni 3×2)…

  9. 149
    Golem -

    Sì WK, l’ho confuso con Steve Jobs. Ma credo fosse chiaro come certe innovazioni hanno una visibilità in una certa realtà e molto meno in un altra.
    Sicuramente la fedeltà è un valore in assoluto, in qualunque ambito si manifesti, ma se in una realtà aziendale il “core business occulto” è quello di mantenere attivo e “sicuro” un certo “giro” di “dazioni”, parallelo al “core” ufficiale, capisci che la famosa selezione meritocratica favorisce solo una certa politica “morale”.
    Insomma se sei capace, ma non “pilotabile”, diciamo, non servi a quel particolare core, e per non nuocere a quest’ultimo, bravo o non bravo che tu sia, finisci per essere accantonato in un sottoscala col titolo,
    occulto, di …”core ingrato”

  10. 150
    Francesco -

    All’autore della lettera dico solo che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e non si può paragonare la forza contrattuale di un datore di lavoro contro quella di un lavoratore.
    Sul piano teorico ha ragione ma sul pratico e sull’economia reale non c’è partita.
    Un lavoratore che si dimette domani avrà molte più difficoltà a trovare un lavoro rispetto ad un datore di lavoro che decide domani di lasciare a casa un dipendente.
    Un datore di lavoro con i tassi attuali di disoccupazione trova un sostituto in 4 minuti.
    Un lavoratore impiega mesi se non anni a ricollocarsi.
    Se lei è contro la costituzione lo dica e basta.

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