Le recenti vicende che hanno interessato le popolazioni dell’Italia centrale, seppure importanti per la situazione delle genti coinvolte, per la politica che è stata distolta dalle preoccupazioni della gestione della cosa pubblica o del bene comune e dai media che non hanno fatto solo cronaca, non ci possono far dimenticare altri aspetti della quotidianità che si cerca di far passare nella totale indifferenza e nel totale silenzio, sfruttando la memoria corta, il disinteresse e l’ignoranza dei più.
Con la fine dell’anno arriva a compimento la scadenza prevista dal D.L. 30 novembre 2013 n. 133, convertito in L. 29 gennaio 2014 n. 5.
Questo provvedimento è stato oggetto di una miscellanea di argomenti quanto meno discutibile avendo trattato nel suo interno due temi che tra loro non legano.
Questi provvedimenti riguardavano l’assegnazione delle risorse a favore degli EE.LL. per la modifica della tassazione IMU ed il capitale sociale della Banca d’Italia ed il suo statuto.
Su questo secondo punto concentro la mia attenzione e forse anche la vostra curiosità.
Alla data antecedente il 30.11.2013 il capitale della Banca d’Italia era pari a Lire 300.000.000, che trasformato in euro risultava essere 154.937,07 arrotondato a 156.000,00 per effetto dell’adeguamento del valore di ogni singola quota che da Lire 1.000 fu fissata in € 0,52.
Nello Statuto vigente nel 2002 era comunque prevista una clausola di garanzia per la detenzione della quota di maggioranza del capitale sociale a favore degli Enti Pubblici.
Dal 2002, data di entrata in vigore dell’EURO, al 2006 si procede a livello nazionale ad un’operazione di concentrazione massiccia da parte degli istituti di credito per formare gruppi finanziari di portata “comunitaria”: questo fenomeno comportava conseguentemente una confluenza di quote del capitale di Bankitalia detenute dai piccolo istituti fagocitati da quelli di maggiori dimensione, in mano di pochi e forti gruppi finanziari.
In conseguenza di ciò nel nuovo statuto di Bankitalia rivisitato nel 2006, sparisce anche la clausola di garanzia a favore degli Enti Pubblici: grazie alle concentrazioni degli istituti creditizi ed assicurativi si attua una privatizzazione che impone anche alle Fondazioni bancarie di cedere almeno la maggioranza del pacchetto azionario a soggetti privati e sucessivamente altre quote fino a detenere partecipazioni al capitale degli istituti di credito che precedentemente controllavano in misura strettamente minoritarie (queste manovre non sempre sono state attuate vedi MPS e Banco di Sardegna, per citarne due).
Arriviamo quindi al 30.11.2013 facendo una piccola premessa.
Dal Maggio 2006 è Presidente della repubblica Giorgio Napolitano che permane nella carica fino al gennaio 2015: nel dicembre 2006 (governo Prodi e ministro delle finanze Padoa Schioppa) il benemerito avvalla l’eliminazione dall’art. 3 dello Statuto di Bankitalia della garanzia della detenzione della maggioranza del capitale sociale a favore degli Enti Pubblici.
Nel novembre 2015 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (governo Renzi e ministro delle finanze Padoan) rimodifica lo statuto di Bankitalia aumentando il capitale sociale fino ad € 7.500.000,00 e modificando il suo art. 3.
Nella sintesi le modifiche apportate da quest’ultina variazione dello Statuto di Bankitalia riguardano l’incremento della quota partecipativa da € 0,52 a € 25.000,00; la limitazione al 3% della partecipazione massima da parte dei soci al capitale sociale; la Banca d’Italia per “favorire” il raggiungimento del limite partecipativo da parte dei soci “può acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione” corrispondendo il valore nominale delle stesse ai cedenti.
Questi adeguamenti statutari effettuati nel novembre 2015 sono stabiliti dal D.L. 30 novembre 2013 n. 133 convertito nella L. 29 gennaio 2014n. 5 ed all’interno dell’allegato alla legge si stabilisce una moratoria di 3 anni per dar modo ai Soci di Bankitalia di pervenire alla riduzione della partecipazione per la parte eccedente il 3%: questo termine scade il 28 gennaio 2017, praticamente domani.
A questo punto viene da porsi una serie di domande alle quali si proverà a dare una risposta se non basata su fatti certi, quantomeno suffragata da ragionamenti logici:
- Gli Organi dello Stato sono autonomi rispetto alle logiche del Sistema finanziario?
- Si sarebbero potute praticare strade diverse per definire questa operazione?
- E’ vero che guadagnano solo gli investitori finanziari in questa operazione?
Le risposte alle quali sono arrivato e le mie riflessioni sono queste:
- Il governo Monti cessa I suoi compiti nell’aprile 2013 (il Presidente del Consiglio divenne tale grazie alla nomina di senatore a vita concessagli dal Presidente Napolitano) pertanto, anche se la normativa è stata varata sotto il governa Letta, certamente è stata concepita dal governo precedente e poi, ma guarda un pò, arriva a sua definizione sotto il governo Renzi (insediatosi il 22/02/2014) anche questo dono del Presidente benemerito dimessosi il 14 gennaio 2015.
- Alla domanda se si fossero potute percorrere altre strade, la risposta è affermativa. Il legislatore poteva stabilire la riduzione delle partecipazioni e poi si sarebbe provveduto all’adeguamento del capitale; questo avrebbe comportato che le quote alienate o da alienare venissero trasferite al valore nominale di € 0,52 per ciascuna quota e non a € 25.000,00, e gli effetti li vedremo tra poco.
- Anche il terzo quesito non può che avere una risposta positiva. La partecipazione massima detenibile dai Soci di Bankitalia non può superare le 9.000 quote e questo vuol dire che se alla data del 28 gennaio 2017 dovessero risultare soci che ancora detengono partecipazioni superiori a 9.000 quote, per la parte eccedente si deve trovare un compratore oppure interviene la stessa Banca d’Italia che le rileva al valore nominale.
Gli Istituti che al 15 luglio 2013 si trovavano a detenere quote superiori al 3% del capitale sociale di Bankitalia erano:
Intesa S. Paolo SpA 30,3%
Unicredit SpA 22,1%
Assicurazioni Generali 6,3%
CARIBO 6,2%
INPS 5,0%
Banca CARIGE 4,0%
Tra il luglio 2013 ed il luglio 2016 Intesa S. Paolo SpA ha ceduto 17.903 quote; Unicredit SpA ha ceduto 12.688 quote; Assicurazione Generali SpA ha ceduto 3.248 quote e Banca Carige per effetto delle concentrazioni bancarie ha aumentato la sua partecipazione di 224 quote.
I su citati soci, per effetto delle dismissioni, hanno incassato rispettivamente € 447.575.000,00, € 317.200.000,00 e € 81.200.000,00.
Tutto questo è servito per migliorare la patrimonializzazione degli istituti bancari ai fini non solo del stress test, ma anche del bail-in.
Vediamo ora cosa succederà fino al 28 gennaio 2017.
Intesa S. Paolo SpA deve cedere 64.132 quote ed incassare € 1.603.300.000,00
Unicredit SpA 44.654 € 1.116.350.000,00
CARIBO 9.602 € 240.050.000,00
Assicurazioni Generali 6.782 € 169.550.000,00
Banca Carige 3.093 € 77.325.000,00
Tutti gli altri soci, che sono complessivamente 99, alla data del 31 luglio 2016, sono al di sotto della soglia massima delle 9.000 quote detenibili.
Questa operazione abilmente studiata da validi consulenti del mondo della finanza, avallata dai massimi esponenti della vita politica italiana,fa guadagnare non poco ai Soci di Bankitalia ed a cascata ai loro rispettivi soci.
L’art. 38 del nuovo statuto della Banca d’Italia prevede la ripartizione degli utili a favore dei soci per un importo pari al 6% sul capitale di € 7.500.000,00, quando il capitale era pari ad € 156.000,00 anche la ripartizione degli utili risultava differente.
Come tutte le storielle, anche questa ha una sua morale.
Grazie!
Grazie a tutti quelli che hanno a cuore il bene della Nazione.
Grazie a tutti quelli che ci rappresentano nei luoghi dove si promulgano le leggi.
Grazie a tutti quelli che sono acquiescenti a qualsiasi pur lieve brezza che soffia nelle camera che contano.
Grazie a chi, chi più chi meno, scalda la sedia del Parlamento nei momenti in cui ci si trova seduto per il solo fatto di trovarsi li!
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caro Roberto o Mario purtroppo la tua lettera non ha suscitato la curiosità che speravi riprova con qualche delusione d’amore forse sarai piu fortunato quanto alle banche l’unica cosa che posso dirti è che io mi sono gia cavato l’impiccio da diversi anni e quando mi propongono di aprire qualche cosa presso di loro rispondo sempre con una sonora pernacchia
Vabbuò, Roberto Mario come nome è un po’ come Gianni Lapo, per capire meglio ci vorrebbe il codice fiscale. Il toponomasta vedrebbe così “via GNNLPO12H67E892I” e si metterebbe il cuore in pace. Ovviamente nessuno qui ha letto, nè leggerà mai, la tua lettera. Troppo lunga e noiosa. Ritenta cercando di condensare tutto in 5 righe.