Caro Direttore, non mi piace raccontare i miei problemi personali, ma quanto mi è accaduto durante le mie recenti vacanze credo siano degno di essere condividi con i suoi lettori. Siamo partiti 1 di luglio per un viaggio alle Isole Svalbard (Estremo Nord) con ritorno il giorno 8, organizzato da una agenzia di viaggi. Io e mio marito siamo due biologi marini e le mete dei nostri viaggi sono sempre orientate verso una maggiore conoscenza dell’ambiente naturale e delle sue trasformazioni. Il giorno del rientro, con check-in già effettuato, i piloti della compagnia aerea Scandinavian Airlines
avevano indetto uno sciopero, ma essendo sempre solidali con i diritti dei lavoratori, non ci siamo preoccupati più di tanto. Invece è iniziata una vera e propria avventura, sei giorni di viaggio per tornare a casa, programmato di giorno in giorno e totalmente a nostro carico. Come in molti altri luoghi, nel profondo Nord, dove sembra regni efficienza e rispetto dell’ambiente, il turismo è diventata una fonte importante di reddito. La città di Longyearbyen, con poco più di 1000 abitanti, punta sul turismo crocieristico, non si trova un’ agenzia di viaggi, l’aeroporto non ha nessun punto di informazioni, ci sono solo due alberghi, alcuni negozi di souvenir e pochi ristoranti che servono carne di balena (p.s. alle nostre richieste non sapevano neppure di quale specie).
I generi alimentari arrivano, via nave, una volta al mese e il suo equilibrio è programmato in modo ferreo, tanti turisti arrivano e tanti partono. Un evento come uno sciopero ad oltranza non era previsto e soprattutto non sono stati in grado di gestirlo né dal punto di vista empatico, né organizzativo. Una massa di cittadini europei si ritrovava, giorno dopo giorno, per l’unica via della Città, per uno scambio informazioni, soluzioni, ma con la netta sensazione di impotenza e di essere in un’isola dove non si scappa facilmente. Una nave da crociera tedesca, non essendo al massimo del suo carico e in sosta a Longyearbyen, ha offerto un passaggio, a pagamento, a oltre 150 persone, sino a TrØmso, località fuori dai nostri percorsi, ma in terraferma, permettendoci di riorganizzare il viaggio di ritorno.
Tra il gruppo di italiani una coppia in viaggio di nozze, una ricercatrice che sta studiando i cambiamenti climatici e dipendente di un istituto pubblico, con la valigia piena di campioni, una copia che era arrivata sull’isola per donare al Museo delle Esplorazioni del Polo Nord, gestita da un italiano, dei libri di famiglia perché possano essere a disposizione di tutti.
Faccio anche io l’errore di giustificarmi, un viaggio è un viaggio, sia per piacere che per lavoro, ma le risposte ricevute da chi è stato contattato, Agenzie, Farnesina, Consolato italiano ad Oslo, sono state quasi tutte dello stesso tono “Chi ve l’ha fatto fare di andare così lontano” “State tranquilli che passerà una nave il 4 agosto” “Non siete contenti di fare una bella crociera?” Il Governatore delle Svalbard ha offerto ad una copia, lavoro, vitto e alloggio per un anno. Domande che hanno aggravato il nostro stato di frustrazione. C’era di doveva rientrare al lavoro, chi non aveva più le medicine salvavita, che era rimasto a corto di soldi. Bastava far arrivare un aereo per risolvere questa situazione, ma siamo venuti a conoscenza che i voli della SAS forse riprenderanno dal 25 luglio.
Tra gli ospiti della nave da crociera c’era un misto di riconoscenza, come se ci avessero salvati, ma anche considerazioni dell’enorme quantità di cibo anche esotico, di cambi di lenzuola ogni due giorni, di sfarzo e poca attenzione verso un paesaggio fragile e a rischio a causa delle crisi climatica. Siamo tornati frastornati, stanchi, delusi e contagiati dal COVID, pur essendo tra i pochi a portare sempre la mascherina in ambienti chiusi. Sono consapevole che esistono problemi ben più gravi, ma ho la netta sensazione che il nostro mondo ha necessità di un nuovo modo di viaggiare, dove la sostenibilità e il concetto di limite non siano solo belle parole, di nuovi sguardi più attenti e consapevoli.
nadiarepetto@gmail.com
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Io sono una persona comune, come tanti, e per quello che vale posso dirle che mi dispiace per la disavventura che avete subito. Avete giustamente il vostro periodo di ferie, e avete voluto andare all’esplorazione della penisola Scandinava, che ha fra le sue attrattive proprio il paesaggio e la tutela di esso, mi è capitato di andare in Svezia e in Norvegia, prima di questa crisi, sia post-Sars-Cov2 ed economica, e le posso assicurare, che è vero che non ci sono molti punti informazione, ma è altrettanto vero, che non vi avrebbero trattato così in circostanze normali.
Sta di fatto, che se ci si rivolge ad agenzia viaggi, lo si fa anche per avere certezze riguardo alla propria meta, se questa agenzia vi ha proposto questo viaggio, perché non vi ha detto dello sciopero? Avreste agito altrimenti, magari scegliendo altri itinerari o altra meta? Altrimenti a che serve andare in agenzia viaggi, se la stessa non è informata sulle condizioni del viaggio stesso?
Alla fine potevate andare all’avventura lei e suo marito, mi scusi, cosa sarebbe cambiato?