Mi ricordo che da piccolo mi divertivo ad osservare l’arrotino passava “abbanniànnu” e molte donne uscivano di casa per farsi affilare i coltelli e le forbici “azzannate”,era un rito…si fermava, metteva su il baracchino dietro la bici, un filino d’acqua usciva da un tubicino più in alto dove c’era un piccolo recipiente e usciva ” un antìcchia ri acqua”…. poi si metteva a far girare la mola con un lungo pedale attaccato all’estremità ad una corda . Comunque era uno spettacolo, nessuno ci aveva ancora insegnato che i coltelli che tagliavano male erano da sostituire, nessuno ci aveva detto che le forbici ” azzannate” erano da buttare.
Ma il mestiere più bello era quello del calzolaio….ce n’era uno proprio su , sul finire della mia strada…..me lo ricordo ancora benissimo, il suo lavoro era importantissimo ed era un punto di riferimento per tutta la borgata, le scarpe erano di cuoio e andavano riparate….quella del ciabattino era un arte, essi perché la “controsoletta” di cuoio andava inchiodata con i “zìppuli “….chiodini piccoli lunghi e sottili che venivano ribattuti all’interno…..guai se riusciva male, il chiodo bucava piede e “quasètta” soprattutto la “quasètta” quella si comprava dopo che mamma la rammendava diverse volte ! !
Questo non accadeva 100 anni fa in un posto remoto del Perù….ma 35…. in via Giuseppe Malvica a Pallavicino, (ai tempi) ridente borgata di Palermo ultima stazione di fermata prima di Valdesi in spiaggia (Mondello).
Questi ricordi mi ritornano alla mente quando, andando indietro nel tempo, cerco di capire se il progresso economico deve passare obbligatoriamente per la strade del consumismo smodato.
Ci siamo e ci hanno educati alla sostituzione “conveniente”, poiché la corsa sfrenata al capitalismo ha fatto si che i mercati producessero tanta (troppa) roba inutile da acquistare, pensando che tutto ciò all’infinito creasse lavoro.(quindi conveniente)
Ma adesso non siamo più in grado di smaltire ciò che produciamo…….alla fine abbiamo prodotto disoccupazione, disagio sociale, falsi ideali, falsi idoli ed alla fine POVERTA’.
Credo che la soluzione non sia una questione di orientamento politico, ma un processo ormai irreversibile, non torneremo a produrre l’indispensabile, siamo in troppi a non accontentarci, ma non torneremo ad acquistare tutti in maniera sconsiderata.
La bramosia di ricchezza di pochi ha prodotto la perdita di un equilibrio , che per millenni è stato l’ago della bilancia ha fatto sopravvivere il genere umano.
“produci ciò che ti serve…….”
Il progresso non deve passare obbligatoriamente attraverso il consumismo ma soprattutto per ammodernamento dello stato sociale, nel pieno rispetto della dignità altrui…..ma forse è troppo tardi ! ! !
Vincenzo Pandolfo
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