Cadi, ti fai male, sanguini e poi ti dicono che la ferita guarirà.
Aspetti, impari dall’esperienza e vedi che avevano ragione.
La stessa cosa vale per le ferite sentimentali, anche se hanno modalità molto differenti.
Chiaro come un lago senza fango.
Poche considerazioni verbali per esprimere una verità universale, che si applica a qualsiasi persona in qualsiasi contesto.
Ci riderai su.
E ovviamente andrà proprio così.
Quanto ci vuole?
Dipende chiaramente dal tuo livello di “vitalità”.
Una persona potente che ha il controllo della sua vita e che sa cosa vuole e dove cercarlo sicuramennte ci metterà meno tempo.
Una persona con qualche o tante lacune ha in questo periodo l’occasione di colmarle, se non altro perchè ci è costretto.
Queste considerazioni sono così vere che rischiano di cadere nella sfera delle ovvietà, anche se a volte non sono assimilate dall’anima, ma solo dalla ragione.
E’ tutto cosi ovvio che sembra quasi naturale.
Anzi è assunto ormai da tutti che sia cosi.
Ma è l’unico modo possibile in cui la vita sentimentale può prendere forma?
Quando si ama in modo “maturo”?
Quando si ha nel proprio curriculum una consapevolezza di cosa voglia dire amare e correlativamente soffrire. Quando cioè si capisce che un rapporto deve essere un cammino comune e non una necessità o dipendenza.
E anche qui rientriamo nella sfera delle ovvietà.
Ma le cose stanno veramente così?
Parlo di amore e non è un caso che ho deciso di iniziare dalla fine di un amore, dalla sofferenza.
Perchè in fondo uno cresce non quando è dentro il rapporto, ma quando esso finisce.
Solo così una persona può fare proprie considerazioni che altrimenti sarebbero state semplici parole prive di contenuto.
Quindi gli stipiti dell’amore “maturo” sono pieni di profonde ferite, nei migliori dei casi cicatrizzate.
Cosa fa un bambino che in passato correndo è caduto e si è sbucciato un ginocchio? Starà attento ogni altra volta che correrà, e, se necessario, evita di correre.
Evita di correre o correrà “moderatamente”.
Se il parallelismo funziona si potrebbe sostituire il verbo correre con il verbo amare.
Mi si potrebbe obiettare che potrebbe anche imparare a correre bene.
Ma in questo parallelismo c’è una profonda differenza.
Il bambino può contare sul potere decisionale delle sue intenzioni. E’ lui il solo che può decidere di migliorare la sua corsa.
Un amante deve fermarsi di fronte a ciò su cui non ha potere decisionale, ovvero l’altro.
Anche se due amanti hanno un livello esperienzale-emotivo quasi identico, non potranno mai raggiungere il perfetto equilibrio e perpetuarlo all’infinito.
L’idea di un amore romantico è penetrata troppo in profondità e condiziona il nostro modo di pensare e di vivere. Scontrandosi con il principio di realtà quello che ne esce è una ferita provocata da una sovrastruttura di pensiero illusoria. Non siamo nel campo della naturalità.
Non è pertanto così ovvio che le cose vadano a posto con il tempo, analogamente alla ferita del bambino (spero che questo ipotetico bambino tra l’altro non si sia fatto di nuovo male!)
Non è cosi ovvio perchè il dolore, che riverbera nell’anima e nel corpo, è un dolore provocato da un illusione. E quello che si può fare è moderarsi e imparare ad “amare”, a gestire una relazione, a convivere con l’altro. Se però ci si ostina a ricadere in quella illusione, anche se con una certa consapevolezza in più che ci allontana (anche se non nella ragione) dall’idea dell’amore romantico, allora non può che complicarsi tutto quanto.
Da qui una conclusione che non può pretendere di essere compresa con le poche precisazioni che la supportano (questo mio intervento rimane pur sempre uno sfogo-riflessione, non può essere molto altro).
La parola amore è una parola troppo grande, forse la più grande, che racchiude in sè una moltitudine di situazioni.
Si possono amare le persone.
Si può amare sè stessi.
Si può amare un’idea.
Si può amare una cosa.
Si può amare un’abitudine.
Ma è cosi giusto riunire con un’unica parola tutte queste situazioni?
Siamo veramente di fronte ad un significato universale applicabile a tutti questi “oggetti”?
Qualcuno ha provato a risolvere il rebus sostenendo che siamo governati principalmente da una generica pulsione sessuale che trova il suo più alto livello di soddisfacimento nell’amore carnale. Le altre situazioni così sarebbero una sublimazione di questa pulsione.
Se così stessero le cose allora saremmo veramente lontani anni luce da una considerazione romantica dell’amore.
Ma se non stessero cosi, non sarebbe il caso di iniziare ad attribuire ad ogni situazione una parola differente?
E perchè non iniziare proprio dall’amore sentimentale, romantico..
Ma esiste un amore non romantico..?
Secondo me l’amore va vissuto non va pensato, del resto ho la vaga impressione che i più grandi fautori del romanticismo collezionassero quantità industriali di rifiuti dalle donne, gli stessi poeti che si struggono nel tormento di un amore agognato se avessero raggiunto la “meta” probabilmente avrebbero avuto altro da fare che scrivere poesie. Amare è un istinto umano come respirare ed è per questo che non se ne può fare a meno ma è un’emozione che sentimentalmente vorremmo reciprocamente esclusiva mentre nella realtà capita che ad un certo punto qualcuno si stufa. E’ probabile che la fedeltà non sia un istinto naturale se non per il periodo necessario a svezzare la prole dopo di che bisogna metterci del proprio per fare si che la coppia riesca a crescere insieme e a superare gli ostacoli che per forza di cose si presentano negli anni. Come ho gia avuto modo di dire l’impressione è che il consumismo globalizzato abbia influito negativamente anche nei rapporti fra le persone, dove una volta si cercava di superare le crisi con il dialogo ed il confronto oggi sembra che si tenda a cambiare partner semplicemente ..
Ma una cosa è certa, non è con l’esperienza che puoi evitare di farti “male”, quando la persona che ami ti lascia soffri indipendentemente da quanta esperienza tu possa avere. E se l’alternativa per non soffrire è non amare allora meglio non vivere che vegetare accontentandosi di poche briciole..
Stefano
Caro Leonardo88,
presenti un’analisi lucida e formalmente corretta. Tuttavia, ti faccio notare che si tratta di una razionalizzazione di tue dinamiche più profonde.
Nel campo della psiche, possiamo dimostrare tutto e il contrario di tutto. Quello che è più interessante, a mio modo di vedere, non è tanto la validità di un ragionamento. Tanto le premesse da cui parte.
Quello che stai cercando di fare, è prendere le distanze da una dimensione emotiva che sostanzialmente temi. E lo fai opponendo un’esattezza logico-formale al caotico mondo delle emozioni.
E’ un errore in cui incorrono spesso le persone intelligenti. Ovvero, la tendenza a ingabbiare la realtà in schemi comprensibili e prevedibili. Consente di alleviare l’ansia del non-controllo (come affermi tu stesso: è una riflessione-sfogo).
In realtà, la soluzione non si trova in sofismi particolarmente articolati. Cartesio, dopo anni di riflessioni, si rese conto che il senso della vita non si scopre ragionando, ma facendo cose, viaggiando, vivendo.
Allo stesso modo, puoi anche arroccarti dietro le tue riflessioni, ma contribuirebbe solo parzialmente a risolvere la questione. Anzi, troppo intellettualismo nuoce all’azione.
Inoltre, non temere di soffrire troppo. Fortunatamente, la resistenza al dolore – sia emotivo che fisico – è allenabile. La corteccia telencefalica è in grado di modulare la trasmissione nocicettiva. Sotto ipnosi, senza anestesia, sono stati effettuati addirittura interventi chirurgici.
Quindi non avere paura di provare emozioni. Vivi la tua vita sentimentale senza riserve. Meglio non avere rimpianti.
Kombo
So bene che l’Uomo ha bisogno di schemi. Non solo le persone “intelligenti”. Cartesio ha scoperto che l’esperienza precede la parola. C’è anche da dire che l’ha fatto dopo un intenso lavoro intelettuale che comunque ha indirizzato la sua vita in un certo modo.
La ragione e l’emotività sono correlati.
L’uomo è portato a trascendere l’esperienza e nello stesso tempo trova in essa la migliore insegnante.
In ogni caso Descartes ha aperto uno squarcio che per molto tempo è rimasto insanabile. Il mio non è un puro lavoro soggettivo. Anzi le mie supposizioni sono basate sulla relazione io-mondo. Se mi basassi prettamente sulla mia esperienza personale probabilmente sarei portato a pensarla diversamente.
Io non rifuggo l’amore, ne l’emozione, al di là del bene e del male.
Nego un certo concetto romantico dell’amore.
Come tu dici le persone sono portate a costruirsi schemi mentali che spesso sono illusori. Ma ciò non vuol dire che non riverberano nella sfera dell’emotività. Anche i demoni non esistono eppure certe persone ne hanno timore. Hanno paura! Hanno emozioni. E l’idea di demone è una razionalizzazione. La vita emotiva non è autonoma. In un certo senso anche l’idea di inconscio ci porta a creare una certa confusione.
In ogni caso quello che semplicemtne sostengo è che noi abbiamo la facoltà di indirizzare le nostre emozioni con un lavoro coscienzioso. E nello stesso tempo le nostre stesse emozioni ci portano ad edificare pensieri che le schematizzano.
E’ in virtù di questo che io credo sia necessario rivedere un po’ il concetto di amore.
L’amore nasce dalla grande tendenza dell’uomo alla dipendenza. Il problema è che la dipendenza è oggi vista come un qualcosa di nocivo. Le neuroscienze indicano la dipendenza come una patologia del cervello.
In realtà noi SIAMO dipendenti dal mondo (in senso lato, dal nostro mondo-ambiente) e ciò è inconfutabile.
La stessa coscienza nasce dalla dipendenza del bambino dalla madre, che lo porta a sviluppare una forma di comunicazione. Capire questo aiuta a comprendere la vera natura dell’amore sentimentale.
E’ dipendenza.
Più una persona dipenderà da più amori e più soffrirà meno.
Più si dipende unicamente da una persona sola e più ci si depersonalizzerà, o meglio, “denaturalizzerà”, e quindi si soffrirà di più.
Qual è il prblema quindi dell’amore romantico?
Illudersi.
Qual è la metodologia che ci potrebbe far vivere meglio?
Riconoscere che l’amore è una necessità psicologica, spirituale e fisiologica. E soprattutto non incentrare la propria vita su di questo.
La mia utopia? Amore libero supportato da uno schema innovativo, non romantico, non cattolico. Un sistema “bonomico”. L’uomo ha la possibilità di studiare un sistema ad hoc, in virtù della sua apertura al mondo.
Spero di essere stato un po’ chiaro =)
Ciao!!
Stefano.
Concordo che il consumismo ha contribuito ad indirizzare l’amore verso questa direzione.
Purtroppo la mia utopia che ho espresso nella mia risposta precedente è credo irrealizzabile.
Nella nostra realtà l’individuo ha necessità di trovare un’identità nel marasma di questa vastità.
Ha bisogno di certezze, di sicurezze. Il rapporto con una persona pompa la stima di sè e ti fa sentire una persona distinta.
Quando invece si è soli ci si sente lontani dal mondo.
La coscienza di sè subisce gravi scossoni.
Per questo si soffre.
Le cose sono andate così, ma non è l’unico modo in cui potrebbero andare.
Se solo si riuscisse ad applicare il concetto di unione spirituale con il proprio mondo, con l’altro, con l’idea di famiglia allargata, di amori liberi dalle catene romantiche, bè credo che ci si possa affrancare dalla necessità di pretendere di essere ri-conosciuto.
Si potrebbe creare (certo rimane una chimera) un equilibrio più vicino alla NATURA. Ma ciò è impossibile con le nostre precomprensioni attuali.
Mi scuso per la vaghezza del mio pensiero. =)
Ciao Leonardo,
i tuoi temi mi stuzzicano: sono per me irresistibili…
“Quando si ama in modo “maturo”?” – secondo me (mai come in questo contesto è valido tutto e il contrario di tutto), quando si desidera suscitare il sorriso sul volto della persona amata. quando si ha in sè tanto amore da poterlo REGALARE, più o meno come fanno i genitori che amano i loro figli, in modo incondizionato, senza attendersi niente in cambio se non il piacere della compagnia e dell’affetto ricambiato. quando si desidera il bene dell’altro anche a scapito del proprio, permettendo con un sorriso che si allontani anche portandosi via un pezzo del nostro cuore…
“Perchè in fondo uno cresce non quando è dentro il rapporto, ma quando esso finisce.” – ogni nuovo rapporto profondo, anche quello con un/a amico/a, apre alla nostra coscienza parti di noi prima inesistenti o neglette. si cresce nella gioia del ritrovarsi, forse senza rendersene del tutto conto. quando invece il/la compagno/a riprende da solo/a il suo cammino, si cresce nella sofferenza della perdita, che consolida quanto prima ci aveva consentito di volare senz’ali. non c’è mai gioia senza dolore! tutto ha un prezzo!
l’ideale romantico permea unicamente le menti sensibili e… romantiche. a mio avviso, se un carattere è più portato al razionale, si farà sempre beffe del romanticismo e si orienterà alla ricerca di un partner concreto e ben radicato con i piedi per terra. l’opposto, invece, continuerà, malgrado la sua miglior buona volontà di non “ricascarci”, a vivere amori più passionali e più impregnati dei colori del sogno. ovviamente, sono rari i temperamenti a tutto tondo e sono le sfumature a fare la differenza, portando spesso a un mix delle due opposte tendenze.
è innegabile che la base universale dell’amore è la pulsione sessuale, attualmente ancora più marcata nell’uomo, più libero da sempre di esprimerla, ma forse in futuro altrettanto forte da parte della donna. questo è quanto resta di più genuino della nostra comune origine con gli animali, guidati dall’istinto. ma noi abbiamo poi anche sviluppato molto più di loro il pensiero, codificando e interpretando la realtà, con punte di trascendenza. incapaci di codificare l’amore, gli abbiamo forse dato più valore e più “slancio” di quanto meriti, pur essendo la forza che “move il sole e l’altre stelle”…
si può imparare ad amare razionalmente, o meglio imparare a gestire una relazione, a convivere con la diversità. forse, dai propri errori, si può essenzialmente apprendere ad essere più cauti nel lasciarsi andare a un sentimento ma mai a domare l’amore. ogni nuovo sentimento nasce vergine e innocente, come il fiore a primavera, immemore dei precedenti inverni…
hai ragione nel ritenere che ci vorrebbero più vocaboli per i vari tipi d’amore ma temo che si farebbe fatica a decidere quale usare di volta in volta, derivando tutti dalla stessa onnicomprensiva radice… un tempo, però, esistevano i flirt, le infatuazioni, gli idillii amorosi…
Leonardo,
su questa affermazione: “E soprattutto non incentrare la propria vita su di questo.” e sul concetto basico che bisognerebbe saper amare se stessi (ed essere emotivamente autonomi) prima di aprire gli occhi su una relazione con un partner, credo si possa essere tutti d’accordo.
ti va di spiegare meglio questo tuo ideale “bonomico”?
Condivido in pieno ciò che hanno scritto Kombo e Rossana.
L’espressione “amore romantico” può essere utilizzata in mille contesti e in mille situazioni differenti (secondo me, nella maggior parte dei casi, viene utilizzata del tutto a sproposito).
I post di Leonardo sono un tantino sfuocati, perché non si capisce cosa intenda esattamente l’autore quando parla di “amore romantico”.
A parte questo:
Credo che sia sbagliato volere imporre agli altri la propria personale visione della vita, dei rapporti umani e dell’amore. Non è evidente che quando parliamo di emozioni siamo nel campo della soggettività più totale ?
Non esiste una ricetta universale che sia applicabile a tutta l’umanità. Non capisco questa smania di volere esorcizzare a tutti i costi il fantasma dell’amore “romantico”. Non capisco questa smania di razionalizzare ciò che per sua natura è profondamente irrazionale. Come ha scritto giustamente Rossana, qui sono in gioco esclusivamente il carattere e di temperamento individuali. Se una persona ha un temperamento “romantico” potrà sentirsi felice e realizzata soltanto in un rapporto esclusivo, monogamico e intensamente … romantico.
Scusate, è difficile esporre un concetto così pieno di implicazioni.
Prima di tutto io non voglio imporre proprio niente, credo che questo sia abbastanza chiaro.
Parlo di utopie e parlo di possibili scenari, possibili mondi.
Parlo di possibilità “fantastiche” che non hanno nessuna presa sulla realtà.
Quindi ci terrei a mantenere questa riflessione sul piano dell’immaginazione.
Nella realtà ciò che si può fare è semplicemente imparare determinate dinamiche, capire che le cose in questa intersoggettività vanno così e tutti noi siamo determinati da certi schemi. L’amore romantico è per me quell’amore in cui si tende a credere nell’amore eterno, nell’unicità dell’altra persona, nel credere ad un’astrazione dell’amore intendendolo come un qualcosa di irrazionale. Il razionalizzare l’amore non lo rende meno magico, meno emozionante. E la ragione comunque deve sempre sintetizzarsi con l’esperienza, con la vita emotiva.
Sul piano della soggettività è chiaro che ognuno può stravolgere ciò che vuole, magari risultando più persuaivo se sfoggia una retorica efficace.
Esiste una relazione “io-tu-mondo” che però va ben oltre la soggettività. (vedi fenomenologia husserliana)
Ciò su cui fantastico io è sul fatto di trovare un’alternativa alla sintesi attuale io-tu-mondo.
Noi viviamo in un mondo culturale. Ogni nostra credenza poggia su un insieme di credenze che è determinato dalla nostra cultura. Viaggiando per il mondo ci si scontra con numerose altre credenze. Non esiste un mondo culturale che sia “vero” universalmente. Certo è determinante per la società che si basa su queste credenze. Non lo sarà per le altre.
Noi siamo tutto sommato inclini all’idealizzare un rapporto in modo monogamico. Poi ovviamente ci sono vari livelli, molte sfumature.
Ma in generale ogni rapporto è costituito su questa idea di fondo. Questa idea è basata su più ragioni: l’influenza della chiesa, l’influenza del romanticismo, l’influenza dell’economia (che si lega al concetto di famiglia), l’influenza della paura della vastità (il nucleo famigliare ci protegge dal mondo esterno) ecc…
Provate ora ad immaginare..
Immaginate un mondo in cui tutti questi schemi mutino a favore di un altro schema. Qui c’è chiaramente una cosa da sottolineare. L’Uomo non può fare a meno della cultura. Non è un animale “programmato” in un mondo-ambiente specifico. E’ questa la sua peculiarità. E’ un essere aperto-al-mondo. E’ incline a ricrearsi sempre un suo mondo. Questo lo deve fare perchè fondamentalmente è in difetto rispetto agli altri animali. In un certo senso è inferiore, meno specializzato.
Cosa ha di diverso dall’animale? La dimensione della progettualità. L’Uomo è l’essere che progetta il futuro. Questa peculiarità che in principio serve per sopravvivere in un mondo naturale altrimenti a lui ostile, è anche quella stessa peculiarità che lo pone come un essere che è tendente a trascendere sé stesso.
Troppe implicazioni per riuscire a spiegarmi. Servirebbero tempo e capacità che non ho.
Marquito.
Il carattere e le inclinazioni individuali prendono comunque e sempre le mosse dal mondo culturale in cui la persona in questione vive.
Per dirla alla Heidigger, siamo già da sempre dentro al circolo delle precomprensioni.
Ovviamente per cambiare la modalità di un rapporto ci sarebbe da riedificare un bel po’ di roba. =)
E onestamente ci metterei la firma ad un cambiamento radicale. Non vedo molta felicità in giro, sotto ogni ambito.
Ma questo è un altro discorso…
Non vorrei sembrare quello che getta il sasso e poi nasconde la mano. Io non ho la presunzione di intuire il mondo più congeniale all’Uomo. D’altrocanto non credo ne esista uno. Esistono più scenari possibili in cui le persone possano vivere in modo secondo me migliore. In cui le emozioni possano essere non represse ma liberate.
Le pareti asettiche della scienza e della tecnologia, del sistema socio-economico, del sistema monetario, del sistema politico… non rappresentano per me uno scenario così positivo per il futuro. La religione ormai è roba da bigotti (non la fede in senso lato, piuttosto la religione in chiave ebraico-cristiana).
Mi fermo però perchè ciò che ho in mente è ancora acerbo e confuso, e non vorrei azzardare ipotesi di cui io stesso devo ancora convincermi.
Ma se si riuscisse a porre più che una risposta una domanda sarebbe già un buon inizio.
Le cose dovevano per forza andare così?
Una cosa è certa, la cosa più bella e magica che l’uomo possa fare è immaginare. E perchè no, perchè non immaginare che le cose potrebbero andare dversamente?!
“Se solo si riuscisse ad applicare il concetto di unione spirituale con il proprio mondo, con l’altro, con l’idea di famiglia allargata, di amori liberi dalle catene romantiche”
Se ho capito bene il senso di questa frase, che pare sintetizzare tutto ciò che hai scritto, potrei obiettare dicendo che in amore l’uomo è monogamo (penso sia anche “scientificamente” provato). Non parlo di sesso ma di quella condizione psicologica che ti fa volere/desiderare quella determinata persona per quel determinato tempo.
E’ qui che nasce la necessità dell’amore romantico, ossia come due destini che si incrociano. Due entità separate che si incontrano.
Lo sforzo più grande secondo me non dovrebbe essere indirizzato verso l’annullamento dell’amore romantico ma nel prendere coscienza che tutto inizia e tutto finisce, anzi tutto si trasforma.
Anche a me piacerebbe credere nella famiglia allargata, negli amori liberi dalle catene romantiche. Sarebbe tutto più comodo, ma non fa parte del dna umano. O meglio biosngerebbe essere completamente distaccati emotivamente. Prima o poi, però, sentimenti come la gelosia, l’invidia verrebbero fuori. E’ la natura umana, magari assumendo determinati tipi di farmaci….ma qui si sfocia in una discussione sull’etica.
Riguardo i termini da utilizzare per ogni situazione andrebbe usata una parola diversa, ma che comunque vada, rimane pur sempre una parola, che priva della situazione a cui si riferisce non ha nessun senso, quindi tanto vale chiamarlo amore….