Amo chi sa ascoltare e non solo parlare. Amo chi pensa che i silenzi non siano la fine di una coppia. Amo chi invecchia insieme. Odio chi parla di cose scontate e banali solo per riempire i vuoti e farsi notare. Odio chi mette da parte l’amore per emanciparsi ad ogni costo, emanciparsi da chi poi? Odio chi prende 6lauree 20master, per decantare la propria intelligenza e non ha alcuna passione per ciò che ha studiato. Amo mia nonna che con la quinta elementare riusciva a fare i conti a mente, sapeva fare le divisioni con carta e penna e quando scriveva non faceva nemmeno un errore. Amo le cose antiche, i rapporti antichi, amo guardare foto di diciottenni degli anni 60′ già maturi come persone adulte. Odio questa società che fa passare per positive parole come nichilismo, emancipazione, superuomo, superdonna, perfetto ed arrivismo e come negative parole come: timido, sentimento, vecchio, insicuro, debole, umano, semplice, troppo dolce. Amo le parole che fanno ribrezzo a questa società di cloni lobotomizzati: retrogrado, antico, superato. Amo chi veste semplice, odio chi vuole ornarsi fuori e svuotarsi dentro. Odio chi etichetta con moralista, chi cerca di migliorare le cose. Odio le parole per annientare un pensiero con una parola, tipo: moralista, populista, demagogico. Amo chi ha il coraggio di andare controcorrente, le persone buone che restano sole. Odio i cattivi che sono pieni di amicizie e amori che non meritano. Amo le cose artefatte che sembra diano felicità: smartphone, discoteca, molte amicizie, popolarità. Amo le cose semplici: una persona che arrossisce, una che abbraccia anche solo perché se lo sente, una che ama perché lo sente davvero. Amo leggere un libro che mi faccia volare via da questa realtà insensata e vuota, lontano nei secoli in cui è stata scritta e lontana dalla maggior parte delle persone che formano la società del mio tempo. Questa è una lettera banale di una persona che ha sbagliato epoca.
Amo le cose semplici
di
Aloneinthedark
Lettera pubblicata il 10 Aprile 2017. L'autore ha condiviso 6 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Aloneinthedark.
La lettera ha ricevuto finora 28 commenti
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Secondo me è sbagliato generalizzare perché ci sono tante persone che non vivono una speciale tensione emotiva difronte all’ardua difficoltà dell’impresa conoscitiva. Per altre persone stare insieme è un’impresa. Uno spostamento in automobile rappresenta un’impresa. Un viaggio in treno un lavoro. Una crociera un superlavoro. Una telefonata uno stress, ecc. La politica avrebbe potuto fare tanto per colmare le differenze perché ti posso anche dire la natura di cui ti ho parlato, proprio per la sensibilità teologica che la caratterizza, tende a vivere con partecipazione la verità raggiunta. Per questa ragione ad un certo punto bisogna pensare a conservare l’equilibrio raggiunto dopo una serie di eventi che potrebbero mettere a dura prova il sistema nervoso. Il senso di responsabilità porta a preferire di accantonare l’interesse, ed effettivamente in quel caso si ottengono grandi risultati. Ti parlo di situazioni molto particolari in cui oltre allo stress emotivo che comporta il matrimonio o la nascita di un figlio si aggiungono il lavoro (un certo tipo di lavoro che implica un costante confronto con l’opinione pubblica), un problema si salute (tipo disturbi alla colonna vertebrale), la salute di un genitore anziano e una serie di problemi familiari che si trascinano dal rapporto con la famiglia d’origine, un contesto attraversato dalle stesse problematiche, magari più accentuate proprio perché le due famiglie avevano una storia similare. Dunque si tratta di casi molto rari. Non si può portare avanti una vita tra commozione ed esultanza. C’è bisogno di sovrastrutture rispondenti agli intenti pratici per poter creare una normalità di vita. Nella vita pubblica non può prevalere il “mondo intenzionale”. Ci sono mode che finiscono per esasperare il senso di oppressione di chi vive la relazione come un’impresa e tende a rifugiarsi in atteggiamenti antisociali senza prendere coscienza del suo problema. Non lo vede perché si nasconde dietro la costruzione dell’evento.
Per vedere il problema bisogna conoscere l’ostacolo. Questo si può isolare solo nel momento in cui si privilegia l’accoglienza. In passato le persone si lamentavano di più e criticavano di meno. C’era più coscienza. Quando una persona prende coscienza di sentirsi indifeso davanti al mondo perché sta vivendo un momento di grande stress emotivo riesce a darsi una spiegazione razionale e, nella peggiore delle ipotesi, vivrà un leggerissimo stato d’ansia. Quando l’invito diventa un esame o una sorta di atto dovuto che non implica da parte nostra nessun piacere il senso d’oppressione si acuisce. Le pubbliche relazioni – e anche quelle private- andrebbero affrontate con quel realismo figurale tanto caro al critico tedesco Erich Auerbach. Questa categoria è stata da lui utilizzata per comprendere il mondo di Dante. Erich Auerbach sostiene che la concezione figurale è quella visione che porta a concepire ogni evento della vita terrena, ogni persona o cosa, come una “prefigura” che “adombra” una realtà diversa da quella che si manifesta nella sua realtà contingente. Questo atteggiamento intellettuale ti porta ad entrare nella mente di Dio e a guardare il mondo in una prospettiva vera ed eterna. L’unità dipende da questo lavoro quotidiano. Dopo il concilio vaticano II questa costruzione intellettualistica è del tutto sgretolata. Non si può proporre come un fatto del cuore perché si tratterebbe di un’utopia. Oggigiorno potrei adottare questo tipo di forma mentis solo se obbligata da un cerimoniale. La fantasia e i sentimenti possono diventare anche il luogo del martirio.
Ti auguro buona serata!
C’è una frase che sembra stridere con il mondo da te delineato: “amo le cose artefatte che sembra diano felicità…”.
Pensiero condivisibile a questo livello di generalizzazione; mi domando solo come mai, essendo piuttosto comune questo bisogno di ritorno al passato ( un passato edulcorato e nostalgico), alla fine la società continui inesorabilmente a evolvere in un’altra direzione. Non siamo in grado di imporre i nostri desideri o in fondo ci fa comodo così?
Ciao Aloneinthedark
Capisco, e forse molte molte lune fà avrei potuta scriverla io questa lettera.
Oggi direi che se “subiamo” la società in cui viviamo allo stesso tempo siamo i principali artefici del nostro microcosmo,i pochi amici veri,La persona con cui condividere il cammino, interessi e passioni a cui dedicare il nostro tempo. Con il + di aver a disposizione informazioni e mezzi che in passato non c’erano.
PS
Leggerti mi ha fatto fare un tuffo in un passato lontano,il vivido ricordo di una musica che ora nn sento piu’ mia, ma il cui riascolto mi ha comunque lasciato in dono un nostalgico sorriso
Grazie
https://www.youtube.com/watch?v=wtGOFFDAOPI
Non sopporto la superficialita` di questo mondo (occidentale). Troppa finzione, troppe attenzioni rivolte all’apparenza, dove chi e` diverso deve cercare di adattarsi, e se non ci riesce viene lasciato in disparte. Non sopporto la maniera di vivere le relazioni al giorno d’oggi, chiamando amore cio` che amore proprio non e`, dicendosi le parole piu`belle del mondo un giorno, e abbandonando e tradendo il giorno dopo alla prima difficolta`.
Posso dire di essere di un’annata in cui qualcuno si e` salvato, per cui ho avuto la fortuna di avere qualche amicizia vera con persone di valori e principi sani, ma guardarmi intorno e vedere cosa sta diventando il mondo di oggi mi mette tristezza..
Vivi un complesso di disadattamento ad una società moderna fatta di troppe connessioni e pochi contatti..e ti capisco. Però neanche è giusto sminuire un’intera società e neanche esaltare il passato. Le persone sono sempre le stesse..è solo che oggi quelle frivole e vuote hanno più cassa di risonanza, perché internet ha cambiato modo d’intendere la socialità. Mi sembra che ci sia sempre più una tensione ad apparire ció che non si è e sempre più paura a farsi scoprire per quello che si è…e a volte questo porta a “svuotarsi”. Questo naturalmente vale di più per i giovani che hanno sviluppato fin dall’inizio il loro mondo sociale su internet. È un po’ quello che accade quando si voleva entrare in un gruppo di amici da piccoli, dove per farsi accettare, a volte si imitavano gli stessi comportamenti. Mi sembra che tutti fingano…a volte persino con sé stessi, per entrare a pieno titolo nel mondo virtuale. Questo, applicato su grande scala a tutta la società, porta a questo senso di smarrimento a chi non si trova nelle stesse dinamiche degli altri. Cmq secondo me devi essere in primis tu a cercare di vedere oltre questa maschera che tutti portano perché tu di questo hai bisogno, di persone e contatti veri. C’è gente che sta benissimo in un mondo di contatti frivoli e “maschere” e ci vive felicemente per sempre. Non vanno giudicati male perché sono così. Tu pensa a cosa hai bisogno tu e cerca di scovarlo anche in chi ti sembra come gli altri..nn dando troppo peso al resto. Penso che quando uno si mostra per quello che è, senza complessi o artifici, ha più opportunità di trovare quello che cerca, anche se questo costa più solitudine e dolore…l’importante è essere aperti e ricettivi verso gli altri e di coltivare i propri interessi senza pensare di essere soli o speciali perché ci sono migliaia di persone molto simili a te..
Suzanne ho sbagliato, volevo scrivere odio le cose artefatte 😀
Adam, ogni tuo riferimento musicale è un tuffo nostalgico nella mia adolescenza! Certo che anche Morgan ha subito la sua “decadenza”…
Condivido l’idea di trovarsi “un minuscolo microcosmo in cui ci si può sempre salvare dal mondo che crolla”.
Possiamo dire che ci sono stati “mondi” peggiori di questo? Io credo di sì, anzi ne sono certo. In realtà molte delle nostre lamentele nascono da una condizione di relativo benessere che raramente si è confrontata con i veri “malesseri”. Qui si parla di nostalgie e musiche struggenti che fanno pensare a vite in fondo “comode” che possono permettersi sofferenze romantiche, che francamente appaiono le più sciocche rispetto al destino degli uomini e alle vere sofferenze che gente più sfortunata di noi vive.
In realtà siamo una società di viziati, che frequentemente non sa realmente godere di quello che ha.
Le relazioni umane non sono state migliori una volta rispetto ad oggi, siamo noi che le immaginiamo tali, proprio perchè non le abbiamo vissute, o lo abbiamo fatto guardandole con gli occhi dell’infanzia, che non ha la consapevolezza dell’oggettività.
Tutti noi possiamo “creare” il nostro mondo fatto di semplicità per chi la ama, anche solo tra le quattro mura di casa nostra. Che può sostituire il mondo, mentre non è possibile il contrario.
Il problema e’ adattarsi al ritmo incalzante che ci viene imposto dall’esterno in tutti gli ambiti (lavorativo, domestico, economico, di comunicazione) che rende tutto veloce, sfuggente e quindi appunto “inafferabile ” e “superficiale”. L’ambito comunicativo e’ esemplare in tal senso: siamo passati, in pochi anni, dalla comunicazione verbale o scritta manualmente(lenta ma ragionata ed efficace), alla e-mail(sintetica, ma sufficientemente chiara) , all’ “sms” (ermetico, ma “fisso”) fino a giungere al “whatsapp” (immediato e spesso “in codice” ): adesso ho sentito che stanno introducendo una nuova App che cancellera’ anche questio tipo di messaggi in modo che non ne resti traccia!
E poi siamo “costretti” a correre freneticamente ovunque: al lavoro, a casa, in palestra, al cinema (per chi ha tempo libero), persino nei weekend… Purtroppo non si puo’ tornare al passato (io vorrei ad esempio essere nata negli anni cinquanta).
Ritengo che l’unico rimedio sia cercarsi un paese/luogo lontano e diverso che non richieda la nostra immediata reperibilita’ e risposta, dove ci si possa fermare e sedere anche solo per pensare e confrontarsi, con calma, con gli altri. Suzy che ne dici del Portogallo, sulla costa?