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Lettera pubblicata il 23 Gennaio 2018. L'autore ha condiviso 8 testi sul nostro sito. Per esplorarli, visita la sua pagina autore Gabriele2.
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Ma avete scritto un algoritmo complicato per far venir fuori banalità così azzeccate?
È il metodo scientifico che lo richiede. Io sono IL Professore, non un rettore di case religiose per asiatiche. Scussa se è poco…
Avete ragione su Rossella, ma penso abbia una logica pure lei. Per il resto, sono tre giorni che tiro sù dal cestino il necrologio, di questa persona deceduta, quindi c’è qualcuno che lo butta volontariamente. Mi sono stufato, credo che farò una lettera al sindaco
Se però riesci a trovarla, spiegacela.
Auguri invece per la tua battaglia necrologiofila.
Ma il sindaco cosa vuoi che faccia? Al limite prendi al Brico una bicomponente epossidica, dai una smaltata al retro dell’epigrafe e attacchi il de cuius sul vetro della bacheca. Attento alle telecamere perché sennò passi dalla parte del torto.
Con l’epoxy non staccano il foglio manco con la trielina.
No Yog, Gabriele2 nella sua lettera si riferisce proprio al necrologio e il termine è quello giusto. Epigrafe è l’iscrizione incisa sulla tomba in memoria del defunto. Oppure, con significato simile, è l’iscrizione posta in fronte a un libro per dedica o ricordo.
Per Gabriele: se ne faccia una ragione e la prenda con leggerezza, con prosaicità; cosa importa dei necrologi affissi e poi gettati, se noi stessi ci trasformeremo in polvere?
Secondo il Suo ragionamento, C.P., io dovrei lasciare perdere una cosa è un aspetto che invece sono molto importanti, sia per la comunità e per il vivere civile, sia in ambito diciamo così spirituale-religioso (è cristiano buttare qualcuno nell’immondizia, mostrando indifferenza, per quella persona che ha reso più ricche altre persone?). Seguendo il Suo ragionamento, non dovremmo nemmeno alzarci dal letto la mattina, ed aspettare di arrivare a 80/85 anni e diventare cenere.
Io penso che una persona, un uomo o una donna, debba invece riflettere, offendersi ed agire di conseguenza, in tutto ciò che nella vita è importante, tipo per esempio onorare i defunti, mostrando più rispetto.
C.P., tu fai confusione di termini. Se il gabriele parla del foglio A3 o A4 con una foto, una croce stilizzata e l’elenco dei disperatissimi parenti che piangono il de cuius, si chiama EPIGRAFE. Se parla dell’elenco collettivo dei morti nell’ultima quindicina, con o senza fototessera, si chiama NECROLOGIO. Se si parla della scritta sulla tomba, di solito in versi, trattasi di EPITAFFIO. Il necrologio e l’epigrafe è ovvio che finiscono in un cestino, prima o poi. Dopo la sepoltura, resta comunque l’epitaffio. Qualsiasi sindaco di tutto questo se ne sbatte lecitamente.
Per Gabriele.
Mi spiace se ho urtato la sua sensibilità, ma non ne avevo l’intenzione.
Per quanto riguarda l’argomento della lettera, non ho negato la devozione e la memoria che meritano i defunti; mi pare, invece, che lei tenda a sovrapporre la persona, il defunto, con gli oggetti attraverso i quali si è officiata la sua scomparsa. Ritengo sia un sentimento originato dal dolore del lutto subìto. È però normale smaltire quegli oggetti, quelle “cose”, una volta esaurita la loro funzione liturgica.
Il rispetto e il ricordo della persona cara è da esercitare in maniera altra, anziché dare importanza a una locandina realizzata unicamente per dare un annuncio. Negare ulteriore valore ai necrologi, oltre a quello contingente, non significa automaticamente svilire l’importanza della vita vissuta da chi in essi è citato.
Il senso del commento terminante con “trasformazione in polvere” è: noi umani, al di là di come saremo onorati, e in misura della traccia lasciata nei cuori di chi ci avrà conosciuto, diventeremo comunque polvere; perché allora dovremmo preoccuparci di salvaguardare, cioè non far diventare polvere, una “cosa” meramente usata per comunicare la nostra dipartita?
Per Yog.
Non posso che ribadire quanto ho scritto nel mio primo post.
Epitaffio: dalle sue derivazioni greche (composto dai termini “sopra” e “tomba”) e latine (“sepolcrale”) assume il significato di discorso funebre e sta a indicare, nell’accezione più comune, l’iscrizione sepolcrale.
Epigrafe: dal greco scrivere sopra, come il precedente ha significato di iscrizione incisa sulle tombe.
Necrologio: è l’altro nome del desueto ”obituario”, cioè il registro dei morti; nell’accezione comune sta a significare l’annuncio funebre.
Senza alcun fraintendimento, a meno di interpretazione autentica, Gabriele si riferiva proprio al necrologio.
Ovviamente può continuare a scrivere quello che vuole, ma io sono poco propenso ad alimentare sterili disquisizioni semantiche che, le ricordo, e stato lei a introdurre distinguendo tra “epigrafe” e “necrologio” nel primo post del 24 gennaio, mentre in quello del 1 febbraio ha voluto tirare in ballo anche l’”epitaffio”.